L’universo è in espansione. Questa mirabile conclusione deriva dall’analisi degli spettri delle galassie, che mostrano tutti – a parte quelli delle nostre strette vicine – uno spostamento verso il rosso (redshift) delle righe spettrali: ciò significa che le galassie si stanno allontando da noi.
Edwin Hubble nel 1929 dimostrò che il rapporto tra la velocità di allontanamento e la distanza di una generica galassia è una costante, indicata poi come costante di Hubble in suo onore – H0. Questa
stessa legge ci consente di calcolare la distanza di una galassia conoscendone la velocità di allontanamento, che si calcola facilmente a partire dal redshift.
Questa sola osservazione potrebbe farci concludere che l’Universo si espanderà per sempre.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che fra le galassie agisce la forza gravitazionale, che invece tende ad avvicinarle. Così come un sasso lanciato in aria inizialmente si allontana dalla superficie terrestre ma poi vi
ricade, così le galassie potrebbero trovarsi in una fase provvisoria di allontanamento destinata a terminare con un collasso.
Se si vuole dunque studiare l’evoluzione futura dell’Universo occorre misurare il rallentamento delle galassie, per verificare se predomina la gravità, oppure l’energia cinetica dell’espansione.
In linea di principio potremmo misurare direttamente il rallentamento (o l’accelerazione) delle galassie
misurando la velocità di allontanamento di una data galassia in due tempi
diversi, così da stabilire di quanto è rallentata nell’intervallo fra
le due misurazioni. Purtroppo però la scala temporale umana è troppo breve
per poter rilevare variazioni dovute a cause cosmologiche.
Potremmo allora studiare la velocità di allontanamento delle galassie
lontane, perché la loro luce è stata emessa miliardi di anni fa, e lo
spostamento verso il rosso che ci manifestano è relativo ad un’epoca remota.
Ad esempio, se l’espansione dell’Universo fosse rallentata, noi oggi misureremmo
nelle galassie remote un rapporto fra velocità e distanza più alto di
quello misurato per le galassie vicine (e dunque in epoca recente). Purtroppo
però gli spettri ci forniscono un solo dato: il redshift. Come potremmo
ricavare in modo indipendente la distanza e la velocità di allontanamento?
Per superare queste difficoltà si usa correlare la decelerazione con la densità di materia.
Infatti l’accelerazione che subisce una galassia è in stretto rapporto con la quantità di materia nel volume circostante, e questa quantità fortunatamente è ricavabile in base ad osservazioni.
La densità critica dell’Universo, supposto euclideo e senza costante cosmologica (modello di Einstein-de
Sitter), è espressa come
ed esprime la densità che discrimina l’universo chiuso da quello aperto, vale a dire tra quello dominato dalla gravità (densità maggiore di quella critica) da quello dominato dall’espansione (densità minore di quella critica).
Di solito però si preferisce ragionare in termini di rapporto tra la densità dell’universo e quella critica,
espresso con la lettera greca omega
oppure in termini di parametro di decelerazione, indicato come q0.
La tabella seguente mostra le relazioni tra densità, decelerazione, geometria dello spazio-tempo e destino dell’Universo.
Modello di Universo |
Aperto | Critico | Chiuso |
Parametro di densità |
< 1 | =1 | > 1 |
Parametro di decelerazione |
q0 < 1/2 | q0 = 1/2 | q0 > 1/2 |
Geometria dello spazio |
iperbolica (curvatura negativa) |
piatta (curvatura nulla) |
sferica (curvatura positiva) |
Futuro dell’Universo |
espansione perpetua |
espansione perpetua con velocità finale nulla |
espansione seguita da collasso finale |
Le osservazioni indicano che la densità dell’Universo è da 5 a 100 volte più piccola di quella critica,
e dunque l’Universo è aperto. Anche altri studi indipendenti (lenti gravitazionali, abbondanze di elementi primordiali) implicano un Universo aperto, tuttavia la teoria più efficace per spiegare la fase iniziale dell’Universo (l’espansione inflazionaria) richiede una densità esattamente pari a quella critica. Per giustificare una densità pari a quella critica occorre ipotizzare che esista una notevole quantità di materia oscura, da 5 a 100 volte la materia osservabile!
A complicare ulteriormente il quadro attuale c’è la possibilità che lo spazio vuoto esprima una forza repulsiva, indicata dalla costante cosmologica .
Se così fosse, l’equazione precedente si modificherebbe come segue:
e dunque il legame tra densità e parametro di decelerazione sarebbe più complicato.
eccellente.