Come posso fare per realizzare una cella a idrogeno di potenza utile con acido fosforico ? In particolare, vorrei sapere come avviene la combustione controllata all’ interno, ovvero se deve essere innescata con fiamma o, è una ossidazione in un catalizzatore ?

Le celle a combustibile ad acido fosforico sono particolari
celle dove l’elettrolita è una soluzione concentrata di acido
fosforico. Il combustibile impiegato è l’idrogeno e l’ossidante
è l’ossigeno.

Fisicamente la cella ad acido fosforico è costituita
da due elettrodi di carbonio porosi su cui è stato depositato il
catalizzatore (in genere platino). I due elettrodi sono collegati fra
di loro da un circuito esterno che preleva corrente e separati da uno
strato di elettrolita. Nel caso delle celle ad acido fosforico l’elettrolita
(acido concentrato) è mescolato ad una matrice di teflon, silice
o carburo di silicio che funge da supporto. In generale la funzione dell’elettrolita
è quella di chiudere il circuito permettendo il trasporto di ioni
ma non di elettroni, in quanto questi scorrono nel circuito esterno come
in una pila (v.figura).

Guardando nel dettaglio come funziona la cella:

Il combustibile (idrogeno) viene immesso in uno dei due
compartimenti della cella (dove avviene l’ossidazione o Anodo). A
contatto col catalizzatore avviene la reazione:

H2 -> 2H+ + 2e

Gli elettroni (e) scorrono attraverso il circuito
esterno fino all’altro elettrodo. In questo compartimento (dove avviene
la riduzione o Catodo) viene immesso ossigeno. L’ossigeno subisce
il processo di riduzione:

½ O2 + 2e -> O2-

Questo flusso di elettroni dall’anodo al catodo
è la corrente che può essere prelevata dalla pila.

Appena prodotti, gli ioni O2- si legano con
2 ioni H+ che provengono dall’elettrolita acido e che
possono attraversare l’elettrodo poroso. Si produce così acqua
che viene rimossa come vapore dal semplice flusso di ossigeno. Gli ioni
H+ ceduti dall’elettrolita vengono recuperati prelevando
quelli che si erano formati all’anodo dall’H2. In
dettaglio lo schema dei processi in questa cella è rappresentato
in figura.

Come visto non esiste alcuna necessità di innescare
la reazione con fiamme o scintille poiché la reazione è
catalizzata dal platino. Tuttavia la temperatura di esercizio deve rimanere
piuttosto alta (circa 190 °C per le celle ad acido fosforico) per
tre motivi principali:

  1. L’acqua prodotta deve poter essere rimossa, e
    questo richiede temperature non inferiori a 100 °C

  2. Il catalizzatore permette le due reazioni a temperature
    relativamente basse, ma la sua temperatura di esercizio è comunque
    piuttosto alta rispetto alla temperatura ambiente

  3. Per aumentare la conducibilità di soluzioni
    concentrate di acido fosforico servono temperature piuttosto elevate.

Il successo delle celle ad acido fosforico risiede nella bassa temperatura
di esercizio se paragonate alle celle a carbonato fuso (650 °C) o
ceramiche (1000 °C) e al relativo basso costo dei materiali. La temperatura
di esercizio resta comunque sufficientemente alta da permettere una tolleranza
al monossido di carbonio (CO, prodotto al catodo e che potrebbe avvelenare
il catalizzatore) fino all’1,5 %. Queste celle sono state perfezionate
soprattutto dall’esercito degli Stati Uniti negli anni ’60 e
quindi sviluppate per usi civili durante gli anni della crisi petrolifera
(’70). Oggi esistono diversi impianti di produzione di elettrictà
sia mobili (autotrazione) che fissi (corrente per edifici). La necessità
di un riscaldamento preliminare della batteria rende tuttavia limitata
la loro utilità per il trasporto privato su autoveicoli.

Celle a combustibile: qualche dettaglio

La domanda richiede una piccola introduzione. Una reazione
di combustione è una reazione di ossidazione dove una sostanza
combustibile (riducente) viene ossidata da ossigeno impiegato come comburente
(ossidante). Ogni reazione spontanea parte da reagenti con un alto contenuto
energetico per produrre prodotti a basso contenuto energetico. Questa
differenza di energia viene liberata nel corso della reazione e prende
il nome di bilancio termico della reazione o Entalpia. Parte di questa
energia prende il nome di Energia Libera e può essere convertita
in lavoro, ad esempio in lavoro meccanico o lavoro elettrico per fare
funzionare un motore e così via. Una parte di questa energia resta
vincolata alla reazione, non può essere convertita il lavoro e
si disperde sotto forma di calore. Tuttavia, la maggiore difficoltà
è quella di produrre dispositivi (es. motori) in grado di trasformare
la maggior quantità di energia libera in lavoro. Se non tutta l’energia
libera viene convertita il lavoro, la restante quantità va ad aggiungersi
all’energia vincolata e quindi viene dispersa.

Facciamo un esempio: se bruciamo una certa quantità
di benzina avremo lo sviluppo di fiamme con produzione di calore. In questo
caso tutta l’energia libera è andata dispersa. Se facciamo
avvenire la stessa cosa in un motore a scoppio, la combustione della benzina
servirà per alimentare un ciclo espansione-compressione in un cilindro,
e quindi per produrre lavoro e far muovere l’auto.

Il punto è che l’efficienza dei motori a scoppio
è circa del 30%, ovvero solo il 30% dell’energia libera viene
convertita in lavoro.

La tecnologia delle celle a combustibile ha cercato di
superare questo problema pensando di fare avvenire la combustione del
combustibile non a diretto contatto del comburente provocando una detonazione
come nei normali motori, ma in maniera più controllata. Controllare
questa reazione significa farla avvenire senza dispersione di energia
sotto forma di attriti pistone-cilindro o come dispersione termica verso
le parti meccaniche ecc.

Le celle a combustibile sono dispositivi dove l’ossidazione
del combustibile e la riduzione del comburente avvengono in due compartimenti
separati. In ognuno di questi vi è un catalizzatore (platino),
e i due catalizzatori sono collegati fra loro da un circuito in cui fluiscono
gli elettroni trasferiti da combustibile a comburente mentre avviene la
reazione. Questo flusso di elettroni è bilanciato da un flusso
di cariche positive attraverso l’elettrolita che separa i due compartimenti.
Gli elettroliti impiegati vanno da sali fusi a materiali polimerici, a
materiali ceramici.

Anche se si tratta di reazioni catalizzate, il flusso di
cariche sia nel circuito esterno che nell’elettrolita genera una
parziale dispersione di energia, così come ne disperdono alcuni
processi microscopici sul catalizzatore stesso. Pertanto, l’efficienza
delle celle a combustibile si attesta su valori dal 40 al 50%, e che comunque
sono sensibilmente più elevati che per i motori a scoppio.

Le limitazioni all’uso delle celle a combustibile
rispetto a motori a scoppio sono l’alto costo dei materiali, la necessità
di sistemi di sicurezza per lo stoccaggio dell’idrogeno o di altri
combustibili, l’elevata temperatura di esercizio, la necessità
di sistematica manutenzione e il peso. Tutti questi dettagli rendono le
celle a combustibile un prodotto di alta tecnologia, che esclude la possibilità
di una loro produzione su scala artigianale o semi-industriale. Tuttavia,
per quanto non competitive per l’autotrazione, il loro basso impatto
ambientale le rende adatte per la produzione di energia ad esempio per
uso civile in edifici.

Bibliografia:

http://www.dodfuelcell.com/fcdescriptions.html

http://www.h2fc.com/defaultIE4.html

http://americanhistory.si.edu/csr/fuelcells/phos/pafcmain.htm

http://www.aei.it/museo/mp1_pcge.htm