La domanda, posta in questi termini, risulta sicuramente vaga ma allo stesso tempo incuriosisce molte persone.
Talvolta si viene a conoscenza per la presenza di piccoli articoli sui giornali o in tv, di esperimenti quantomeno bizzarri. Ricordiamo infatti l’inserimento di un gene del pesce artico in una specie di fragola coltivata nel nord Europa per evitarne il congelamento, oppure il recente tentativo di trasferire geni di lucciola in una specie di pomodori per renderli visibili di notte. Dal canto suo il cinema ha contribuito con pellicole del calibro de “La Mosca” in cui, a causa di uno sfortunato incidente di percorso, si otteneva una commistione fra il DNA umano e quello di un insetto, generando un mostro.
Se volessimo veramente incrociare DNA umano con quello di batterio, ovviamente dovremmo tener presente molte variabili. Innanzitutto quanta parte di materiale genetico vogliamo inserire? Tutto o in parte? E poi, dove vogliamo inserirlo? Si tenga infatti conto del fatto che a seconda del distretto genomico in cui si inserisce un gene, esso può essere o meno trascritto e la trascrizione eventuale può avvenire sempre o soltanto se si presentano precise condizioni.
Inoltre non è detto che il materiale trascritto serva a qualcosa, anzi talvolta potrebbe essere anche dannoso.
Tenendo conto di tutti questi fattori, nella stesura di un eventuale progetto, sarebbe ovviamente necessario conoscere a priori il genoma batterico che intendiamo utilizzare individuandone un distretto che riteniamo di particolare utilità e seguire poi i passi precedentemente descritti. La strada è sicuramente lunga e tortuosa.
Se ci allontaniamo dal pianeta dei batteri per avvicinarci a quello dei virus, possiamo invece vedere che essi, invece, inseriscono regolarmente porzioni del loro DNA in quello della cellula ospite, costringendola a produrre nuovi virus. E’ questa, infatti, la loro sorprendente quanto semplice strategia riproduttiva.
Detto ciò possiamo però aggiungere che all’interno di ogni nostra singola cellula siamo in realtà in possesso di un piccolo DNA batterico. Quale?
Il DNA mitocondriale, che troviamo all’interno degli omonimi organelli citoplasmatici e che si presume si sia originato tramite un meccanismo di simbiosi a livello primordiale tra un batterio ed un altro organismo unicellulare.