Nelle scienze applicate, qual è l’utilità di considerare topologie diverse da quella naturale su R?

Anche se è regola non rispondere ad una domanda con un’altra domanda andrebbe chiesto anzitutto cosa si intende esattamente con utilità della topologia di R nelle scienze applicate. La topologia (generale) è lo studio delle proprietà topologiche delle figure geometriche, ovvero di quelle proprietà che sono invarianti per deformazione topologica (per i più fini leggi applicazione continua, biiettiva con inversa continua). Lo studio degli spazi topologici è il fondamento strutturale dell’analisi matematica: infatti, lo spazio topologico è l’ambiente più generale possibile in cui è possibile dare la definizione di funzione continua o la definizione di limite di una funzione. La topologia generale e tutti i relativi sviluppi (topologia algebrica, differenziale, ecc…) trovano una vastissima applicazione all’interno della matematica, e precisamente in geometria algebrica e differenziale, le quali a loro a volta possono essere un importante mezzo di indagine per le scienze applicate.

Cosa è una topologia. Assegnare una topologia su un insieme (non vuoto) X equivale a dire quali sono gli insiemi aperti in X:  una topologia su X è una famiglia di sottoinsiemi di X che contiene l’insieme vuoto, contiene X, ed è chiusa rispetto all’unione qualunque e rispetto all’intersezione finita. Un particolare e notevole esempio è dato dalla topologia indotta da una eventuale metrica: se (X,d) è uno spazio metrico e se denotiamo con Br(x) la palla di centro x e raggio r, ovvero

Br(x):={y in X tali che d(x,y)<r}

allora un sottoinsieme A di X si dice aperto se per ogni x in A esiste r>0 tale che Br(x) è contenuto in A; si verifica che la famiglia degli aperti di uno spazio metrico così definiti è effettivamente una topologia. Per quanto riguarda R la topologia, detta "naturale" dall’autore della domanda, è la topologia indotta dalla metrica euclidea d(x,y):=|x-y|; in tale topologia, ad esempio, gli intervalli aperti sono insiemi aperti, così come una qualunque unione di intervalli aperti.

Qualche considerazione. Facciamo qualche considerazione di carattere geometrico relativa alle geometrie cosidette non-euclidee, come ad esempio la geometria della sfera o la geometria iperbolica. Più in genere si può parlare di varietà riemanniane, cioè spazi curvi sopra i quali è ben definito un modo per calcolare le distanze. Sopra questi spazi, si pensi alle superfici in R3 per esempio, di solito si considera la topologia indotta da quella euclidea su R3, ovvero gli aperti sulla superficie sono le intersezioni tra gli aperti di R3 e la superficie stessa: in questo modo si ottiene sulla superficie una topologia che è lontana dall’essere canonica, ma è in ogni caso quella canonica che si può mettere sulla superficie, in quanto deriva dalla topologia standard di R3. Dunque il voler considerare la geometria riemanniana come classe di esempi per dare una risposta esauriente alla domanda non è una scelta ottimale: è vero che si tratta di topologie diverse da quelle naturali ma risultano pur sempre indotte da queste ultime, a meno che uno voglia scegliere appositamente una topologia non naturale sulla superficie stessa in partenza.

Per arrivare a comprendere come mai a volte vi è la stressa necessità di considerare topologie "non naturali" dobbiamo brevemente esaminare una proprietà topologica assai importante, che è la compattezza.

Una proprietà topologica: la compattezza. Una delle proprietà topologiche più importanti per le applicazioni è la compattezza: uno spazio topologico X si dice compatto se ogni suo ricoprimento fatto da insiemi aperti ammette un sottoricoprimento finito (un ricoprimento di X è una famiglia di sottoinsiemi di X tali per cui la loro unione è X). Questa definizione appare molto chiara considerando la topologia indotta dalla metrica euclidea su Rn: un sottoinsieme K di Rn è compatto1 se e solo se è chiuso e limitato (chiuso significa complementare di un aperto, mentre si osservi che la limitatezza non ha senso in uno spazio topologico qualunque); equivalentemente, e questa equivalenza vale più in generale negli spazi metrici, K è compatto se e solo se ogni successione in K ammette una sottosuccessione convergente. Quest’ultima proprietà, detta anche compattezza per successioni è di fondamentale importanza per moltissimi problemi di analisi matematica: per i sottoinsiemi di Rn quindi si ha compattezza per successioni se e solo se si ha chiusura e limitatezza. In genere è relativamente facile mostrare che un insieme è chiuso e limitato, per cui tale equivalenza fornisce effettivamente uno strumento essenziale.

Perché considerare topologie diverse da quella canonica. La breve trattazione al punto precedente non vale per quegli spazi vettoriali (anche metrici o topologici) che non hanno dimensione finita: un tipico esempio è dato da molti spazi di funzioni. Purtroppo, per questi spazi la compattezza per successioni non equivale all’essere chiuso e limitato. Dal momento che la necessità di avere successioni con estratte convergenti è essenziale per molti problemi, tipicamente variazionali o di equazioni alle derivate parziali, la strategia consiste nel cambiare topologia. Più precisamente, quello che si cerca è una nuova topologia che possa rispondere al seguente problema: un sottoinsieme chiuso e limitato rispetto alla metrica assegnata sullo spazio X (ricordiamo che questa condizione è in genere facile da verificare) sia compatto per successioni rispetto alla nuova topologia. Questo problema ha una soluzione nella teoria delle cosidette topologie deboli, le quali rappresentano uno degli strumenti fondamentali in analisi matematica: questo fatto illustra bene anche la necessità di poter lavorare con topologie diverse da quelle canoniche.


1Se K è un sottoinsieme di uno spazio topologico X allora su K si considera la topologia indotta da X: A sottoinsieme di K è aperto se e solo se A=K∩B con B aperto in X.