Che differenza c’è tra tufi, tufiti, ignimbriti ecc.? Grazie mille!


NOTA BENE: la presente risposta è stata tratta dal bellissimo sito “Esplora i vulcani italiani” http://vulcan.fis.uniroma3.it a cura di Lisetta Giacomelli e Roberto Scandone.

Innanzitutto una breve osservazione sul testo della domanda in merito a quel “ecc.” (eccetera, et cetera= e altri). Se si volesse considerare, decrivere, specificare altri elementi del vulcanesimo oltre a quelli indicati dal lettore, ne uscirebbe un trattato che in questa sede e per ovvie ragioni non è possibile scrivere.

Oltre a distinguere tra tufi, tufiti e ignimbriti, bisognerebbe parlare di pomici, di ossidiana, di scorie, di surge e delle relative distinzioni, di brecce e di decine e decine di altri elementi e fenomeni relativi solamente alle eruzioni esplosive.

Come si potrà constatare proseguendo nella lettura, il parlare dei tre prodotti piroclastici contenuti nella domanda comporta già un lungo discorso ed un enorme sforzo di sintesi, perciò non è proprio il caso di allargare.


Premessa

Prima di specificare la differenza chiesta dal lettore, necessita fare un’altra distinzione, ovvero stabilire come possono essere le eruzioni dalle quali derivano i prodotti citati nella domanda.

A seconda della composizione chimica del magma e delle condizioni che questo incontra durante la risalita dalla camera magmatica, un’eruzione può avere caratteristiche molto diverse.

La suddivisione fondamentale è tra:
eruzioni effusive ed eruzioni esplosive.

  • Nelle ERUZIONI EFFUSIVE il magma emesso in superficie prende il nome di lava e forma colate che scendono lungo i fianchi del vulcano.

  • Nelle ERUZIONI ESPLOSIVE il magma viene frammentato in particelle di varie dimensioni che vengono scagliate all’esterno con violenza e si raffreddano formando pomici, scorie e ceneri, chiamate piroclasti.
    (Per piroclasto o roccia piroclastica, si intende l’insieme di tutti i prodotti esplosivi non ancora caduti al suolo e generalmente formano dei depositi i cui elementi non sono ancora cementati. Una volta giunti al suolo i piroclasti prendono il nome di tefriti. La parola piroclasto deriva dal greco pyròs “fuoco” e klastòs “rotto”.

Alcuni vulcani hanno attività prevalentemente esplosiva, altri prevalentemente effusiva. Una stessa eruzione può avere fasi esplosive e fasi effusive.




Prodotti delle eruzioni esplosive:
i piroclasti

Abbiamo già detto che si chiamano piroclasti tutti i prodotti vulcanici emessi nel corso delle eruzioni esplosive. I piroclasti hanno nomi diversi a seconda della loro origine e delle loro dimensioni.

In base alla loro origine possono essere distinti in:

I prodotti piroclastici vengono classificati anche in base alle loro dimensioni:

  • dimensioni comprese tra 64 e 2 mm
    • lapilli (dal latino: piccole pietre).
  • dimensioni comprese tra 2 mm e 62 micron
    • cenere grossolana.
  • dimensioni inferiori ai 62 micron
    • cenere fine.

I depositi piroclastici

I piroclasti sono trascinati verso l’alto da colonne eruttive sostenute più o meno sviluppate a seconda del tipo di eruzione.
I prodotti emessi durante le eruzioni esplosive si accumulano al suolo formando i depositi piroclastici.

I depositi piroclastici possono essere suddivisi in:

  • depositi da caduta;
  • depositi da flusso;
  • depositi da surge.

Figura 3.

DEPOSITI DA CADUTA

I depositi piroclastici vengono detti da caduta quando sono formati dai prodotti che ricadono a terra attraverso l’aria, per lanci diretti dal cratere (balistici) o dopo essere stati trasportati in alto da colonne eruttive sostenute.
Una caratteristica dei depositi da caduta è quella di mantellare la topografia esistente prima dell’eruzione con uno spessore uniforme, come una nevicata che ricopre un terreno.


Figura 4. Depositi da caduta

Nel corso di alcune eruzioni molto violente, la miscela eruttiva (formata prevalentemente da pomici, cenere e gas) non sale verso l’alto, ma si espande dal cratere e scorre al suolo formando:

  • flussi piroclastici (quando i piroclasti sono più abbondanti del gas);
  • o surge (quando il gas è prevalente, cioé più abbondante dei piroclasti).

DEPOSITI DA FLUSSO
I depositi da flusso hanno caratteristiche molto diverse a seconda che derivino dai flussi piroclasti o dai surge.
I piroclasti che si sedimentano dai flussi piroclastici o dai surge formano i depositi da flusso. Alcuni depositi di grossi flussi piroclastici, composti prevalentemente da ceneri e pomici, si chiamano ignimbriti.

Figura 5.

Figura 6.

DEPOSITI DA SURGE
I depositi da surge possono essere molto diversi, in quanto con surge si definiscono tutti i flussi nei quali il volume dei gas è maggiore di quello dei piroclasti solidi. Il movimento dei gas tra le particelle, non essendo ostacolato da un’alta concentrazione, segue dei vortici turbolenti che espandono la nube eruttiva.

Ogni corrente piroclastica con queste caratteristiche, espansa e turbolenta, viene chiamata surge, ma può svilupparsi in situazioni molto diverse:

  • base surge (si forma alla base di colonne pliniane o direttamente da esplosioni);
  • ground surge (si forma alla base dei flussi piroclastici);
  • ash-cloud surge (si forma sopra i flussi piroclastici).


Figura 7

Per ignimbrite s’intende il deposito di un flusso piroclastico, saldato o no, costituito prevalentemente da pomici e cenere. Le ignimbriti hanno spessori molto variabili, da pochi a centinaia di metri.
Le ignimbriti sono causate dalla emissione tumultuosa dal cratere di una nube ardente, composta da un fluido gassoso denso, a temperatura di alcune centinaia di gradi, trasportante materiali di dimensioni varie, da polveri e pomici a brandelli di lava già in parte consolidate (scorie), come anche frammenti di roccia strappati dalle pareti della camera magmatica sottostante.
Le nubi ardenti si spandono dai crateri a velocità iniziale di centinaia di km orari, e coprono il territorio con spessore diverso (maggiore nelle depressioni, minore sulle alture), tendendo ad attenuare tutti i dislivelli della morfologia preesistente.
In depositi molto grossi le pomici sono spesso schiacciate e deformate e vengono dette fiamme (Figura 7).


Figura 8.

Alcuni depositi da flusso sono saldati e formano una roccia che viene chiamata tufo vulcanico.
Va subito precisato che TUFO è un termine generico che indica qualsiasi deposito di materiale piroclastico consolidato (saldato) e non rimaneggiato.
I tufi derivano da esplosioni che hanno proiettato ad altezze notevoli materiali polverizzati (figura 8), eventualmente dispersi immediatamente dal vento, ancora in quota; in ogni caso, questi materiali ricadevano in un tempo non troppo lungo al suolo, coprendolo con uno strato il cui spessore andava diminuendo lentamente con la distanza dal punto di emissione.


Figura 9.

La saldatura consiste nella coesione dei bordi dei piroclasti vetrosi che può verificarsi sia durante che dopo la sedimentazione. Il processo di saldatura inizia intorno a temperature di 500 °C.

I fattori principali che determinano la saldatura di un deposito sono:

  • composizione del magma;
  • quantità e composizione dei gas;
  • temperatura dei piroclasti;
  • carico litostatico;
  • velocità di raffreddamento del deposito;
  • cristallizzazione della fase vapore nel deposito.

    La composizione chimica dei tufi è di solito analoga a quella delle rocce effusive con le quali si mescolano ed in particolare i componenti dei tufi possono essere distinti in tre categorie:

    1. frammenti vetrosi presenti nel magma allo stato fuso;
    2. tutti i minerali tipici nelle rocce effusive tra cui augite e leucite;
    3. minerali preesistenti all’eruzione vulcanica anche di natura diversa da quella magmatica.

Si hanno dunque tufi vetrosi, tufi a cristalli, tufi litici.
Di aspetto granuloso, il tufo risulta un materiale molto poroso. La sua struttura granulare, offre un ottima aderenza con la malta e pertanto unitamente ad altre sue caratteristiche fanno di questo materiale uno dei prodotti maggiormente usati in edilizia. Il tufo generalmente è definita una pietra tenera e la sua resistenza allo schiacciamento varia con la varietà della roccia stessa. Le caratteristiche fisiche e meccaniche variano a causa delle notevoli varietà esistenti, non solo da cava a cava ma anche nella stessa cava e da livello a livello.

Deposoto ignimbritico

Un deposito ignimbritico tipico può essere diviso in 3 strati principali.


Figura 10.

Figura 11.

  • Lo strato 1, composto prevalentemente da cristalli e litici di piccole dimensioni, ha uno spessore variabile da pochi centimetri al metro e si trova alla base del deposito.
    La mancanza di cenere fa ritenere che questo strato sia stato trasportato e depositato da una corrente piroclastica molto ricca in gas (surge). Il moto vorticoso del gas avrebbe asportato le particelle più leggere.

  • Lo strato 2 soprastante deriva dalla sedimentazione di gran parte del flusso piroclastico ed è caratterizzato da ampie variazioni nelle dimensioni dei piroclasti.
    Alla base dello strato 2 le particelle sono fini (strato 2a), mentre la parte soprastante ha spessore maggiore e presenta fasce di pomici e litici grossolani che formano una stratificazione interna (strato 2b).

    Lo strato 2a ha sempre granulometria più fine rispetto al 2b ed è presente alla base di ogni ignimbrite con spessori che variano da pochi centimetri a oltre il metro.

    Lo strato 2b normalmente costituisce il 90% del volume del deposito. La cernita granulometrica è scarsa e in uno stesso deposito si possono trovare insieme cenere fine e blocchi anche metrici.

  • Lo strato 3 è formato dai piroclasti più fini e leggeri, trascinati dai gas all’esterno del flusso piroclastico e rimasti in sospensione nell’aria mentre il flusso scorreva al suolo e si sedimentava.

    Sopra i depositi del flusso e anche in aree dove lo strato 2 non è presente, si può trovare uno strato di cenere fine, generalmente di piccolo spessore, ben stratificato e mantellante la topografia.

Conclusione

I tufi e le ignimbriti sono quindi materiali prodotti entrambi nel corso di esplosioni parossistiche.
La differenza tra questi due prodotti piroclastici sta sostanzialmente nel fatto che

  • i tufi provengono da materiale fine lanciato a elevate altitudini e lo si trova sempre saldato;

  • le ignimbriti possono essere composte da materiale saldato ma anche non saldato; le ignimbriti, inoltre, provengono da materiali meno fini e lanciati ad altitudini meno elevate.

Una lieve differenza tra tufi ed ignimbriti consiste nel loro comportamento relativo alla erodibilità.
Le acque scorrenti erodono facilmente i tufi e trovano nelle ignimbriti una resistenza maggiore, ma non di molto: di conseguenza, in entrambe queste formazioni vulcaniche i corsi d’acqua, anche modesti, sono stati in grado di incidere profondamente in un tempo di qualche decina di migliaia di anni, quindi geologicamente molto breve.

Una differenza rilevante, invece, presentano queste rocce nei riguardi degli agenti atmosferici (umidità, calore, vento):

  • i tufi vengono attaccati rapidamente, dando luogo in breve a forme arrotondate;

  • nelle ignimbriti, invece, le pareti delle incisioni si mantengono a lungo subverticali.
    In conclusione, è frequente che una zona originariamente spianata dalle ignimbriti risulti, col passare delle decine di millenni, profondamente incisa da corsi d’acqua anche modesti; le pareti delle incisioni rimangono quasi verticali perché il materiale è in grado di resistere molto al vento e alle alternanze di caldo e freddo.

Tufiti

Sono rocce vulcanodetritiche, o vulcanoclastiche, formate prevalentemente da piroclasti e ceneri vulcaniche; sono rocce derivate dallo smantellamento di quanto si effonde nelle aree esterne alla struttura vulcano-tettonica.


Figura 12. Tufiti.




Figura 1.

Figura 2.

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Galleria Immagini


Cava di tufo

Tufo


Tufo giallo napoletano.

Eruzione esplosiva pliniana.

Eruzione esplosiva pliniana: Monte S. Helen 1990.


Sicilia: Etna