In che modo è possibile escludere che l’espansione dell’universo sia la conseguenza apparente di un processo uniforme di condensazione, di “rimpicciolimento”, delle masse presenti in uno spazio costante? Come escludere che l’universo non sia, piuttosto che un “pallone” che si gonfia, un contenitore di “palloni” che si sgonfiano?

Perbacco:
domanda curiosa ed interessante!

Credo che
la risposta si possa affrontare su due piani: quello scientifico e quello
metafisico. Se la tua ipotesi è che tutto, ma proprio TUTTO, nell’universo

si stia rimpicciolendo alla stessa velocità, è abbastanza chiaro che non
c’è alcun modo scientifico per verificare questo fenomeno, per cui la
scienza deve “cedere il passo”. Infatti ogni teoria scientifica deve essere
dimostrabile o falsificabile con l’esperimento, cosa impossibile nel caso
della tua ipotesi, dal momento che qualsiasi strumento di misura subirebbe
il medesimo effetto di rimpicciolimento.
Per esempio, è pur vero che il redshift delle galassie lontane potrebbe
essere l’effetto non della dilatazione dello spazio percorso dei fotoni
nel loro viaggio fino a noi, ma della contrazione delle nostre unità di
misura, ma, come ha spiegato Popper, per accettare una nuova ipotesi scientifica
ed abbandonare la precedente è necessario che la nuova faccia previsioni
migliori della vecchia: in caso di totale equivalenza si tiene la vecchia!

Se invece
prendiamo per validi almeno alcuni postulati scientifici, possiamo tentare
di rispondere in modo razionale. Infatti almeno le dimensioni degli atomi
e delle molecole sono fissati da alcune grandezze fisiche fondamentali,
quali la carica dell’elettrone, la costante di Plank, la velocità della
luce nel vuoto, ecc… Ora, se accettiamo che esse sono realmente costanti,
in caso di rimpicciolimento delle strutture macroscopiche dell’universo,
si avrebbe un aumento di densità della materia e dell’energia, con conseguenze
di natura gravitazionale misurabili.

Ti faccio
notare che, in via del tutto ipotetica, sarebbe pure possibile che le
costanti universali non siano affatto costanti ma cambino con la scala
dell’universo in modo da apparire costanti a noi che nel frattempo ci
stiamo rimpicciolendo. Questo ci riconduce però alla constatazione iniziale,
cioè che una simile ipotesi non sarebbe verificabile scientificamente,
per cui il rasoio di Occam prevede che la si debba scartare in quanto
più complessa della semplice assunzione che vi siano delle grandezze universalmente
costanti.

Oltre a
ciò, c’è un problema di natura relativistica posto dalla tua teoria: affinché
un fenomeno avvenga in tutto l’universo in modo uniforme, è necessario
che il suo orizzonte temporale sia più grande dell’universo stesso. Detto
in termini più semplici, se in un punto qualsiasi dello spazio avvenisse
qualcosa che desse inizio alla contrazione, questo “qualcosa” non potrebbe
propagarsi più velocemente della luce, per cui sarebbe necessario un tempo
pari almeno alla dimensione dell’universo (espresso in tempo-luce) perché
tutto l’universo possa iniziare a contrarsi. E non è d’altro canto verosimile
che questo “qualcosa” abbia inizio nello stesso istante in tutto l’universo
senza un qualche “comando d’accensione” sincrono, il quale a sua volta
non potrebbe propagarsi più velocemente della luce…

Molto più
semplice sotto questo aspetto è la teoria del Big Bang (nella sua evoluzione
inflazionaria) in cui l’inizio dell’espansione prende luogo in un preciso
istante, durante il quale l’universo è abbastanza piccolo da potersi innescare
un’espansione uniforme e globale.