Vorrei trapiantare un ciliegio selvatico nel mio giardino. Quali sono il periodo e la tecnica migliori?

Il trasferimento di un organismo dal suo ambiente naturale ad un altro sito, rappresenta sempre un forte shock. Qualsiasi organismo vive in comunità con altri organismi, della stessa specie e/o di specie diverse, e da un punto di vista ecologico si dice che questi gruppi di organismi formano comunità, associazione e alleanze.  Ognuno è in competizione con l’altro, ma ognuno trae anche beneficio dall’altro nella complessa economia della natura. Ogni pianta in un bosco lotta con le vicine per raggiungere il punto più alto o lo spiraglio migliore dove attingere un po’ di luce, e lo stesso avviene nel sottosuolo con le radici che cercano di superare le vicine per esplorare nuove zone umide. Ogni pianta è sottoposta a pressione ambientale e lotta contro i parassiti, i suoi simili ed altre specie che cercano il proprio posto nella natura. Inoltre, tutto questo non accade solo quando noi siamo presenti ad osservarli, ma è un sistema che ha richiesto decenni se non secoli di adattamento e dura lotta per consolidarsi.

Ciliegi in fiore

Il DNA di una pianta deriva da una lunga serie di incroci che si sono perpetuati per millenni e i suoi geni sono unici per quell’individuo. L’aspetto esteriore e la fisiologia di un organismo rispecchiano in parte la sua genetica ma soprattutto risentono del tipo di ambiente in cui è cresciuto e vissuto, lui e i suoi progenitori. Per esempio, la superficie inferiore di una foglia di ciliegio presenta un numero di stomi per millimetro quadro che è unica per l’ambiente in cui è cresciuta e per la specie; un clone identico in altro ambiente presenta un numero diverso: se per esempio lo facciamo crescere in un luogo più assolato il numero di stomi tende a diminuire, (si veda anche la risposta: http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=13293). Lo stesso avviene per il numero di foglie che formano la chioma e le loro dimensioni. Sono organismi plastici, mutevoli nel tempo e nello spazio anche se possiedono un codice genetico ben definito. Quindi questa pianta di ciliegio è una macchina che funziona bene dove si trova in quel preciso momento, è in armonia con i suoi vicini, con il clima e con il terreno.

Ciliegi in fiore

 
Se proprio è necessario trasferire una pianta bisogna tenere conto di quanto sopra accennato. Per quanto riguarda la parte sotto terra, è praticamente impossibile non danneggiare l’apparato radicale. Si tratta di un fitto sistema che esplora una superficie di terra che è circa pari alla parte aerea. Se per esempio la pianta è alta 2 metri e la sua chioma larga altrettanto, occorre scavare una buca di forma sferica di almeno 2 metri di diametro. In ogni caso gran parte delle radici più fini verrà danneggiata.  Quindi, subito dopo il trapianto, non assorbirà un ugual quantitativo di soluzioni minerali, tanto più che il terreno non sarà sufficiente costipato (compresso) attorno alle radice come nel suo sito originario. Inoltre, i moncherini delle radici lasceranno aperta la strada ad ogni sorta di fungo patogeno.
Gli stomi, dopo il trapianto, tenderanno a chiudersi per più giorni per evitare che la pianta perda acqua che non può recuperare attraverso le radici dalla terra. Molte foglie cadranno per ridurre la superficie traspirante. Quindi se viene collocata in luogo assolato c’è il rischio che possa anche seccare. Il ciliegio (Prunus avium L.) è una tipica pianta di bosco, e gradisce luoghi freschi e umidi, dove la maggior parte delle foglie si trova all’ombra. Da ciò si evince che il trasferimento deve avvenire prima della formazione delle foglie e dopo la loro caduta autunnale. In ogni caso i nuovi getti fogliari saranno predisposti (dimensioni fogliari e numero di stomi) per l’ambiente in cui viveva originariamente. Inizialmente, poiché gli stomi resteranno chiusi, l’anidride carbonica non verrà assorbita, e la pianta non potrà accrescersi in dimensioni. Probabilmente, solo pochi fiori risusciranno a schiudersi, e non produrranno nettare, il frutto sarà di piccole dimensioni e la sua polpa povera di sostanze zuccherine. Tuttavia, se supera questa prima fase, nel patrimonio genetico della pianta sono presenti geni latenti in grado di riattivarsi e farle superare le nuove condizioni avverse.
 
 
Quindi si deduce ulteriormente:
  1. Il trapianto deve avvenire tra novembre e febbraio per le latitudine del nord – Italia, evitando i periodi con temperature sotto lo zero.
  2. Se la pianta presenta già tutte le foglie occorre rimuoverle totalmente, poiché questo amplificherebbe la corrente traspirativa nei vasi conduttori, dalle radici alle foglie, richiamando acqua dalle radici che non possono assorbire in base quanto detto sopra.
  3. Il luogo in cui verrà trapiantato il ciliegio deve presentare dei parametri microclimatici molto affini al luogo di origine: per esempio, temperatura, luminosità, umidità dell’aria, precipitazioni, ventosità, etc.
  4. La superficie di scavo per estrarre l’apparato radicale deve essere simile alla superficie esplorata delle parte aerea.
  5. L’ideale, per piante di piccole dimensioni, sarebbe prelevare anche la zolla di terra insieme alle radici, altrimenti si rischia uno sbalzo osmotico (concentrazioni troppo diverse delle soluzioni minerali tra l’interno della radice e il suo intorno, si veda anche la risposta: http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=13081). Se non è possibile, esistono in commercio delle creme/gel da spalmare sulle radici subito dopo l’espianto fino alla messa a dimora. (Questa tecnica protegge la radici anche dalle infezioni ed è stata utilizzata, per esempio, da un tecnico forestale del Parco del Po alessandrino).
  6. Il terreno deve essere ben costipato attorno a tutte le ramificazioni delle radici principali, e in seguito adeguatamente irrigato, ma non in modo eccessivo per evitare che le cellule radicali lavorino in assenza di ossigeno (anossia) a causa di ristagni d’acqua.
  7. Comprimere bene il terreno anche al di fuori della superficie esplorata dalle radici, questo scongiura che l’acqua percoli troppo velocemente in profondità senza essere eventualmente usufruita dalle radici.

  8. Se l’albero tra trapiantare è ancora giovane e presenta un fusto esile occorre sostenerlo con un asse disposto in diagonale, conficcato nel terreno a 1 metro dalla base del fusto stesso e fissato sul cormo con del fil di ferro. Quest’accorgimento tecnico evita l’abbattimento in caso di forti raffiche di vento finchè il tronco non ha sviluppato un legno abbastanza resistente.

In seguito, monitorare costantemente lo stato delle foglie: presenza di parassiti, senescenza (ingiallimento e imbrunimento), clorosi (chiazze gialle a mosaico dovute a caranze di specifici minerali nella linfa), attorcigliamenti a sigaro: sono utili indicatori per monitorare lo stato di salute delle pianta.

 
 
Fonti
 
Salisbury B. F., Ross C. W., Plant Physiology, 1992 Wadsworth, Inc.