Accumulatori…per decidere se è possibile costruire un accumulatore potrei prendere in teoria qualsiasi semielemento “adatto”? In particolare un accumulatore in cui siano presenti solo zinco solido e aria può esistere? In che tipo si soluzione devo immergere lo zinco affinchè possa funzionare? La prof. ha detto che dovrebbero essere di questo tipo gli accumulatori delle auto elettriche. E’ vero? Vi ringrazio…anche per la creazione di un servizio così SPECIALE :_)

Prima di tutto una breve
introduzione.
Le batterie si dividono in due tipologie principali:
quelle primarie e quelle secondarie.
Queste ultime si caratterizzano per il fatto di essere
ricaricabili a mezzo di una connessione con una sorgente
di energia elettrica.
In generale sono sempre individuabili un anodo e un
catodo. L’ anodo e’ il luogo dove avviene la reazione di
ossidazione ed e’ la fonte di elettroni per il circuito
esterno; il catodo e’ invece il luogo dove gli elettroni
stessi, dopo aver attraversato tutto il circuito esterno,
vengono catturati per mezzo di una reazione di riduzione.
Perche’ il flusso di elettroni nel circuito esterno possa
continuare e’ necessario che tra i due elettrodi venga
mantenuta una equivalente corrente di ioni. Il mezzo che
permette questa migrazione ionica e’ denominato
elettrolita.
La driving force che guida il processo e’, come per tutti
i processi chimici, la variazione di energia di Gibbs, la
quale e’ correlata alla forza elettromotrice E dalla nota
relazione deltaG=-nFE.
Per definire i potenziali degli elettrodi in soluzione
acquosa si prende come zero di riferimento l’elettrodo
standard ad idrogeno. Tutti gli altri elettrodi vengono
dunque ad assumere un potenziale positivo o negativo
rispetto allo standard, che si trova tabulato sotto forma
della “serie dei potenziali normali di
riduzione”.
A questo punto per giungere alla determinzione del
potenziale standard di una qualsiasi coppia basta sommare
algebricamente i potenziali relativi alle due
semireazioni, avendo cura di invertire il segno del
potenziale relativo all’ anodo.
In realta’, pero’, il potenziale reale di una cella a
circuito chiuso e’ sempre inferiore a quello standard, a
causa di resistenze intrinseche delle celle che vanno
sotto il nome di overpotenziali. Inoltre ai fini del
corretto funzionamento di una cella occorre considerare
anche l’ intervento del mezzo in cui gli elettrodi sono
immersi. Nel caso dell’ acqua, ad esempio, occorre ben
valutare anche i potenziali delle reazioni che
coinvolgono l’ ossigeno e l’ idrogeno.
Ma veniamo piu’ specificamente alla domanda. Una volta le
batterie primarie erano quasi esclusivamente le
zinco-carbone, mentre quelle secondarie nichel-cadmio.
Oggi, a seguito di una sempre maggiore richiesta da parte
del mercato, esistono centinaia e centinaia di tipi
diversi di batterie, sia in mezzi acquosi che in mezzi
non acquosi. Tra queste vi sono anche le celle
metallo-aria (specie le zinco-aria e le alluminio-aria),
che hanno avuto ultimamente un certo impulso soprattutto
per applicazioni nel campo degli apparecchi di ausilio ai
non udenti. Va detto pero’ che queste celle sono di tipo
primario, e quindi non sono applicabili ove non sia
possibile una sostituzione delle stesse (necessaria
invece per le applicazioni all’industria
automobilistica).
Nelle celle zinco-aria, all’ anodo avviene l’ ossidazione
dello zinco

Zn + 2 OH    
—>     ZnO   
+   H2O   +   2
e
Al catodo invece si
ha la riduzione dell’ ossigeno

O2 + 2 H2
+ 4e   —->   
4  OH
Il potenziale ideale
(a circuito aperto) risultante per questa cella e’ di 1.4
V
Il potenziale reale (a circuito chiuso) viene invece
modificato dalla polarizzazione che avviene al catodo
causata dalla probabile formazione (e successiva
decomposizione) dello ione O2H
come intermedio
O2  + H2
+  2e  —>   OH  
+   O2H
O2H  —->   0.5
O2   +  OH

Dal punto di vista
costruttivo, nelle vecchie batterie  l’anodo era
spesso costituito da una barra di amalgama di zinco,
mentre il catodo consisteva in spessi piatti carboniosi.
Oggi, con la spinta della miniaturizzazione, l’anodo e’
costituito da gel contenenti amalgama di zinco in polvere
mescolata con idrossido di potassio (che funziona come
elettrolita). Inoltre e’ spesso presente anche un
catalizzatore per facilitare la rapida decomposizione
dello ione O2H
(es. MnO2).  Il
catodo invece e’ sempre costituito da carbone, ma in
struttura multistratificata. All’ interfaccia trifasica
carbone(catodo)-aria-gel(elettrolita e anodo),
particolarmente critica per il corretto funzionamento
della cella, e’ presente spesso uno strato di carbone
attivato contenente speciali polimeri che prevengono la
diffusione di H2O o CO2 verso
l’elettrodo.
Dal punto di vista costruttivo e’ poi importante
facilitare al massimo il flusso di aria dall’ esterno al
catodo, ed il successivo flusso di azoto residuo dal
catodo all’esterno.
Grazie alla spinta miniaturizzazione e’ possibile
raggiungere densita’ energetiche molto alte, nell’ordine
anche di 1KW h / l.
Il fattore limitante la diffusione di queste celle e’
legato alla loro difficile conservazione per lungo tempo
in aria. La carbonatazione ad opera dell’ aria
atmosferica puo’ infatti affliggere pesantemente la resa
della batteria e rende spesso necessaria ai fini della
conservazione l’applicazione intorno all’involucro
esterno della cella di fogli adesivi da rimuovere prima
dell’uso.