Poichè la nostra biologia si basa sulla chimica del carbonio, noi siamo soliti definire un pianeta idoneo ad accogliere la vita se esso è ricco di ossigeno, idrogeno, carbonio, azoto, ecc. Ma non è possibile che nell’universo possa esistere un altro tipo di chimica organica che si basi su elementi diversi dai soliti? Grazie.

La spettroscopia (vedi una mia precedente risposta per una breve descrizione del metodo) ha mostrato che la chimica dominante dell’Universo è quella organica, intendendo come questa proprio quella basata sul carbonio tetraedrico. Pertanto, se la chimica e la fisica seguono leggi molto simili in tutto il cosmo, è giustificata la ricerca di pianeti che possiedano un’atmosfera non dissimile dalla nostra, con azoto e una quantità di ossigeno che può variare dal 18 al 35% per sostenere la vita (tale quantità di ossigeno sarebbe, infatti, dovuta a processi biologici come la fotosintesi clorofilliana delle piante). In queste condizioni solo il carbonio ha la capacità di dare legami covalenti con se stesso e permettere la formazione di un imponente numero di strutture C-C (C è il simbolo chimico del carbonio stesso) lineari, ramificate, cicliche e a gabbia, completate da idrogeno, ossigeno, azoto e altri atomi capaci di formare a loro volta legami covalenti. Solo pochi altri elementi, che possiedono anch’essi quattro elettroni nel guscio più esterno, sono in grado di comportarsi analogamente e tra questi il Silicio che si trova immediatamente dopo il carbonio nel gruppo IVB del sistema periodico degli elementi. I composti Si-Si, però, non sono resistenti in un’atmosfera ricca di ossigeno e in tali condizioni si ossidano formando silice (SiO2) che è il principale costituente delle sabbie e del quarzo, ma che non è in grado di formare materiali atti a sostenere la vita.

A giustificazione di quanto finora esposto, riporto qui di seguito gli spettri ottenuti da due nubi molecolari, Sagittarius B2 e Orion KL, e la tabella delle molecole interstellari più frequenti.

 

 

Fig. 1: Spettri delel nubi Sagittarius B2 e Orion KL

 

 

 

 

Fig. 2: molecole interstellari

 

 

 

Come si nota, le molecole “organiche”, cioè derivate dalla chimica del carbonio, sono di gran lunga dominanti e sono presenti sia come “pezzi di molecole”, sia come strutture insospettatamente complesse come l’alcool etilico (CH3-CH2-OH).

Anche oggetti a noi più vicini, come le comete, sono ricchi di composti organici e tra questi la formaldeide (H2CO) e l’acido cianidrico (HCN) che in laboratorio, simulando le condizioni atmosferiche della Terra primordiale, hanno dato la formazione di amminoacidi; anche questi ultimi, come la glicina (NH2-CH2-COOH), sono stati a volte trovati, alimentando la teoria che prevede le comete come “carriers” di elementi prebiotici sui pianeti. Qui di seguito, riporto una tabella con le molecole più frequentemente trovate su questi corpi celesti.

 

Fig. 3: molecole presenti nelle comete 

 

Va detto, tuttavia, che la predominanza della chimica organica non esclude la formazione di vita completamente aliena: come già visto per quella ipotetica su Gliese 581g, massa planetaria, forza di gravità, pressione, temperatura, lunghezza del giorno, ecc. possono dare vita a organismi a noi del tutto sconosciuti.

A tutto ciò, si aggiunge l’interessante scoperta fatta da alcuni ricercatori, finanziati dalla NASA, di particolari microorganismi che vivono nel lago Mono in California. Questi, infatti, sono i primi in grado di vivere e riprodursi utilizzando un elemento tossico come l’arsenico, dando origine alla possibilità di una biochimica differente da quella finora conosciuta, pur basandosi sempre su uno scheletro carbonio-carbonio.

Rammento che i sei elementi considerati “mattoni della vita” sono carbonio, appunto, idrogeno, azoto, ossigeno, zolfo e fosforo. Quest’ultimo, in particolare, è parte del legame chimico del DNA e del RNA, le strutture che portano le istruzioni genetiche della vita, ed è considerato essenziale per tutte le cellule viventi.

Il fosforo è il componente centrale delle molecole che portano l’energia alle cellule (adenosina trifosfato) e i fosfolipidi formano le membrane cellulari. Nelle condizioni normali, l’arsenico, essendo chimicamente simile (lo segue immediatamente nel gruppo VB), è velenoso poiché distrugge il cammino metabolico, comportandosi analogamente ai fosfati.

I microorganismi scoperti, denominati GFAJ-1, appartengono ad un gruppo di batteri già conosciuto, i Gammaproteobatteri, e vovono in condizioni di basso livello di fosforo, forte alcalinità ed alti livelli di arsenico, dovute all’isolamento del lago Mono da fonti di acqua fresca da ben 50 anni. In tale ambiente hanno sorprendentemente sviluppato l’abilità di utilizzare l’arsenico e anche quando, in laboratorio, i ricercatori hanno completamente sostituito il fosforo con questo veleno, i batteri hanno continuato a crescere.

Tutto ciò ha aperto una finestra su una nuova possibilità di vita, basata su condizioni ambientali a noi assolutamente letali, pur essendo ancora basate sulla chimica del carbonio.

Un’ultima curiosità: gli amminoacidi che costituiscono le proteine umane sono tutti della configurazione L al carbonio (levogiri, cioè che ruotano il piano della luce polarizzata verso sinistra). Che cosa succederebbe in mondi “speculari” cioè con amminoacidi della configurazione D (destrogiri)? E’ una possibilità che mi ha sempre affascinato, forse avrebbero i gusti, esempio dolce-amaro, invertiti o chissà…..

Terminando, abbiamo visto che non è necessario ipotizzare difficili presenze di “chimiche organiche” diverse da quella basata sul carbonio, basta questa (dimostratasi essere prevalente nell’Universo) a generare possibili organismi viventi assolutamente alieni a quelli da noi conosciuti finora; pur ricordando che, essendo uomini abituati a parlare di scienza, dobbiamo essere aperti a qualsiasi nuova sorprendente scoperta.