Scusate, sapreste dirmi come viene determinato il dew point (punto di rugiada), cos’è per quanto riguarda l’estrazione di un gas naturale.

L’umidità atmosferica e le grandezze igrometriche.


La fase solida è tipica di alcune precipitazioni, come neve e grandine, ma anche delle nubi al di sopra dei 6000 metri (cirri), le quali sono appunto costituite da microscopici aghetti di ghiaccio aventi le dimensioni di qualche decina di micron.


Allo stato liquido invece l’acqua si trova in atmosfera sia nelle goccioline sferiche (droplets) che costituiscono le nebbie e le nubi basse e medie, sia nelle gocce di pioggia (raindrops) presenti all’interno di tali nubi.


La maggior parte dell’acqua dell’atmosfera è sotto forma di vapore.

Il vapore acqueo è presente quasi esclusivamente nella troposfera e, sebbene la sua concentrazione sia piuttosto modesta (1-10 grammi per chilogrammo di aria umida), il suo ruolo è fondamentale nella maggior parte dei processi che avvengono nell’atmosfera.

Ciò è vero per i seguenti motivi:

la condensazione e l’evaporazione del vapore acqueo hanno conseguenze importanti nella stabilità verticale dell’atmosfera;
droplets e raindrops contribuiscono a rimuovere gli
inquinanti atmosferici, rispettivamente attraverso i ben noti
meccanismi di rainout e washout, anche se tali processi sono poi
responsabili del fenomeno delle piogge acide;
il vapore acqueo è quasi sempre coinvolto nelle numerose reazioni chimiche che avvengono nell’atmosfera;

il vapore acqueo e le nubi sono la principale causa dell’effetto serra;

la concentrazione di vapore
acqueo controlla, insieme alla temperatura e alla ventilazione, il
grado di comfort o di disagio fisiologico ambientale avvertito
dall’organismo.



Grandezze igrometriche fondamentali.

La
concentrazione del vapore acqueo nell’atmosfera può essere espressa in
molti modi. Ecco una rassegna delle principali grandezze igrometriche.

La pressione(1) di vapore (in hPa(2) ed indicata con e). 

La
pressione atmosferica a livello del mare è in genere intorno a
1000-1020 hPa. Questo valore rappresenta la somma delle pressioni
parziali esercitate dai vari gas costituenti l’atmosfera. La pressione
di vapore – indicata di solito con e – è quella frazione della
pressione atmosferica dovuta al vapore acqueo. Ha un valore piuttosto
piccolo – di solito inferiore a 20 hPa alle normali temperature
ambientali alle nostre latitudini – ma riveste un’importanza
particolare, perché interviene, direttamente o indirettamente, nella
misura o nella definizione di quasi tutte le altre grandezze
igrometriche.


La pressione di vapore saturo (E).
È la grandezza più spesso impiegata per esprimere il contenuto di vapore acqueo nell’atmosfera.

La pressione di vapore saturo E rappresenta la pressione parziale esercitata, nell’atmosfera, dal vapore acqueo in condizioni di saturazione.

Il valore di E cresce all’aumentare della temperatura dell’aria, perché quanto più alta è la temperatura tanto più l’aggregazione delle molecole di vapore viene contrastata dall’agitazione termica molecolare. La pressione E0 allo temperatura di zero gradi centigradi è soltanto 6,1 hPa, ma raddoppia all’incirca ogni 10 gradi di aumento della temperatura (si veda la sottostante tabella 1).


T (°C) -40 -30 -20 -10 0 10 20 30
E (grv/kg) 0,12 0,37 1,23 2,85 6,1
12,3 23,4 42,4

Tabella 1

Il rapporto di mescolanza (o mixing ratio= r).
È il rapporto r tra la quantità di vapore contenuto in una certa massa d’aria umida e la parte d’aria secca contenuta in tale massa. Ad esempio, se in 1 kg di aria umida vi sono 3 grammi di vapore allora:
r = 3/0,997 grv/kg (grv = grammi di vapore).

L’umidità specifica (q).
Esprime il rapporto q tra la quantità di vapore presente in un dato volume d’aria e la massa totale di aria umida contenuta nello stesso volume. Ad esempio, se in 1 kg d’aria umida sono contenuti 5 grammi di vapore, allora q = 5/1 grv/kg.

L’umidità specifica di saturazione (Q).
Viene indicata di solito con Q, e rappresenta la quantità massima di vapore che può essere contenuta in una massa d’aria alla temperatura T. La grandezza Q, insieme a E, è quella più spesso impiegata per esprimere la concentrazione del vapore acqueo. Se la massa d’aria satura è in prossimità del suolo (p = 1000 hPa), la quantità massima Q di vapore acqueo che può essere contenuta in 1 kg di aria satura in funzione della temperatura è riportata nella tabella seguente.


T (°C) -40 -30
-20
-10
0 10
20
30
40
Q (grv/kg) 0,08
0,2 0,8 1,8 3,7
7,5
14,5
26 45
Tabella 2

Q, al pari di E, cresce con la temperatura in maniera esponenziale.

Ecco perché le masse d’aria calde e umide, come lo Scirocco, provocano in genere piogge più abbondanti di quelle freddo-umide. Q aumenta anche al diminuire della pressione. Ad esempio, una massa d’aria avente T = 0 °C in condizioni di saturazione contiene 3,1 grammi di vapore se la pressione è 1000 hPa, e 5,1 grammi se la pressione è 700 hPa.

Ad esempio si consideri una massa d’aria non satura al suolo, con valori iniziali di T = 10 °C e q = 5 grv/kg, che venga poi raffreddata a pressione costante fino alla temperatura di 0 °C. Siccome a zero gradi l’aria può contenere al massimo 3,7 grv/kg, essa dovrà condensare in acqua il surplus, ovvero (5 – 3,7) = 1,3 grammi di vapore.

L’umidità assoluta
Esprime la densità del vapore acqueo nell’atmosfera, ovvero quanti grammi di vapore sono contenuti in 1 m3 d’aria.

L’umidità relativa (grv/m3 indicato con U)
È il rapporto percentuale U tra la quantità di vapore contenuta in un certo volume d’aria e la quantità massima di vapore saturo che, alla stessa temperatura, potrebbe essere contenuta nel medesimo volume.

Sulla base della definizione, U può essere quindi ricavata mediante la relazione:

U = q / Q         oppure anche da          U = e/E


Ad esempio, un’umidità relativa pari al 70% indica che la massa d’aria contiene il 70% del vapore necessario per renderla satura, ma non si conosce il contenuto effettivo di vapore. Insomma umidità relativa elevata non è sinonimo di forte concentrazione di vapore.

Il concetto è così importante che merita di essere illustrato con qualche esempio.

Una massa d’aria che, a 10 °C, contenga 7,7 grammi di vapore, ha U = 100% poiché‚ essendo già satura (vedi la precedente tabella 2), contiene il 100% della quantità massima di vapore che potrebbe contenere a 10 °C. Ogni ulteriore raffreddamento porterebbe alla condensazione del vapore acqueo eccedente.

Si supponga ora invece che una massa d’aria, a causa del raffreddamento notturno, abbia raggiunto all’alba la temperatura di 0 °C con comparsa di nebbia all’interno della massa d’aria stessa. Non vi è dubbio che la massa d’aria sia satura (U = 100%) e, anzi, possiamo anche dire che la quantità di vapore in essa presente è di 3,7 grammi (vedi la precedente tabella 2). Se poi, durante la mattinata, l’aria si riscalda fino a 10 °C, la sua umidità relativa diverrà:

U = q/Q = 3,7/7,5 = 49%


ossia l’umidità relativa si è più che dimezzata, nonostante il contenuto effettivo di vapore acqueo sia ancora 3,7 grammi.

Negli ambienti chiusi con una temperatura interna di 20 °C, l’umidità relativa ottimale dal punto di vista del confort fisiologico è intorno al 60%, il che equivale a un’umidità specifica di circa 10 grammi di vapore per chilogrammo d’aria.

Supponiamo che, con tali iniziali condizioni, in una mattina nebbiosa con aria esterna a zero gradi (e quindi umidità specifica pari a 3,7 grammi per chilogrammo), decidiate di aprire le finestre per il ricambio dell’aria, fino a far scendere la temperatura dei locali a 10 °C. Il rimescolamento darà luogo, all’interno dell’ambiente, a una nuova massa d’aria, il cui contenuto di vapore sarà intorno a 7 grammi di vapore per chilogrammo, ossia l’aria diventerebbe paradossalmente più secca di quella preesistente. Paradossale, vero? È chiaro allora che le casalinghe che nelle giornate nebbiose non aprono le finestre, nel timore che entri in casa troppa umidità, in realtà compiono un madornale errore!

Anche il riscaldamento artificiale dell’ambiente domestico fa diminuire il valore di U, provocando un fastidioso senso di secchezza alle vie respiratorie.

Dal valore di U può essere dedotta la quantità effettiva q di vapore presente, qualora si conosca anche la temperatura dell’aria, grazie alla relazione:

q = U · Q


Il largo impiego di U nella pratica è legato in parte al fatto che il confort o il disagio che animali e vegetali avvertono dalle condizioni fisiche dell’ambiente è influenzato, oltre che dalla temperatura e dalla ventilazione, anche dal valore dell’umidità relativa, ma non dalla quantità effettiva q di vapore acqueo.

Tuttavia U, da sola, non dà una buona indicazione sul grado di disagio fisiologico che potrebbe avvertire l’organismo umano. Ad esempio U=80% è gradevole con una temperatura di 10 °C, ma è insopportabile con una temperatura di 30 °C.

La temperatura di bulbo bagnato
La definizione di tale grandezza richiede qualche ulteriore conoscenza preliminare sui processi di condensazione ed evaporazione.

Si potrebbe dimostrare che a ogni grammo d’acqua che evapora in 1 kg di aria (a pressione costante) corrisponde il raffreddamento dell’aria stessa di 2,5 °C circa. Tale valore è piuttosto ragguardevole ai fini degli scambi energetici nell’atmosfera, e spiega anche perché l’evaporazione al suolo sia uno dei meccanismi più efficaci nella sottrazione del calore immagazzinato nel suolo stesso.

Analogamente, se invece supponiamo di avere una massa d’aria satura all’interno della quale il vapore in eccesso condensi, a pressione costante, in acqua, allora il calore latente che si libera durante la condensazione innalza la temperatura della massa d’aria di 2,5 °C.

Tale notevole valore rende conto dell’importanza della condensazione nel trasferire all’atmosfera il calore sottratto al suolo dall’evaporazione. Inoltre, da quanto appena detto, si arguisce che le masse d’aria umide, a parità di temperatura, hanno una maggiore instabilità rispetto a quelle secche. Infatti il riscaldamento causato dall’eventuale condensazione del vapore acqueo in esse contenuto aumenta la forza di galleggiamento.

Magari ora sarete curiosi di sapere qual è la temperatura raggiunta in una massa d’aria qualora in essa venga fatta evaporare acqua fino alla saturazione (si pensi al raffreddamento della borraccia dell’acqua quando viene tenuta avvolta in uno straccio bagnato). La temperatura raggiunta con un simile processo – denominata temperatura di bulbo bagnato e indicata con Tw – è, come si può intuire, una misura del deficit di vapore necessario per portare la massa d’aria alla saturazione. Il valore di Tw è tanto più basso quanto più alta è la temperatura T (perché l’aria è tanto più ricettiva di vapore quanto più è calda) e quanto minore è il contenuto iniziale q di vapore (infatti più l’aria è inizialmente secca, maggiore sarà la quantità di vapore necessaria per saturarla e quindi tanto più elevato sarà il raffreddamento da evaporazione). Ma perché Tw è così importante? Per il semplice motivo che lo psicrometro – lo strumento usato presso le stazioni meteorologiche per le misure di precisione dell’umidità – misura in realtà proprio la temperatura di bulbo bagnato.

Lo psicrometro è costituito da due termometri uguali, sottoposti a una ventilazione forzata e posizionati all’ombra. Il primo termometro, a bulbo asciutto, fornisce la temperatura T dell’aria, mentre l’altro, a bulbo bagnato – perché avvolto da una garza imbevuta di acqua distillata, la quale viene fatta evaporare attraverso la ventilazione forzata – fornisce la Tw, e da questa, attraverso tavole appropriate di conversione, si risale poi a tutte le altre grandezze igrometriche.

Lo psicrometro è uno strumento semplice e piuttosto diffuso per la misura dell’umidità. Esso consiste di due termometri uguali: uno, definito termometro a bulbo secco, misura semplicemente la temperatura dell’aria; l’altro, definito termometro a bulbo bagnato, ha il bulbo avvolto in una garza di cotone mantenuta umida: quindi misura la temperatura dell’acqua a contatto con l’aria, che è inferiore a causa del calore richiesto per l’evaporazione. Dalla contemporanea lettura dei due termometri si può risalire, tra l’altro, all’umidità relativa e al punto di rugiada. Lo psicrometro comunque non fornisce direttamente i valori richiesti, che si possono ricavare da una tabella psicrometrica (tabella 4 in fondo pagina) o da un diagramma psicrometrico. In alternativa, la conoscenza delle formule empiriche che collegano le varie grandezze può essere utilizzata per la predisposizione di programmi (software) che rendono più semplici e veloci le determinazioni stesse.



La temperatura di rugiada (o dew point indicato con Td)
È la temperatura fino alla quale occorre raffreddare, a pressione costante, una massa d’aria a temperatura T per portarla alla saturazione. Viene indicata con Td (il suffisso d sta per dew-point).
Normalmente, per calcolare la temperatura di rugiada (°C) in modo semplice si usa la seguente formula:

                    Td = T- 31.25 · (2 – lg U)

                                        Td = temperatura del punto di rugiada
                                        T = temperatura dell’aria
                                        U = umidità relativa (%)

La temperatura di rugiada è la grandezza igrometrica che, convenzionalmente, viene ormai riportata sui bollettini di osservazione al suolo, da parte delle stazioni meteorologiche, per esprimere il contenuto di vapore nell’aria.

Questa predilezione dei meteorologi per Td è dovuta, oltre che alla sua immediatezza di calcolo e di significato, soprattutto al fatto che tutti i processi di condensazione al suolo (nebbia, rugiada, brina) avvengono mediante il raffreddamento notturno – a pressione grosso modo costante – e quindi la temperatura raggiunta dalla massa d’aria all’atto della condensazione è proprio quella di rugiada.

Se la condensazione avviene a una temperatura Td > 0, e il raffreddamento rende saturi soltanto i primi 20-50 cm di atmosfera, allora si forma la rugiada; qualora invece il raffreddamento provochi la saturazione in uno strato più profondo, dell’ordine di 50-150 metri, si forma nebbia. Se poi la condensazione al suolo avviene a temperature Td < 0 si ha il fenomeno della brina.

In caso di caldo afoso il punto di rugiada è un buon indice di
disagio fisiologico per un organismo umano. Infatti la maggior parte
delle persone avverte sensazione di afa quando Td>20 °C.

In estate valori di Td superiori a 22-23 °C indicano che in loco l’aria contiene una quantità notevole di vapore. Infatti una massa d’aria che condensi a temperature superiori a 22° C, contiene più di 17 grv/kg (vedi tabella), una quantità notevole che, sotto determinate condizioni, potrebbe fornire la materia prima necessaria per l’insorgere di temporali di forte intensità.

Nella tabella 3 è fornito un comodo ausilio per passare da Td a U e viceversa, qualora sia nota la temperatura T dell’aria. Per ogni valore di umidità viene fornita la differenza (approssimata) tra la temperatura T dell’aria e quella di rugiada Td. Si noti che la differenza (T – Td) è leggermente differente a seconda della temperatura T dell’aria (ciò spiega le quattro differenti colonne).


Tabella 3

L’umidità relativa in prima approssimazione può essere calcolata anche con la semplice formula:

U = 98 – 5 · (T – Td)


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Tabella pricrometrica

Tabella 4

Seconda parte della domanda
(ruolo del punto di rugiada nell’estazione di gas naturale)

Il punto di rugiada o dew point
è un parametro che riguarda l’umidità, il vapore, i fumi e vapori in genere, i
gas. Laddove l’umidità è voluta oppure ostacolata e laddove la condensa
vuol essere provocata oppure  evitata, necessita conoscere  il  punto
di rugiada
specifico il quale varia in funzione di alcuni principali
fattori: umidità dell’aria, temperatura dell’aria, pressione,
altitudine.

Il gas naturale si trova nel sottosuolo, normalmente negli stessi giacimenti in cui giace il petrolio, o associato ad esso, disciolto o raccolto in sacche o tasche superficiali (gas di copertura), oppure il giacimento è costituito esclusivamente da gas naturale, qualche volta come metano puro (dry gas) o, più spesso, unito a vapori di idrocarburi condensabili (wet gas).

Il punto di rugiada è un fattore importante
soprattutto, ma non solo, in metereologia. Infatti, questo valore,
oltre che in metereologia,  viene  controllato anche in molte altre
circostanze:
    – trasporto e distribuzione degli idrocarburi;
    – estrazione del calore dai fumi di combustione di gas naturali (soprsttutto metano);
    – nelle problematiche di condensa negli edifici o in ambienti particolari;
    – nei problemi d’inquinamento denerale dell’aria, in particolare da metalli pesanti;
    – nella progettazione degli impianti di riscaldamento ed in particolare nell’uso di caldaie a condensa;
    – nei progetti di essicazione dell’aria, dei gas, di materiali vari;
    – nell’estrazione dei vapori di idrocarburi condensabili.

Infatti, come per tutti i vapori, esiste anche un punto di rugiada degli idrocarburi ed è qui che c’entra il dew point.

Per meglio comprendere come viene utilizzato il punto di rugiada nella estrazione di gas naturale facciamo un esempio con un procedimento simile (sempre basato sulla temperatura) per separare i metalli.
Supponiamo di avere una discreta quantità di rottami metallici e non ferrosi ammucchiati tutti assieme e di volerli recuperare separatamente in barre prodotte attraverso un unico procedimento di fusione.
Supponiamo ancora che questi rottami siano composti da parti consistenti di piombo, zinco, alluminio e rame dei quali è riportato il punto di fusione nella tabella 5 qui sotto.

 Metallo  piombo
  zinco   alluminio  rame 
 Punto di fusione
 327 °C
 419 °C   660 °C
 1083 °C 

tabella 5

Uno dei metodi di separazione più usati è quello che può essere definito fusione differenziata.
Si colloca  tutto l’insieme dei rottami nel crogiolo di un forno di fusione e si porta la temperatura del forno appena al di sopra dei 327 °C.
Dopo un debito tempo, nel crogiolo, sarà fuso solo il piombo mentre zinco, alluminio e rame, benchè caldi, saranno ancora allo stato solido.
A questo punto, inclinando il crogiolo, si potrà far uscire solo il piombo fuso e confezionarlo in lingotti, o altre forme opportune, per essere riutilizzato.
Successivamente si eleva la temperatura del forno a 419 °C e a tempo debito troveremo che anche lo zinco si presenta allo stato fuso; anche in questa circostanza si “travasa” lo zinco fuso trasformandolo poi a parte in lamiere o altre forme. Allo stesso modo che per il piombo e per lo zinco si procede per l’alluminio e per il rame.
La stessa cosa può essere fatta con leghe metalliche di diverso genere. Inoltre,
anche il processo di distillazione utilizza le differenze di temperatura per far evaporare sostanze diverse che sono mescolate assieme.

Quindi, sapendo che ogni gas, a parità si pressione e di altri parametri, ha il suo punto di rugiada è possibile separare i vapori da altre sostanze portando la temperatura al punto di rugiada del gas che vogliamo estrarre e/o separare. A quella precisa temperatura, cioè a quel preciso punto di rugiada, solo il gas specifico condenserà (si trasformerà in liquido) e potrà così essere separarlo da altri elementi e sostanze.

Per non appesantire ulteriormente il testo di questa risposta non si riportano i vari punti di rugiada dei vapori diversi dal vapor d’acqua.

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Note
(1)La pressione atmosferica normale, o standard, è quella misurata alla latitudine di 45°, al livello del mare e ad una temperatura di 0 °C, che corrisponde ad una colonna di mercurio di 760 mm.
Nelle altre unità di misura corrisponde a:

760 mm Hg = 1 atm = 101325 Pa (Pascal)= 1013,25 millibar = 760 torr


(2) hPa = hetto Pascal = 100•Pa

Unità di pressione e fattori di conversione
Tabella 6