Ci sono risultati didattici relativi alla sperimentazione dell’analisi non standard (nella scuola italiana)?

L’analisi non standard è l’utilizzo, lo studio
e quant’altro si vuole di strutture che assomigliano logicamente ai reali,
ma che non lo sono. Per dirla in altro modo: si prendono tutte le proposizioni
vere per i numeri reali, se ne sceglie un sottoinsieme opportuno e poi
si cerca un modello che verifica quel sottoinsieme di proposizioni; certamente
quello di partenza va benissimo, ma ce l’abbiamo già e quello che
ci interessa è trovarne uno diverso.
 

Per fare un esempio considero Th(N, 0, s), ossia tutte le proposizioni
scritte con simboli logici, il simbolo di costante 0 e il simbolo di funzione
s, che sono vere per i numeri naturali (dove ho interpretato il simbolo
0 come il numero 0 e il simbolo s come la funzione che ad un numero associa
il suo successore); tra gli elementi di Th(N,0,s) ci sono anche le due
proposizioni: 

1.  

2.  

A questo punto si può osservare che il modello (Z,0,s) verifica
la (2), ma non verifica la (1). Quindi (Z,0,s) è un modello per
la teoria formata dalla sola proposizione (2), ma non può essere
un modello della teoria Th(N,0,s) perchè non soddisfa la proposizione
(1). 

Lo stesso procedimento dell’esempio sopra vale anche per i modelli non
standard dei reali: si considera prima di tutto l’insieme T di tutte le
proposizioni vere in (R,0,1,+,*,<) e se ne sceglie un sottoionsieme
T’, quello delle proposizioni del primo ordine, ossia di quelle proposizioni
in cui le variabili indicano solo elementi di R e non sottoinsiemi di R
( per esempio nella frase “per ogni x esiste y maggiore di x”, x e y sono
elementi di R, invece in “per ogni A sottoinsieme limitato di R esiste
x estremo inferiore di A”, x è un elemento di R, mentre A è
un sottoinsieme). Fatto questo si cerca un nuovo modello della teoria T’.
Un esempio possibile di modello è il seguente (R’,0,1,+,*,<);
dove 

ossia l’insieme delle successioni a valori reali quozientato
(si considerano quindi le classi di equivalenza) con la seguente relazione: 
 

dove con #A si indica la cardinalità (il numero di elementi)
dell’insieme A. Sull’insieme R’ si possono definire la somma, il prodotto
e il maggiore nel seguente modo: 


 e le costanti 0 = (0,0,…)/~, 1 =(1,1,…)/~ . 

Si può osservare a questo punto che esiste una immersione naturale
di R in R’ così definita: 

che rispetta le operazioni, l’ordine e le proprietà del primo
ordine. R’ ha però qualcosa di speciale rispetto a R, infatti R’
non è archimedeo, esiste quindi almeno un elemento a
tale che per ogni numero naturale n si ha 0 <
a
< d(1/n), basta prendere a=(1,1/2,1/3,…)/~.
Gli elementi come a vengono chiamati infinitesimi;
questi ultimi possono essere utilizzati per rendere rigorose le intuizioni
di Newton e Leibniz riguardo la scrittura della derivata: 

che può essere semplicemente interpretata come il rapporto di
due infinitesimi in R’. L’utilità di tutto questo sta nel poter
far ricorso ad un modello non standard di R, infinitesimi compresi, per
dimostrare dei teoremi del modello standard; in questo modo si formalizza
l’utilizzo degli infinitesimi nelle dimostrazioni e nei calcoli dell’analisi
standard. Se uno volesse essere preciso invece dei modelli della teoria
Th(R,0,1,+,*) dovrebbe prendere i modelli di una teoria un poco più
complessa in cui l’insieme non è R, ma l’unione di R con l’insieme
delle parti di R, l’insieme delle parti delle parti di R e così
via, come costanti tutti gli elementi di questo insieme e come relazione
quella di appartenenza tra insiemi, con un po’ più di fatica si
riesce a ottenere una formalizzazzione sicuramente migliore e più
utile di quella dell’esempio sopra. 

Per quanto riguarda l’introduzione dell’analisi non standard nei programmi
degli istituti superiori sembra che ci siano varie scuole disponibili alla
sperimentazione, una di queste è il Liceo Scientifico “Lorenzo Mascheroni”
di Bergamo che può essere contattato all’indirizzo limas1@spm.it
chiedendo della coordinatrice della sperimentazione prof.ssa Mattioli.