Mi piacerebbe sapere qualcosa sul tipo di vulcanismo che ha creato nei cratoni i giacimenti dimantiferi, cioè quello kimberlitico, che da quello che ho letto in proposito sembra un evento decisamente catastrofico. È in teoria ancora possibile al giorno d’oggi, dato che gli ultimi camini risalgono a circa 100 milioni di anni fa, e se no perchè? Grazie

La kimberlite è una roccia magmatica ultrabasica. Petrograficamente si tratta di una peridotite (formata essenzialmente cioè da olivina, o
peridoto), che costituisce quanto resta di antichi dicchi e camini vulcanici.
La sua particolarità è il contenuto in diamante, carbonio cristallizzato ad
altissime temperature e elevate pressioni (condizioni esistenti nel mantello superiore), presente in piccoli grani
uniformemente dispersi nella roccia, con un tenore piuttosto basso (1,6 carati,
equivalenti a 0,3 g,
per ogni 100 tonnellate di roccia), che tuttavia fa di queste rocce
ultrabasiche e dei suoi prodotti di alterazione superficiale una delle
principali risorse di questo preziosissimo minerale. Come la maggior parte
delle rocce ultrabasiche, la kimberlite è costituita da olivina, serpentino,
pirosseno, granato e mica (biotite, flogopite), con assenza completa di quarzo.
Il nome di questa roccia ultrabasica deriva dalla località di Kimberley, nel
sud Africa, dove tali rocce sono frequenti e sfruttate per la coltivazione
delle miniere diamantifere. Altre rocce kimberlitiche si trovano negli Stati
Uniti (Kansas, Arkansas), in Canada (Ontario), 
nella Sierra Leone (Panguna, Koidu, Tongo), nel sud America (Guyana,
Venezuela) e in poche altre località del pianeta. La maggior parte delle
kimberliti ha un’età compresa tra 70 e 150 milioni di anni, ma nel sud Africa
si hanno kimberliti di età superiore al miliardo e mezzo di anni.

Le eruzioni vulcaniche che hanno prodotto le lave
kimberlitiche (e quelle ultrabasiche in generale) sono piuttosto rare, oggi e
nel passato geologico recente. Come tutte le eruzioni ultrabasiche, erano molto
comuni nel Proterozoico, oltre un miliardo di anni fa, quando l’elevata
temperatura del mantello terrestre consentiva un flusso termico sufficiente
alla formazione e risalita di magmi molto caldi (temperature superiori ai 1600 °C). Dopo di allora, nel
Fanerozoico, il raffreddamento della Terra non ha più consentito come prima la
formazione di magmi e di eruzioni ultrabasiche, per cui le kimberliti di età
inferiori a 300-400 milioni di anni sono relativamente rare. A ciò si aggiunga
che solo una roccia kimberlitica su 200 contiene una quantità apprezzabile
economicamente di diamanti.

Le eruzioni ultrabasiche erano dunque molto comuni oltre un
miliardo di anni fa, ma sono state piuttosto rare negli ultimi 600-800 milioni
di anni (le più recenti risalgono al Cretaceo, circa 100-120 milioni di anni
fa) e non si hanno dati certi su eruzioni ultrabasiche in epoca storica. Non ci
è dato di sapere quale fosse la reale potenzialità distruttiva e lo sviluppo di
energia di tali eruzioni, ma la fluidità elevata dei magmi (che ne facilità
l’effusione e la degassazione) non suggerisce che queste eruzioni possano
essere state particolarmente catastrofiche (considerando poi che un po’ tutte
le eruzioni vulcaniche in se costituiscono, dal punto di vista umano soprattutto,
eventi catastrofici). Le caratteristiche di quanto resta del riempimento degli
antichi camini vulcanici, costituite dalla kimberlite o da altre rocce
peridotitiche, inducono inoltre a credere che queste eruzioni siano state
limitate realmente: si sia trattato, insomma, di apparati vulcanici di
dimensioni relativamente piccole.

Oggi è possibile che abbia luogo un’eruzione ultrabasica
come quella che ha portato alla formazione delle kimberliti? Per i motivi
esposti sopra è improbabile, per via del progressivo raffreddamento del
mantello terrestre, che rende poco comune e frequente la produzione di magmi
caldi come quelli formati ed effusi nel Proterozoico. Resta tuttavia la
possibilità che porzioni localizzate del mantello, dove la temperatura è più
elevata rispetto ai materiali circostanti con risalita di magmi (pennacchi
caldi o hot spot), possano presentare temperature sufficientemente elevate da
consentire la risalita ed effusione di lave ultrabasiche. Questa eventualità,
dunque, per quanto improbabile, non si può escludere del tutto.