Come si può facilmente immaginare, una risposta esauriente a questa
domanda rischierebbe davvero di essere sproporzionatamente lunga rispetto agli
obiettivi che si prefigge il nostro sito divulgativo.
Proverò quindi a delineare le linee principali della questione fornendo in
appendice delle referenze utili ad approfondire l’argomento.
Gli adroni sono particelle subnucleari composte da quark (i “mattoni” fondamentali,
insieme ai leptoni, di cui è costituita la materia conosciuta; ne esistono 6
“specie” differenti: up,down,strange,charm,bottom,top, più le antiparticelle a
loro corrispondenti) e gluoni (i mediatori della interazione forte che lega tra loro i
quark a formare per l’appunto gli adroni). Comuni esempi di adroni sono i protoni ed
i neutroni (formati da tre quark costituenti il nucleo di tutti gli elementi atomici) ed i
mesoni (formati da una coppia quark-antiquark).
Il metodo principe di investigazione del mondo subnucleare è la collisione ad
alte energie (molto maggiori della massa delle particelle stesse) di leptoni e/o adroni,
al fine di penetrare profondamente nella loro struttura e dedurne proprietà
fondamentali ed eventuali ulteriori “componenti”.
In varie parti del mondo (Stanford, Brookhaven, Chicago, Ginevra, Amburgo, ecc.)
esistono strutture acceleratrici che hanno fin qui confermato ampiamente le
predizioni del cosiddetto “Modello Standard delle interazioni fondamentali”, il
modello teorico di riferimento per il comportamento della materia ad energie medio-alte.
A seconda del range di energie e delle caratteristiche che si vogliono studiare,
esistono diversi tipi di collisori ad alte energie: collisori leptone-leptone (elettrone-postirone) come il LEP attivo al CERN di Ginevra fino al 2000, leptone-adrone
(elettrone-protone) come DESY attivo ad Amburgo, adrone-adrone (protone-protone
o protone-antiprotone) come il Tevatron di Chicago e appunto il futuro LHC al CERN.
LHC sta per Large Hadron Collider ed è un collisore protone-protone che
lavorerà ad un’energia nel centro di massa degli adroni pari a 14 TeV (1000
miliardi di elettronvolt).
Così come il predecessore LEP, sarà racchiuso in un anello di
accumulazione lungo 27 km al di sotto della superficie terrestre nei pressi di Ginevra.
All’interno di questo anello correranno i due fasci di protoni, precedentemente
prodotti all’esterno dell’anello, procedendo in senso opposto ed inizialmente
ovviamente su traiettorie separate.
Lungo l’anello saranno posizionati i quattro enormi esperimenti con i loro rivelatori
(CMS, ATLAS, ALICE, LHCb, ciascuno dei quali disegnato in modo da essere
ottimizzato per una particolare classe di fenomeni da studiare), in corrispondenza dei
quali i fasci verranno fatti convergere dando modo ai protoni di scontrarsi e agli
apparati sperimentali di rilevare i prodotti della collisione.
Per un confronto col precedente acceleratore del CERN, basta accennare al fatto che
LEP verso la fine della sua presa dati faceva scontrare elettroni con positroni ad
un’energia di 200 GeV (miliardi di elettronvolt): dunque all’incirca 2 ordini di
grandezza in meno se si conta solo l’energia nel centro di massa, ed in più
bisogna considerare che ad LHC si accelerano particelle molto più pesanti degli
elettroni (1 GeV contro circa 0.5 MeV!) e questo implica un ancor maggiore rilascio di
energia nella collisione.
Il principale problema di questo tipo di acceleratori è la straordinaria mole di
prodotti della collisione, essendo le particelle iniziali a loro volta composte di
sottoelementi interagenti (i quark e i gluoni): la ricerca dell’evento di interesse in
mezzo al restante “background” è uno degli aspetti più delicati
dell’esperimento e una delle grandi sfide che attendono i fisici sperimentali impegnati
nel campo è appunto la soppressione di tale enorme “rumore di fondo”.
Uno degli obiettivi principali di LHC è la scoperta del bosone di Higgs, l’unica
particella mancante di conferma sperimentale all’interno del Modello Standard,
ritenuto responsabile della generazione della massa di tutte le altre particelle
elementari e probabilmente anche della espansione accelerata dell’universo
osservabile.
Gli esperimenti direttamente coinvolti in questa ricerca saranno ATLAS e CMS.
Naturalmente il compito di LHC andrà molto oltre la mera scoperta di questa
particella e coinvolgerà moltissimi campi di ricerca della fisica contemporanea.
Ad esempio una delle questioni a cui LHC potrebbe dare una risposta è lo
squilibrio tra materia e antimateria, con quest’ultima che sembra praticamente scomparsa dall’universo nonostante le teorie cosmologiche tendano ad affermare che
col Big Bang siano state prodotte uguali quantità di materia e di antimateria.
In più LHC potrebbe farci capire se è possibile pensare ad una
unificazione di tutte le forze e particelle ad una elevatissima scala di energia, in modo
tale da semplificare ulteriormente il quadro fisico dell’esistente.
O ancora sarà possibile investigare quello che oggi viene chiamato in modo un
po’ altisonante “il quarto stato della materia”: il cosiddetto “quark-gluon plasma”,
cioè una condizione in cui la materia è sottoposta a pressioni e
temperature talmente elevate da essere “smembrata” nei suoi costituenti
fondamentali (appunto i quark e i gluoni), dando vita così ad uno stato simile
al plasma.
Di più, LHC potrebbe dare delle indicazioni a favore o contro alcuni modelli
fondamentali della fisica teorica odierna: la possbilità di unificare
Relatività Generale e Fisica Quantistica (esistenza del gravitone, mediatore
quantistico della forza gravitazionale), la teoria delle Stringhe e SuperStringhe (che
considera
le particelle elementari come eccitazioni di stringhe unidimensionali), la reale
dimensionalità dell’universo (viviamo in un mondo a tre dimensioni spaziali e
una temporale o c’è dell’altro?).
Per avere qualche risposta dovremo aspettare ancora qualche anno:
l’inizio di presa dati di LHC, secondo stime ottimistiche, dovrebbe cominciare intorno
al 2008.
Per ulteriori approfondimenti si può consultare il sito del CERN:
www.cern.ch
nella sua parte dedicata ai “non addetti ai lavori”.