Vorrei una spiegazione del concetto di circolazione geostrofica, barotropica e baroclina.

La circolazione geostrofica è l’approssimazione più semplice che si può fare per descrivere la circolazione dell’aria nell’atomsfera terrestre.
Si considerano infatti solamente la forza data dalle differenze di pressione tra varie zone e la forza di Coriolis che agisce su ogni massa in moto in un sistema rotante. L’equilibrio di queste due forze genera un movimento dell’aria che si mantiene parallelo alle isobare, anziché attraversarle come ci si aspetterebbe. In effetti ciò avverrebbe in un riferimento inerziale.
Questa approssimazione è buona solo in determinate condizioni, che saranno commentate dopo. Per ora si può dire che vale a latitudini medio-alte e al di sopra di uno-due chilometri di quota.
Le equazioni che descrivono questo vento, in funzione del gradiente di pressione, sono inoltre equazioni cosiddette diagnostiche, nel senso che sono valide per un’analisi istantanea della situazione ma non permettono una previsione futura. Descrivono inoltre solo la situazione sul piano orizzontale, disinteressandosi ai moti verticali che invece sono molto importanti. In prima approssimazione, infatti, l’atmosfera si può considerare in equilibrio idrostatico.

Nella dinamica dell’atmosfera ha particolare importanza la struttura del campo della temperatura rispetto alla struttura del campo della pressione. Se le superfici isobariche coincidono con le isoterme l’atmosfera viene chiamata barotropica (dal greco: pressione che cambia in modo specifico – nello stesso modo della temperatura). Questa condizione è piuttosto eccezionale.
Nell’altro caso, quello più generale in cui si hanno variazioni di temperatura lungo le superfici isobariche, l’atmosfera viene chiamata baroclina (pressione inclinata – rispetto alla temperatura).
Consideriamo una atmosfera baroclina, cioè con variazioni di temperatura lungo una superficie isobarica. Si può allora intuire che il vento geostrofico risultante dalla pendenza delle isobare incrocia le isoterme: d’altra parte se incrocia le isoterme significa che sposta aria da zone ad una certa temperatura a zone a temperatura diversa. Tale situazione viene chiamata avvezione geostrofica di temperatura: calda o fredda a seconda che il vento tenda a trasportare aria calda verso zone fredde o viceversa. Questo significa in realtà che il vento geostrofico è diverso alle varie quote, e tale variazione è detta vento termico. E’ evidente che il vento termico è una conseguenza della baroclinicità dell’atmosfera.

Partiamo innanzitutto dalla
equazione delle forze che agiscono su una massa d’aria. Per semplicità si usa
assumere una massa unitaria così che le forze coincidono con le accelerazioni.

La forza di Coriolis agisce su un
corpo in movimento in un sistema di riferimento non inerziale (in particolare
rotante), ed è data da:

dove Ω rappresenta il vettore velocità angolare della Terra, mentre
U il vettore velocità della massa d’aria.

Si può poi facilmente dimostrare
che la forza di pressione si esprime tramite il gradiente:

Sono infine da considerare la
forza di gravità g e le forze di attrito
F.

L’accelerazione della massa sarà
allora:

La derivata totale

rappresenta la variazione del vettore U lungo le traiettorie della massa d’aria. Si può scrivere, in
termini di derivate parziali, come

Ciò comporta che a causa del prodotto

,

le equazioni del moto
scritte sopra in forma vettoriale sono equazioni differenziali alle derivate
parziali del primo ordine non lineari, e pertanto la risoluzione è in
generale abbastanza complessa. Per questo sono state attuate varie
approssimazioni di diverso genere per facilitare i calcoli in particolari situazioni.

SOLUZIONI APPROSSIMATE
DELL’EQUAZIONE DEL MOTO

Proiettando ora l’equazione delle
forze su un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, posto sulla
superficie terrestre, con l’asse x tangente alla superficie terrestre (supposta
sferica) parallelo ad un parallelo terrestre, l’asse y diretto come un
meridiano e orientato verso Nord, e l’asse z ortogonale alla superficie e
diretto verso l’esterno (z crescente con la quota crescente) si ottengono le equazioni scalari:

in cui U=(u,v,w) è il vettore velocità secondo le componenti x,y,z. A
medie latitudini sen φ=cosφ e si
può porre allora

Da un’analisi di scala delle grandezze tipiche dei
singoli termini si possono in prima approssimazione trascurare i termini
notevolmente più deboli. Nel caso di perturbazioni sinottiche si possono ad esempio in prima approssimazione considerare nulle le
accelerazioni (ci si riduce al caso di equazioni diagnostiche e non
prognostiche), e si ottengono allora le tre equazioni:

.

Le prime due equazioni vengono dette equazioni del vento
geostrofico
, mentre la terza esprime l’equilibrio idrostatico
dell’atmosfera. Le equazioni geostrofiche nascono, per le approssimazioni
fatte, dal sostanziale equilibrio -in
certe situazioni- tra la forza di Coriolis e la forza di pressione. Se ad
esempio la curvatura delle isobare è molto forte, l’accelerazione non può
essere considerata trascurabile ed occorre introdurre dei termini di forza
centrifuga, come nel caso del vento ciclostrofico (tornado, ecc.)

Il vento geostrofico è in realtà
una buona approssimazione del vento reale a scala sinottica (migliaia di
chilometri). Visto che sono state trascurate le forze di attrito, tale
approssimazione è valida al di sopra dello strato limite planetario (oltre i
due Km circa, mediamente) e permette di calcolare direzione e velocità del
vento conoscendo la mappa barica alla quota considerata.

Chiaramente questo calcolo vale
istante per istante e non permette di calcolare l’evoluzione della
distribuzione della pressione, anche perché si può osservare dalle equazioni
del vento geostrofico che il vento di componenti (u,v) risulta sempre parallelo
alle isobare! (Si vede dal prodotto scalare
che è identicamente
nullo se (u,v) sono calcolate dalle equazioni 1)

Nonostante ciò, chiaramente non
ci si può accontentare del calcolo del solo vento geostrofico, specialmente se
si vuole studiare l’evoluzione di una situazione atmosferica.

Un’altra approssimazione che si
può fare a partire dalle equazioni del moto iniziali è di considerare la densità r dipendente dalla sola
pressione r=r(p).
Ciò definisce la cosiddetta atmosfera barotropica. In una simile
atmosfera le superfici isobariche sono anche superfici a densità costante, e
per l’equazione dei gas ideali sono anche isoterme. Si può dimostrare che in
tale caso il vento geostrofico è indipendente dalla quota.

In una atmosfera baroclina,
invece, la densità dipende sia dalla pressione che dalla temperatura (in
effetti r@p/T
dall’equazione dei gas perfetti, per cui è possibile avere una variazione con
la quota del vento orizzontale (più
propriamente wind shear), e questa variazione è collegata alla
variazione orizzontale di temperatura, e porta alla cosiddetta equazione dei venti
termici
.

La baroclinicità dell’atmosfera è
anche intimamente connessa con la vorticità potenziale dell’atmosfera, e può
originare la cosiddetta instabilità baroclina, fenomeno molto importante nella
generazione di molti fenomeni meteorologici, tra cui la formazione di onde
planetarie, la ciclogenesi ed altri, ma la trattazione matematica diventa
complessa e non può essere trattata in questa sede. Per una spiegazione
esauriente delle conseguenze di una atmosfera baroclina si può consultare J. R.
Holton, “An introduction to Dynamic Meteorology, Academic Press ( in inglese e
di livello universitario).

Si accenna comunque al fatto che
mentre l’instabilità barotropica è una condizione che porta alla formazione di
onde atmosferiche connesse allo shear orizzontale in una corrente,
l’instabilità baroclina è associata allo shear verticale del flusso medio.