In natura le piante fanerogame –piante con fiori evidenti- si riproducono per mezzo di una fecondazione che permette l’unione del gamete maschile –il polline- con il gamete femminile l’ovulo. Da questa unione si sviluppa un embrione che da luogo al seme. La parte circostante che contiene gli ovuli presente nel fiore femminile (o ermafrodito) si chiama ovario. Quest’ultimo a sua volta si accresce a formare la polpa del frutto. Questo, si diceva, avviene in condizioni normali, mentre si registrano varie eccezioni in cui non si sviluppano i semi, ottenendo frutti apireni.
Partenocarpia: consiste nello sviluppo del frutto senza che sia avvenuta la fecondazione. Essa e’ stimolativa quando il polline in qualche modo innesca il processo di accrescimento oppure vegetativa quando e’ la pianta stessa che innesca il processo attraverso una funzione ormonale.
Apomisia: in questo caso il frutto si sviluppa solamente dalla moltiplicazione della parte femminile ed in questo caso contiene semi molto particolari in quanto derivano dal solo patrimonio genetico della pianta madre. Si parla infatti di cloni nucellari dalla cellula femminile da cui si origina.
L’uva sultanina in particolare appartiene alle piante partenocarpiche ed è dovuta alla mancata funzionalità del gineceo che non è quindi fecondabile e il frutto si sviluppa autonomamente.
Il fenomeno è quindi in questo caso naturale. Le piante hanno anche un sistema vegetativo di moltiplicazione senza l’uso del seme. Si tratta a tutti gli effetti di clonazione con la quale ottengono piante geneticamente uguali alla madre. Ecco quindi che il seme non è importante.
Si usano infatti l’innesto, la talea o altri metodi. Il seme in arboricoltura si usa solo per scopi di miglioramento genetico o per produrre portainnesti definiti franchi.