Esiste un criterio e una spiegazione scientifica per innaffiare le piante/ortaggi? Mi dicono sia meglio innaffiarle al mattino presto o alla sera tardi d’estate per evitare evaporazione e al mattino d’inverno per evitare eventuale congelamento notturno con danni alla pianta e shock termico. Grazie

Qualsiasi specie di pianta vascolare necessita di acqua per svolgere le proprie funzioni vitali.
 
L’acqua è il solvente principale presente nel terreno e viene prelevata insieme ad altri soluti dalle radici.
 
Le soluzioni minerali assorbite dal terreno vengono veicolate dentro microscopici vasi fino alla foglie, dove nei cloroplasti avviene la fotosintesi clorofilliana. Qui la molecola d’acqua viene “spaccata” in cationi H+ e anioni O2- che verranno poi ossidati e ridotti per formare l’amido e molecole di ossigeno.
 
L’acqua risale nei vasi cribrosi per capillarità ma anche grazie alla corrente di massa della linfa xilematica innescata dalla traspirazione. Si tratta di un fenomeno fisico che avviene prevalentemente sulla pagina superiore delle foglie quando la temperatura media giornaliera è alta; in queste condizioni, una certa percentuale di molecole di acqua allo stato liquido – presente all’interno delle soluzioni fogliari – passa allo stato gassoso in atmosfera abbandonando il parenchima fogliare, il passaggio avviene attraverso microscopiche aperture, dette stomi: in ogni mm^2 di superficie fogliare sono presenti centinaia di stomi, il loro numero varia da specie a specie. In genere, in estate, ogni pianta al mattino apre gli stomi per poi richiuderli alla sera, oppure a mezzodì quando fa più caldo.

 

 

La funzione principale di queste minuscole bocche, chiamate appunto stomi, è quella di poter prelevare l’anidride carbonica atmosferica, che la pianta utilizza per trasferire l’atomo di C alla molecola di amido. Tuttavia si presenta un inconveniente: l’apertura di queste microcavità espone le soluzioni linfatiche della foglia all’atmosfera, abbassando la pressione parziale dell’acqua aeriforme e consentendo la sua evacuazione.

 La pianta non può fare a meno di catturare la CO2 atmosferica, tuttavia non può nemmeno evitare l’evaporazione della acqua interna, ecco allora che si innesca un compromesso. Gli stomi si aprono e si chiudono (timing stomatico) durante il giorno in funzione dei parametri climatici: vento, temperatura, umidità atmosferica etc; la pianta cioè fa in modo di assorbire l’anidride carbonica necessaria ma anche, in tempi diversi, di non perdere troppa acqua, e per farlo regola i tempi di apertura / chiusura. Per conoscere il “timing” di una determinata specie di pianta – che sia un ortaggio o meno – occorre effettuare delle misurazioni sul tasso di traspirazione, e per farlo è indispensabile uno strumento costoso: il gas analyzer. In letteratura, sono presenti delle pubblicazioni scientifiche relative a questi parametri: se si ha la voglia, tempo e si è fortunati è possibile conoscere il “timing” stomatico dell’ortaggio / specie che interessa.

 
Ci sono specie che aprono gli stomi solo al mattino presto, altre solo nel tardo pomeriggio e altre ancora possono tenerli aperti tutto il giorno perché vivono in zone fresche e umide e hanno acqua in abbondanza. Le specie che vivono in luoghi aridi aprono gli stomi solo durante la notte, quando fa più fresco ma presentano un metabolismo particolare (CAM). La traspirazione è utile anche per raffreddare la foglia quando fa molto caldo ed evitare la lisi di alcuni enzimi.
Il timing stomatico varia in funzione della stagione.
 
Occorre aggiungere che quando si irriga una pianta, l’acqua superficiale nel terreno impiega un certo lasso di tempo per raggiungere gli strati più profondi ove avviene l’assorbimento radicale; i tempi di percolazione variano in funzione della granulometria, composizione e porosità del terreno. In ambito agronomico si dice che un terreno è completamente saturo di acqua quando raggiunge la capacità di campo che è la massima quantità d’acqua che una porzione di suolo è in grado di assorbire. Inoltre, esiste una percentuale di acqua non estraibile dai processi osmotici delle radici: si chiama acqua pellicolare perché forma delle pellicole sottilissime legate saldamente attorno ai granuli di terra.  
 
In base a quanto detto, quindi, risulta evidente che la pratica dell’irrigazione è una vera e propria scienza. Il momento e il quantitativo di acqua da apportare a una coltura, una pianta o ortaggio dipende dalla specie e dal tipo di terreno in cui è coltivata.
 
Si evincono, tuttavia, delle regole generali per ottenere delle buone produzioni:

a)       Se fa caldo è meglio irrigare al mattino presto per evitare che l’acqua superficiale evapori e per darle il tempo così di raggiungere gli strati più profondi del terreno ove avviene l’assorbimento radicale.

b)       Se è una pianta originaria dei luoghi freschi e umidi, possiede numerose foglie anche espanse, è probabile che tenga sempre aperti gli stomi, perciò rischia maggiormente di appassire quando fa caldo perché non ha possibilità di regolare il timing stomatico, in questo caso è utile annaffiarla regolarmente se fa caldo.

c)      Se è una pianta è originaria dei luoghi caldi e secchi, presenta poche foglie e anche piccole, è probabile che chiuda gli stomi per gran parte della giornata, e sia maggiormente resistente in casi di siccità, non richiede un irrigazione continua, ma saltuaria.

d)       Qualsiasi tipo di terreno occorre sempre tenerlo alla capacità di campo in modo che la pianta abbia sempre a disposizione dell’acqua, anche se non è semplice da comprendere il momento in cui lo raggiunge.

e)       Non creare ristagni d’acqua poiché si mandano le radici in anossia (assenza di ossigeno).

f)        Se fa molto freddo (gelate tardive), le soluzioni percolanti nel terreno possono solidificare ed essere inutilizzabile dalla pianta, perciò, è utile irrigare poco per non diluire troppo la soluzione e renderla più soggetta al congelamento; in ogni caso ad inizio stagione (marzo-aprile) l’assorbimento radicale dovrebbe essere ridotto così come la traspirazione.

 

Bibliografia:

Salisbury F. B. and Ross C. – 1988  –  Fisiologia vegetale  –  Zanichelli