Le diverse lingue sono dotate di diversa capacità espressiva? Si può parlare di lingue più o meno evolute misurandole in modo per così dire scientifico? Ci sono sfumature di concetti esprimibili in alcune lingue e non in altre? ie: L’articolo determinativo diede al greco maggiore capacità di astrazione rispetto al latino. Cosa a proposito del tedesco?

La domanda meriterebbe un approfondimento a causa della sua estensione. Mi limito qui a sostenere che non vi sono «lingue» più espressive di altre poiché ciascuna lingua nasce per esprimere particolari convenzioni sociali ed atti collettivi che s’identificano con una certa società, cultura e, più ampiamente, con una certa etnia. La capacità espressiva di una lingua è conforme dunque alle esigenze socio-culturali di una data società. Non vi è quindi una lingua migliore di un’altra nella sua funzione espressiva – a differenza di quanto sostennero alcuni filosofi riguardo alla lingua tedesca, come Fichte ed Heidegger, ma questo primato rinvia piuttosto ad un pregiudizio di tipo filosofico o culturale – poiché ognuna è relativa alla società in cui si è determinata come sistema che ha delle proprie regole finalizzate al funzionamento del sistema stesso.
Tuttavia ciò non esclude il fatto che la conformazione interna di una lingua possa in qualche modo influenzare il modus cogitandi di una determinata etnia. Sicuramente ci sono «sfumature» esprimibili in alcune lingue e non in altre, ma questo solo perché sono fortemente radicate nell’esperienza sociale e culturale di un certo popolo tale da non permettere una buona traduzione della parola e quindi del concetto in un’altra lingua che non sia quella “madre”.

A riguardo sono stati importanti i contributi di due linguisti: Saussure e Chomsky.

Saussure [1916] definisce la «lingua» come un «prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui» (p. 19). Nel momento in cui si usufruisce della lingua «il significante» non è scelto liberamente dall’individuo, ma «in rapporto alla comunità linguistica che l’impiega non è libero, ma è imposto. La massa sociale non viene affatto consultata, ed il significante scelto dalla lingua non potrebbe essere sostituito da un altro» (p. 24). Le trasformazioni linguistiche debbono pertanto avvenire sempre all’interno di un sistema consolidatosi nel tempo o che si è ereditato dal passato.

Chomsky, a differenza di Saussure, prova ad individuare quei strutture sintattiche comuni (universali) alle diverse lingue naturali, al di là delle effettive differenze semantiche dovute alla diversità delle etnie. Distingue così fra «la competenza» e «l’esecuzione». La «competenza» è l’insieme delle regole e delle strutture linguistiche generali possedute dal soggetto e che sono assimilate dall’ambiente sociale in cui il soggetto stesso vive. L’«esecuzione» è la capacità di saper utilizzare in modo corretto tali regole e che, secondo Chomsky, non dipendono dalla singola etnia, bensì sono insite in modo innato, come esito evolutivo-genetico, nella specie umana. Se la «competenza» permette di spiegare l’acquisizione da parte del soggetto di finite parole e frasi, «l’esecuzione» permette invece di spiegare il fatto che il soggetto è capace di produrre un numero infinito di frasi senza averle apprese precedentemente e di riconoscere se una frase ascoltata è grammaticalmente corretta: «È sempre possibile costruire una frase più complessa, con una forma e un significato definiti. Questo tipo di conoscenza ci deve venire quindi da “la mano originaria della natura”, per citare Hume, come parte del nostro patrimonio biologico. […] Ogni lingua è il risultato di due fattori: lo stato iniziale e il corso dell’esperienza. Si può pensare allo “stato iniziale” come a un “dispositivo di acquisizione del linguaggio” che prende l’esperienza come “input” e dà la lingua come “output”» [Linguaggio e problemi della conoscenza, pp. 148-149, trad. it., 1998].
Le lingue, dunque, dal punto di vista semantico sono relative all’etnia a cui appartengono, ma dal punto di vista logico-formale e sintattico risultano essere accomunate da regole comuni e quindi universali (in senso kantiano, cioè: valide ed uguali per tutti gli uomini).

Letture consigliate:

F. De Saussure, Corso di linguistica generale, ed. Laterza Roma-Bari
N. Chomsky, Linguaggio e problemi della conoscenza, il Mulino Bologna
N. Chomsky, Strutture della sintassi, ed. Laterza Roma-Bari