Se lo spazio dell’intero universo e’ finito con geometria sferica, se io guardo una galassia al limite dell’orizzonte visibile se volgo lo sguardo nel lato opposto dovrei rivedere la stessa galassia col suo lato opposto. Mentre se guardo una galassia piu’ vicina, guardando nel lato opposto dovrei rivederla come era anni prima. Cosa ne pensate?

L’idea è corretta e costituisce anzi uno dei filoni di indagine della moderna cosmologia.

Al di là della geometria dell’Universo, che può essere euclidea (piatta), sferica oppure iperbolica, esiste un’altra proprietà dell’Universo: la sua topologia. La curvatura dell’Universo, come ci insegna la relatività generale, è una proprietà locale e dipende dal suo contenuto di materia-energia. La topologia invece è una proprietà distinta e riguarda l’Universo nel suo complesso. Di conseguenza, non è necessario che la geometria sia sferica per avere un Universo del tipo descritto dal nostro lettore.

La topologia dell’Universo è l’indicazione di come le sue parti sono connesse. Consideriamo un Universo euclideo: esso può essere semplicemente connesso, cioè infinito in tutte le direzioni, come se fosse un infinito foglio piano. In alternativa, può essere multi-connesso. Pensiamo ad un cubo (impossibile da visualizzare) in cui le facce opposte siano accoppiate: uscendo da una, si rientra immediatamente dalla parte opposta, come accadeva in certi videogiochi del passato 🙂
Questa topologia costituisce un 3-toro in cui guardando in qualsiasi direzione, si finisce con l’osservare la nostra nuca!

Le conseguenze per la cosmologia sono profonde: può anche darsi che la galassia lontanissima che stiamo osservando col telescopio spaziale, non sia altro che la nostra stessa Via Lattea, irriconoscibile perché vista quando era molto più giovane.
Di più: se fosse vera la topologia del 3-toro, il cielo apparirebbe come appare una sala a specchi, cioè dotata di infinite ripetizioni delle stesse immagini.
E’ possibile investigare sperimentalmente questa affascinante ipotesi, tuttavia è anche estremamente difficile, dato che:
– lo stesso oggetto apparirebbe in diverse posizioni diverse del cielo
– lo stesso oggetto sembrerebbe diverso, perché la luce ci raggiungerebbe da percorsi diversi e dunque ci mostrerebbe l’oggetto in diverse età della sua evoluzione
– ci potrebbero essere nubi oscure a deformare o addirittura a nascondere immagini multiple.

In ogni caso, qualcuno si è cimentato in questa difficile ricerca.
Alcuni astronomi, ad esempio Roukema (On Determining the Topology of the Observable Universe via 3-D Quasar
Positions
) si sono concentrati sui quasar, sorgenti puntiformi estremamente luminose, poste a distanze remote. Semplicemente cercando correlazioni nelle posizioni di gruppi di quasar, senza considerare forma, colore, spettri, ecc. si è cercato di capire se vi sono ripetizioni. Se ne sono trovate due, ma il risultato potrebbe essere statisticamente non significativo.

Altri astronomi hanno utilizzato la Sloan Digital Sky Survey, la più accurata mappa tridimensionale dell’universo extragalattico, che si spinge fino a 2 miliardi di anni-luce dalla Terra.

Ignorando gli effetti evolutivi, i ricercatori hanno considerato semplicemente la posizione delle galassie entro un raggio di due miliardi di anni-luce da noi. Anche in questo caso non si sono ottenute correlazioni significative.

Un altro metodo, questa volta indiretto, fa riferimento alla radiazione cosmica di fondo (CMB = Cosmic Microwave Background), che sta ormai diventando la stele di Rosetta della moderna cosmologia. Essa rappresenta la radiazione, estremamente diluita, che permeava l’Universo circa 300.000 anni dopo il Big Bang. Rappresenta anche l’orizzonte ultimo a cui si può spingere il nostro sguardo quando cerchiamo di risalire all’inizio dell’Universo, perché prima la radiazione era accoppiata con la materia.
Questa radiazione appare incredibilmente uniforme, in realtà nasconde delle microfluttuazioni di intensità, e quindi di temperatura, che sono utilissime per indagare le proprietà dell’Universo. La mappa più recente della CMB è stata ottenuta dalla sonda WMAP e la riportiamo nella seguente figura.

L’idea è che se il nostro Universo ha una topologia connessa, cioè se esistono ripetizioni di una cella fondamentale, la radiazione cosmica di fondo, che ci appare proveniente da una sfera, si deve intersecare formando dei cerchi nel cielo. Questi cerchi dovrebbero essere riconoscibili per le fortissime correlazioni della temperatura della CMB.


Questo è ormai il metodo privilegiato per lo studio della topologia dell’Universo.
Le prime indagini, molto difficili perché richiedono risorse di calcolo spaventose, hanno escluso molti modelli, lasciando un paio di candidati. Un candidato – non ci sorprende – è l’ordinario spazio euclideo, infinito in tutte le direzioni. L’altro candidato, più accattivante, è uno spazio a geometria chiusa chiamato spazio dodecaedrico di Poincaré.

Dato che la seconda ipotesi poggia su margini risicati, non ci pare opportuno andare oltre: nel 2008 verrà lanciata la sonda Planck che realizzerà una mappa della CMB ancora più accurata, ed aiuterà certamente gli astronomi a dissipare dubbi circa la topologia dell’Universo.
Rimaniamo in attesa.