Ricordo di aver letto che un segnale luminoso è un’onda elettromagnetica. Allora, come mai quello che attraversa le fibre ottiche non è soggetto a interferenze dovute ai segnali elettrici, mentre questi ultimi possono subire interferenze reciproche? Grazie.

In effetti ogni segnale luminoso è in realtà un’onda
elettromagnetica così come sono onde elettromagnetiche, ad esempio, quelle
emesse o captate da antenne radio-telefoniche, per reti informatiche senza fili
e gli impulsi luminosi in fibra ottica.

L’identificazione della luce come onda elettromagnetica, oggi
così scontata, è stata una delle più grandi scoperte della fisica del XIX
secolo ed è grazie ai contributi scientifici di studiosi quali Maxwell (1831-1879)
ed Hertz (1857-1894) che si è finalmente compreso lo stretto legame esistente tra
l’elettromagnetismo e la luce.

Per rispondere alla domanda del lettore, occorre fare cenno ad un concetto molto importante della teoria dei segnali.

Ogni segnale di utilità pratica può essere
scomposto (con ipotesi largamente verificate nella realtà quotidiana) nelle sue
componenti frequenziali cioè può
essere considerato come la sovrapposizione di più segnali puramente sinusoidali
con opportune frequenze, ampiezze e sfasamenti.
Se il segnale originario era periodico, le sue componenti
frequenziali (chiamate armoniche) hanno frequenze ben distinte l’una dalle
altre e si parla di scomposizione in serie di Fourier; nel caso opposto di segnali aperiodici, le componenti frequenziali
occupano una gamma continua di frequenze dando luogo ad una trasformazione di Fourier.

In Fig. 1 è presentato un generico segnale periodico (per chiarezza si mostra solo il primo periodo) scomponibile in serie di Fourier;
la Fig. 2 evidenzia i primi nove termini della scomposizione: si osservino le frequenze crescenti delle armoniche e le differenti ampiezze.

Fig. 1. Segnale
generico di periodo T=1×10-3 sec.

Fig. 2. Scomposizione
(9 armoniche) del segnale di Fig. 1.

Per una descrizione più approfondita della trasformazione di
Fourier si rimanda a testi di teoria dei segnali, ad esempio [1]; qui basti ricordare che il segnale elettrico,
originariamente descritto come una funzione della variabile tempo, può essere
rappresentato in frequenza, cioè può
essere rappresentato come un’insieme di sinusoidi con ampiezza variabile all’interno
di una banda di frequenze.

Fig. 3. Spettro
generico di un segnale aperiodico.
 

Il grafico puramente qualitativo di Fig. 3, chiamato spettro di ampiezza del
segnale
, rappresenta la trasformazione di Fourier di un segnale aperiodico. Lo spettro si interpreta considerando che il segnale in esame può essere “immaginato”
come la sovrapposizione di componenti sinusoidali con frequenza compresa tra gli estremi f1 ed f2. Ad ogni frequenza corrisponde una data ampiezza per cui, ad
esempio, la sinusoide alla frequenza f3 ha ampiezza A3, mentre la componete a frequenza f4 ha ampiezza nulla (cioè è assente dallo spettro del segnale).
L’occupazione del segnale nel dominio della frequenza si chiama banda del
segnale e, per l’esempio di figura, essa vale B=f2-f1 perché tutte le altre
componenti frequenziali hanno ampiezza nulla, cioè non ricorrono nella
scomposizione (o trasformazione di Fourier).

Fig. 4.
Rappresentazione grafica di banda del segnale.

Segnali elettrici di natura differente possono essere
trasformati singolarmente per poi essere rappresentati sullo stesso diagramma
frequenziale. Nel dominio del tempo il segnale somma che si origina
dalla sovrapposizione dei segnali di partenza A e B può assumere un aspetto confuso
e dall’andamento temporale non sempre è possibile, o agevole, riconoscere ed
elaborare i due segnali originari. 

Effettuando la trasformazione di Fourier dei singoli segnali
ed analizzando lo spettro complessivo del segnale somma S=A+B, si possono
identificare facilmente i due contributi A e B. Infatti le bande dei segnali
originari sono distinte e non si sovrappongono: in questo caso si dice che i
segnali A e B non interferiscono tra loro perché occupano bande differenti (Fig. 5).

Fig. 5. Spettri dei
segnali A e B non interferenti

Il segnale somma S=A+B potrebbe allora essere trasmesso su un
canale di comunicazione e, al ricevitore, sarebbe possibile discernere tra i due
contributi semplicemente permettendo il passaggio al alcune componenti
frequenziali ed impedendolo ad altre, Fig. 6. L’operazione così compiuta si dice
filtraggio e consente il recupero selettivo del segnale di interesse tra i
molti (nell’esempio solo due) a disposizione. Un’operazione di filtraggio molto
comune è, ad esempio, nella sintonia di un’emittente radio o nella scelta di un
canale televisivo: agendo sulla sintonia del ricevitore radio o sul telecomando
tv selezioniamo (o filtriamo) un solo canale tra i molti captati dall’antenna.

Fig. 6. Filtraggio
del segnale B: l’ombreggiatura rappresenta
la gamma di frequenze rimosse dal filtraggio.  

Nel caso opposto in cui i segnali originari A e B, una volta
trasformati, siano scomposti in componenti frequenziali sovrapposte, lo spettro
risultante non mostra più una netta separazione dei due contributi. Si parla
allora di interferenza tra i segnali A e B.

 

Fig. 7. Interferenza
tra i segnali A e B: gli spettri di A e B contengono
componenti
frequenziali comuni e si sovrappongono.

In questo caso, l’operazione di filtraggio non basta per
recuperare uno dei due segnali e ogni tentativo simile darebbe luogo ad un
segnale risultante diverso dall’originale desiderato: in Fig. 8, per consentire il passaggio del canale B, è inevitabile permettere il passaggio anche a parte dello spettro di A.

Fig. 8. In caso di
interferenza, il filtraggio del canale B non elimina tutte le componenti 
frequenziali del
segnale A: anche a seguito di filtraggio di ha interferenza.

 Ancora una volta
sperimentiamo quotidianamente questa situazione nei casi in cui un’emittente
radio viene captata con il classico fastidioso fruscio oppure si osservano
canali televisivi con immagini di canali differenti in sottofondo, Fig. 9.

Fig. 9. Esempio di interferenza co-canale nel segnale televisivo: all’immagine          
principale si sovrappone un’immagine di sfondo che genera disturbo.

Nel caso proposto dal lettore, i segnali luminosi
all’interno della fibra ottica danno luogo a spettri di ampiezza centrati su
frequenze molto elevate (centinaia di THz, 1e12 Hz); i segnali elettrici su
cavo, che pure sono onde elettromagnetiche, o le onde radio stesse, hanno
spettri di frequenza variabili dalle decine di Hz (es. tensione della rete
elettrica domestica) ai GHz (1e9 Hz). Pertanto, pur essendo onde
elettromagnetiche, i comuni segnali elettrici o radio ed i segnali luminosi
occupano bande ben distinte tra loro e non c’è nessun pericolo di interferenza.

Per creare interferenza su segnali luminosi in fibra ottica
occorre un secondo segnale luminoso sulla stessa banda; per limitare fenomeni
di interferenza co-canale che possono sorgere durante la trasmissione ad
elevate potenze, le reti in fibra ottica sono progettate con opportuna cautela
ed attentamente dimensionate.

 

NOTE:

sulle onde elettromagnetiche vedi risposta precedente: http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=6580 

Per un esempio interattivo della scomposizione di serie di
Fourier (applet Java in inglese ma molto intuitiva):
http://www.falstad.com/fourier/

Per approfondimenti sulla teoria dei segnali:
[1] A.B.Carlson, “Communication Systems”, McGraw Hill