Da un libro di fisica traggo un esercizio svolto sulla contrazione relativistica subita dal “Concorde” (lunghezza propria L0 = 62.2 m) alla velocità di crociera v = 670 m/s. Si ha: L = L0 . SQRT(1 – v2 / c2) = L0 . SQRT(1 – (670 / 3 . 108)2) = L0 . SQRT(1 – 4.99 . 10-12) = L0 Giustamente l’autore dice: “utilizzando il numero di cifre significative con cui si conoscono L0 e v (soltanto tre), L ed L0 risultano identici e quindi la contrazione delle lunghezze non è osservabile”. Quindi l’autore prosegue: “Per curiosità possiamo esaminare cosa accade considerando L0 e v come numeri esatti, con infinite cifre decimali. In tal caso la radice quadrata che compare nella formula precedente vale circa 1 – 2.5 . 10-12, per cui il “Concorde” in volo si è contratto circa di 1.6 . 10-10 m, un valore più o meno pari al diametro di un atomo di carbonio”. Vi prego cortesemente di spiegarmi quest’ultimo intero periodo.

Il conto
effettuato sulla contrazione del Concorde evidenzia il fatto che a velocità
molto più basse di quella della luce, nonostante il suddetto aereo viaggi
a velocità più che rispettabili per gli standard di vita quotidiana, non
si misura nessuna contrazione data l’assoluta modestia del fenomeno. L’esercizio
esegue il calcolo facendo un’approssimazione sulle cifre più che legittima,
evitando così di portarsi dietro durante i conti molte cifre dopo la virgola.
Il risultato dimostra che le due lunghezze sono uguali. A questo punto
esegue nuovamente il calcolo utilizzando le cifre quanto più esattamente
possibile. Il risultato mette in luce che la differenza tra l’aereo fermo
e quello in volo è di una parte su 1010 metri! Una differenza talmente
piccola (e non certo apprezzabile!) da giustificare l’approssimazione
sulle cifre fatta con il primo conto.