Vi prego di aiutarmi a risolvere questo attraente quesito: un uomo vuole attraversare un fiume largo 500 m. Egli rema con velocità (relativa all’acqua) di 3 Km/h, mentre la velocità della corrente è 2 Km/h. Se l’uomo può camminare sulla riva a 5000 m/h, QUALE PERCORSO DEVE COMPIERE (in barca e a piedi) per raggiungere il punto opposto a quello di partenza nel minor tempo possibile? (quanto tempo ci impiega?)

Premessa: noi NON risolviamo quesiti o esercizi. In via del tutto eccezionale
diamo questa risposta perché dà l’occasione di parlare di
un argomento molto interessante: il principio di minima azione.

Comincio con il risolvere subito il problema proposto, facendo seguire
una breve discussione su alcuni argomenti collegati a questo tipo di problema.
Il problema consiste nel trovare la traiettoria che minimizza il tempo
di attraversamento del fiume, posto che il punto di partenza (P) sia su
una sponda e il punto di arrivo (A) sia sulla sponda opposta, e sia situato
di fronte al punto di partenza (ovvero la retta AP e’ perpendicolare alle
sponde del fiume, che schematizziamo come due rette parallele a distanza
L tra loro). Il punto di sbarco sulla sponda opposta (S) puo’ coincidere
o meno con A.

< DISEGNO >

Indico le grandezze in questione nel modo seguente:

v -> modulo della velocita’ dell’uomo in barca rispetto all’acqua
w -> modulo della velocita’ dell’acqua
u -> modulo della velocita’ dell’uomo sulla terra
a -> angolo (rispetto all’acqua ferma) che forma la direzione della barca
rispetto alla sponda di partenza, ad un dato istante ( a seconda della
traiettoria seguita, puo’ variare anche rispetto al tempo )
L -> distanza tra le sponde del fiume

Quindi, ad un dato istante, si ha che:

_v_ = ( v cos[a] , v sin[a] )
_w_ = ( w , 0 )

_u_
=
( u
, 0 ) se l’uomo sbarca a sinistra di P

( -u , 0 ) se l’uomo sbarca a destra di P

Detta _V_ la velocita’ ad un dato istante durante l’attraversamento del
fiume, si ha

_V_ = ( w + v cos[a] , v sin[a] )

Per finire, indicheremo con
Ta -> tempo impiegato nell’attraversamento del fiume
Tc -> tempo impiegato dall’uomo per correre sulla riva
T = Ta + Tc -> tempo totale impiegato (ovvero cio’ che si vuole minimizzare!)

Ora che abbiamo dato un nome agli oggetti che ci serviranno, cominciamo
a fare alcune considerazioni che ci porteranno a risolvere il problema.
In generale, fissati i punti P e A, le possibili traiettorie saranno diverse
in primo luogo se avranno S diverso. A parita’ del punto di sbarco S,
saranno diverse se differiranno almeno in una delle due parti della traiettoria
( c[P,S] , c[S,A] )
Tra tutte queste traiettorie (che saranno complesse e piene di curve e
giravolte come si vuole, ma che supporremo essere continue con derivata
continua a tratti) si vuole trovare quella che minimizza il tempo totale
di percorrenza (supponiamo che esista, nell’insieme dato).
Ora, per un attimo supponiamo di avere davanti a noi la soluzione, ovvero
di vedere disegnata davanti a noi la traiettoria da seguire per riuscire
ad arrivare in tempo minimo da P ad A sbarcando in S. Come saranno fatte
le curve c[P,S] e c[S,A] ? Ovviamente, visto che abbiamo fissi gli estremi
di ciascuna curva, c[P,S] sara’ la curva che minimizza il tempo di percorrenza
sui tragitti che partono da P e vanno in S, e cosa analoga succedera’
per c[S,A]. Quindi, visto che non ci troviamo di fronte a cose strane,
ovvero la riva del fiume e’ piatta e cosi’ pure la superficie dell’acqua,
c[P,S] e c[S,A] saranno due segmenti rettilinei. ( vedi nota in seguito
)

Detto questo, siamo giunti alla conclusione che se la traiettoria di
minimo tempo di percorrenza esiste, allora deve essere della forma:

< Disegno >

P – linea retta – S – linea retta – A

Scriviamo allora il tempo di percorrenza per una generica traiettoria
siffatta, e andiamo poi a vedere quale da’ il minimo.

Ta = L / ( v sin[a] )
x(S) = ascissa del punto
S = x(P) + Ta * ( w + v cos[a] )
Tc = | x(S) – x(A) | / u = | x(S) – x(P) | / u perche’ A e P hanno la
stessa ascissa = | Ta * ( w + v cos[a] ) | / u = (Ta / u) * | w + v cos[a]
| T = Ta + Tc = Ta ( 1 + | w + v cos[a] | / u ) = ( L / (v*u) ) * ( (
u + | w + v cos[a] | ) / sin[a] )

Abbiamo quindi trovato il tempo totale di percorrenza in funzione dell’angolo
che tiene la direzione della barca rispetto all’acqua ferma. Ora bisogna
trovare il minimo di T[a], e cio’ si puo’ fare con i metodi standard per
trovare il minimo su un intervallo di una funzione continua in una variabile
reale. Ometto i dettagli dei calcoli, grazie ai quali si trova (nel caso
numerico dato)

——– risultati ———– ////// ricontrollo i conti , poi te li
mando ///////

La soluzione di questo problema, che e’ stata ottenuta con considerazioni
e strumenti molto semplici, dà comunque spunto ad alcune riflessioni,
quali ad esempio le seguenti. Durante la nostra soluzione, abbiamo dato
per scontata la seguente cosa: che il segmento che congiunge due punti
sia anche la traiettoria che minimizza il tempo di percorrenza per andare
dall’uno all’altro. Cio’ e’ vero nel caso si stia parlando di due punti
che si trovano su un piano, o nello spazio euclideo (“piatto”) con
un qualsivoglia numero di dimensioni. Non e’ assolutamente detto che sia
cosi’ se i punti e le traiettorie “vivono” in uno spazio “curvo”. Comunque,
si vede che servono degli strumenti un po’ piu’ raffinati di quelli usati
nella nostra soluzione per riuscire a risolvere problemi piu’ generali
di “tempo minimo” o di “distanza minima”, in quanto in realta’ la nostra
soluzione si basa sulla conoscenza “indipendente” della traiettoria di
tempo minimo in un caso molto particolare. Per affrontare problemi come
questi da un punto di vista generale, si va toccare il campo della geometria
differenziale (studio delle varieta’ differenziabili, delle geodetiche,
etc etc).

Chi e’ interessato a questo aspetto puo’ chiedere al proprio matematico
di fiducia, che sapra’ fornire risposte molto piu’ precise ed esaurienti
delle mie! Il problema da noi risolto richiedeva di trovare la traiettoria
di tempo minimo. Problemi analoghi a questo sono molto comuni in fisica,
in quanto la formulazione hamiltoniana della meccanica classica afferma
proprio che l’evoluzione temporale “vera” di un sistema e’ tale da rendere
minima l’ “azione”. In parole (moolto!) povere, per quanto riguarda la
meccanica classica esistono piu’ formulazioni tra loro equivalenti, nel
senso che la evoluzione temporale di un sistema ottenuta secondo una delle
formulazioni e’ uguale a quella ottenuta seguendo una formulazione diversa.

Esistono tre “schemi” fondamentali:
il formalismo di Newton (quello in cui le equazioni del moto soddisfano
le equazioni differenziali ottenute applicando la terza legge di Newton),

il formalismo lagrangiano (in cui si definisce la funzione Lagrangiana
e l’evoluzione temporale si ottiene risolvendo le equazioni di Lagrange)

il formalismo hamiltoniano (in cui si introduce la funzione hamiltoniana
e l’evoluzione temporale si ottiene risolvendo le equazioni di Hamilton).

Introducendo una grandezza chiamata “azione” (un funzionale sulle traiettorie),
si dimostra che minimizzarla equivale a trovare la traiettoria dell’evoluzione
temporale “fisica” del sistema, ovvero che (nel formalismo hamiltoniano)
la traiettoria che minimizza l’azione soddisfa alle equazioni di hamilton.
Per approfondire questo tipo di argomenti occorre fare riferimento a un
buon libro di Meccanica Razionale. Vediamo ora un esempio semplice e chiaro
che illustra questo comportamento di “ricerca del minimo” insito nella
natura!

Un esempio lampante viene dalla riflessione della luce su uno specchio:
come sappiamo, l’angolo di incidenza e’ uguale all’angolo di riflessione,
e quindi e’ come se i raggi luminosi ci arrivassero dalla sorgente _speculare_
in linea retta… Sempre a proposito della propagazione della luce, si
provi a riflettere sul fenomeno della rifrazione (passaggio da un mezzo
a un altro con velocita’ di propagazione differente). Una delle prime
spiegazioni del fenomeno (che, seppure rivelatasi _errata_, prevede il
caratteristico comportamento “spezzato” in prossimita’ della superficie
di separazione) schematizza la luce con particelle massive (modello corpuscolare)
e il cambio di mezzo materiale come un abbassamento (o innalzamento) a
“scalino” dell’energia potenziale. In questo modo si vedeva che la luce
doveva deviare, e gli angoli con la normale alla superficie di separazione
dovevano seguire la legge caratteristica della rifrazione.