Nel gioco del lotto la probabilità di estrazione di un numero non è influenzata dalle estrazioni precedenti. Si può dimostrare logicamente, oppure si tratta di un assunto meta-matematico? Si può costruire una teoria delle probabilità basata sull’assunto opposto?

Per rispondere alla domanda posta occorre anzitutto analizzare cosa sia una funzione di probabilità.

L’impostazione oggi utilizzata è anche detta assiomatica, e risale allo statistico russo Kolmogorov (metà Novecento). Daremo solo un caso molto particolare di definizione assiomatica, e solo nel caso finito.

Sia dato un insieme E, che supponiamo finito, e sia dato l’insieme delle parti di E, denotato con P(E), ovvero l’insieme dei suoi sottoinsiemi. Diciamo che la funzione p : P(E) → [0,1] è una probabilità se

1) p(Ø) = 0 e p(E) = 1.

2) p(A ∪ B) = p(A) + p(B) ogni volta che A e B sono disgiunti, ovvero A ∩ B = Ø.

I punti dell’insieme E vengono anche detti eventi elementari, mentre i sottoinsiemi di E vengono detti eventi.

L’esempio più di uso comune sta nella probabilità classica, definita come

p(A) = #A / #E

dove # indica la cardinalità dell’insieme, ovvero il numero dei suoi elementi.

Dalla definizione assiomatica risulta chiaro che per poter effettuare un calcolo della probabilità è necessario conoscere qualcosa in partenza. Ad esempio supponiamo di conoscere le probabilità degli eventi elementari. Sia

E={a1,…,an}

lo spazio degli eventi elementari a1,…,an. Siano date le probabilità pi = p({ai}) con

p1 + … + pn = 1.

Allora se A = {aj : j ∈ J} è un sottoinsieme di E, poniamo

p(A) = ∑j ∈ J  pj.           (A)

Si verifica facilmente che la funzione p è una funzione di probabilità, ovvero verifica le condizioni 1) e 2) (per altro la (A) rappresenta l’unico modo per estendere a tutto P(E) la funzione p definita solo su {ai} in modo da verificare la 2)).

Abbiamo quindi verificato che possiamo scegliere in modo abbastanza arbitrario i valori pi e ottenere una funzione di probabilità. Ne seguono le due seguenti considerazioni finali che rispondono alla domanda posta.

1) Per poter calcolare effettivamente delle probabilità è necessario conoscere almeno qualcosa in partenza, per esempio i valori delle probabilità degli eventi elementari. Ad esempio supponiamo di avere due estrazioni consecutive, in giornate diverse, nel gioco del lotto su una fissata ruota. Allora lo spazio degli eventi è dato da E={1,…,90} x {1,…,90}, un evento elementare è quindi una coppia ordinata di numeri interi compresi tra 1 e 90: a = (m,n). Va dunque assunta la probabilità di ogni evento elementare; la nostra intuizione suggerisce che nel caso del gioco del lotto tutti gli eventi elementari in E hanno la stessa probabilità, ovvero di

1/90 · 1/90.

Si tratta quindi di una ipotesi di lavoro.

2) Grazie alla libertà di scelta delle costanti pi possiamo benissimo costruire delle funzioni di probabilità per le quali un evento passato "influenza" il verificarsi di un altro evento. Più facilmente del gioco del lotto possiamo considerare, ad esempio, il lancio ripetuto di una moneta. Supponiamo di lanciare due volte consecutive una data moneta che può restituire solo testa (T) o croce (C). Allora lo spazio degli eventi è dato da

E={(T,T),(T,C),(C,T),(C,C)}.

Fissiamo quindi i valori delle probabilità degli eventi elementari come segue.

p(T,T) = 1/4, p(T,C) = 1/4, p(C,T) = 1/8, p(C,C) = 3/8.

Tale scelta è compatibile in quanto 1/4+1/4+1/8+3/8=1. Osserviamo che avere testa come primo risultato non influenza la seconda uscita della moneta, invece avere croce al primo lancio influenza la seconda uscita: è infatti più probabile avere ancora una croce al secondo lancio, piuttosto che una testa.

Riassumendo, quello che si può dire è che quello che accade nel gioco del lotto è una ipotesi ragionevole di lavoro, ma pur sempre di ipotesi si tratta. E’ infatti altresì possibile costruire, in via teorica, delle funzioni di probabilità per le quali si abbiano influenze tra eventi poco ragionevoli. Ad esempio, in linea puramente teorica, potrebbe aver senso il gioco di numeri ritardatari solo se venisse scelta una diversa funzione di probabilità rispetto a quella classica. Sta di fatto che ogni principio che associ una "memoria" all’estrazione non è fisicamente plausibile dal momento che all’atto di reimmissione nell’urna della pallina estratta le condizioni tornano ad essere quelle iniziali, per cui non esiste un motivo ragionevole in base al quale in una successiva estrazione vengano privilegiate le palline non estratte nella prima.