Esiste il modo di convertire un’onda elettromagnetica in corrente elettrica? Se esiste vorrei una breve descrizione di come puo’ essere possibile.

La generazione di corrente elettrica a partire da un campo elettromagnetico non solo è possibile ma è alla base del funzionamento di molti apparecchi che ci circondano ed assume fondamentale importanza nel nostro progresso tecnologico. L’alternatore, la dinamo, le antenne, sono solo alcune delle applicazioni pratiche che sfruttano il fenomeno sul quale verte la tua domanda, detto dell’induzione elettromagnetica.

L’induzione elettromagnetica è regolata dalla legge di Faraday-Neumann-Lentz, o legge di Faraday-Henry. Immaginiamo una superficie aperta, attraversata dalle linee di forza di un campo magnetico. Se questo campo non varia nel tempo, si ha un flusso magnetico costante e non avviene l’effetto di induzione elettromagnetica. Se invece il campo magnetico varia, cambia nel tempo anche il flusso magnetico attraverso la superficie considerata e si verifica l’induzione: la generazione di un campo elettrico, altrimenti assente. In presenza di un conduttore elettrico, tale campo elettrico fa muovere i suoi elettroni liberi e si ottiene lo scorrimento di una corrente elettrica.

Un esempio semplice renderà il fenomeno più chiaro!
Muovendo una calamita possiamo ottenere facilmente un campo magnetico variabile nel tempo. Poniamo davanti alla calamita in movimento una spira (un circuito chiuso) di materiale conduttore (per esempio rame): il campo elettrico che si genera per induzione fa muovere gli elettroni liberi della spira, e si ottiene in essa lo scorrimento di una corrente elettrica.
Alla spira di rame si può collegare un galvanometro, cioè un misuratore di corrente elettrica. Quando la calamita è mantenuta ferma il campo magnetico è costante, il flusso attraverso la spira è costante, ed il galvanometro non misura alcuna corrente. Quando la calamita è in movimento, la variazione del flusso magnetico che ne consegue provoca uno scorrimento di corrente nella spira, che viene rilevata dal galvanometro.

La forza elettromotrice si può indurre nella spira anche tenendo ferma la calamita e muovendo la spira. Oppure ancora muovendo sia la spira sia la calamita (non alla stessa velocità e nella stessa direzione!).

La produzione dell’energia elettrica che arriva nelle nostre case, avviene in modo simile a quello descritto nel semplice esempio del magnete e della spira.
Nelle centrali idroelettriche, la caduta dell’acqua lungo un condotto fa girare le turbine che azionano un alternatore, il quale è in definitiva un grande magnete che viene fatto ruotare di fronte a delle spire di rame: ed in esse, per induzione elettromagnetica, si genera una corrente elettrica.
Nelle centrali che bruciano combustibili fossili (carbone, petrolio), il calore ottenuto viene usato per far bollire dell’acqua. Il vapore acqueo, avendo alta temperatura e velocità, fa muovere le turbine degli alternatori e per induzione si ottiene energia elettrica.
Il fenomeno dell’induzione è sfruttato anche nella produzione di energia elettrica a partire da energia atomica (fissione e fusione nucleare), dal vento, ecc.

Lo spazio che ci circonda è pervasa di informazioni trasmesse mediante onde elettromagnetiche da un punto all’altro della terra, o da e verso lo spazio: trasmissioni radiofoniche, televisive, telefonate, internet… Se possediamo l’apparecchio giusto possiamo afferrare queste informazioni, rilevandole mediante l’antenna ricevente e poi decifrandole elettronicamente. L’antenna ricevente sfrutta proprio il fenomeno dell’induzione elettromagnetica: le onde elettromagnetiche la investono, ed in essa si genera corrente elettrica.

Il fenomeno dell’induzione funziona anche “al contrario”: non solo campi magnetici variabili generano in un conduttore elettrico correnti elettriche variabili, ma anche correnti elettriche variabili che scorrono in un conduttore elettrico creano nello spazio circostante un campo magnetico.
Ad esempio un’antenna trasmittente, percorsa da una corrente elettrica che varia nel tempo, genera per induzione nello spazio circostante un’onda elettromagnetica…la quale si propaga trasportando le nostre informazioni ed i nostri messaggi, fino a raggiungere un’antenna ricevente.

La struttura delle antenne cambia molto a seconda del tipo di applicazione e della frequenza di impiego. A frequenze più basse le antenne sono prevalentemente costituite da dipoli, fili, tralicci metallici; alle frequenze delle microonde e delle onde millimetriche i radiatori più diffusi sono fessure, trombe; salendo in frequenza i metalli possono essere sostituiti da materiali dielettrici. Se è richiesta un’elevata capacità di direzionare la radiazione (per esempio nelle applicazioni radar, satellitari, radioastronomiche, o nei ponti radio) le antenne sono costituite da schiere di elementi radianti, oppure da strutture focalizzanti di tipo ottico come riflettori e lenti. Nonostante la grande varietà di forme e dimensioni, i concetti su cui si basa il funzionamento delle antenne sono identici e l’induzione elettromagnetica gioca sempre un ruolo fondamentale.
Non è necessario che un circuito conduttore sia chiuso come nell’esempio della spira, perché in esso possa verificarsi – per induzione elettromagnetica – un flusso di corrente elettrica alternata. L’induzione può avvenire anche in una struttura aperta come quella delle antenne.
Consideriamo un’antenna ricevente a dipolo, come quella posta sulle nostre automobili, che ha evidentemente un estremo in circuito aperto. Gli elettroni liberi del conduttore di cui il dipolo è costituito vengono indotti a muoversi dai campi elettromagnetici variabili che lo investono (il movimento di cariche avviene solo in prossimità della superficie esterna del conduttore). Gli elettroni fluiscono dentro al ricevitore e fuori da esso alla stessa frequenza dei campi elettromagnetici in cui è immersa l’antenna. All’ingresso del ricevitore si sviluppa una tensione variabile, che viene poi elaborata elettronicamente per decifrarne il contenuto informativo.
Consideriamo invece il caso di un dipolo trasmittente. Un trasmettitore fornisce in ingresso al dipolo una tensione variabile, contenente l’informazione da trasmettere, che provoca il movimento di elettroni dentro e fuori dall’antenna. Tale movimento di cariche induce un campo elettromagnetico nello spazio circostante il dipolo. La radiazione sottrae energia agli elettroni in movimento, la loro energia cinetica diminuisce ed essi rallentano (non dimentichiamo anche le perdite di energia cinetica dovute a collisioni con altri elettroni ed atomi): nell’antenna scorre una corrente che è massima nel punto in cui essa è alimentata ed è nulla all’estremo in circuito aperto, oltre il quale ovviamente non potrebbe fluire.