Ho una particolare curiosità legata alla temperatura. Desidero sapere se un raggio di luce ha una propria temperatura “interna”, se è possibile misurarla senza alterare il raggio di luce e a quanto corrisponde in gradi kelvin. Grazie.

Il concetto di temperatura è stato introdotto per descrivere fenomeni che coinvolgono sistemi fisici costituti da un grande numero di particelle o, più in generale, di gradi di libertà (dell’ordine del numero di Avogadro, 6×1023). Inoltre il concetto di temperatura è utile nelle situazioni in cui abbiamo a che fare con sistemi all’equilibrio. Questo significa che le particelle o gli oggetti che compongono il sistema interagiscono fra loro scambiandosi energia ed hanno raggiunto una situazione stazionaria (tecnicamente c’è invarianza per inversione temporale). La situazione più semplice che meglio descrive questo tipo di sistema è quella di una scatola chiusa piena di particelle idealizzate come sfere rigide che si muovono secondo le leggi della dinamica classica urtando fra loro e rimbalzando sulle pareti. In questo tipo di situazioni, caratterizzate da molti oggetti in interazione fra loro, il concetto di temperatura e la termodinamica possono essere applicate ed utilizzate con grande efficacia.


Quando invece vogliamo descrivere sistemi con un numero di particelle non elevatissimo (ma neanche bassissimo) oppure quando le particelle interagiscono poco e non hanno ancora raggiunto l’equilibrio, in generale i principi della termodinamica dell’equilibrio perdono la loro potenza. Il caso di un raggio di luce che si propaga rientra in quest’ultima categoria. Analizzando la situazione da un punto di vista classico (equazioni di Maxwell) un raggio di luce è costituito da una sovrapposizione di onde a diversa frequenza e, nel caso in cui la propagazione avvenga nel vuoto si può verificare facilmente che le onde di frequenza diversa non interagiscono fra loro. Questo significa che i gradi di libertà del sistema, cioè le diverse frequenze del campo elettromagnetico, non sono libere di scambiare energia fra loro così da avvicinarsi ad una situazione di equilibrio. Se l’onda si propaga in un mezzo diverso dal vuoto le equazioni di Maxwell possono ora contenere dei termini di interazione ma anche in questo caso, a meno che il raggio di luce non venga “contenuto” in qualche modo all’interno di un volume finito, tramite per esempio una scatola perfettamente riflettente, il sistema fisico costituito dal mezzo di propagazione e dalla luce (il campo elettromagnetico) non avrà il tempo di raggiungere l’equilibrio perché il raggio di luce sarà sfuggito via.

Se passiamo alla formulazione quantistica della luce, ci accorgiamo che le cose non cambiano molto, nel senso che il raggio di luce è costituto da fotoni che, a meno di non essere vincolati a riincontrarsi ripetutamente si disperdono nello spazio messo a loro disposizione senza scambiarsi energia e tendere ad uno stato di equilibrio. L’unica differenza rispetto alla descrizione classica è che nel caso quantistico i fotoni interagiscono fra loro anche senza la necessità di un mezzo di propagazione diverso dal vuoto. L’interazione rilevante, comunque molto debole, viene rappresentata dal seguente diagramma di Feynman:


Quindi, definire una temperatura per un raggio di luce non sembra essere utile in quanto sistema non all’equilibrio. Ovviamente, nel caso la luce ripassi più volte sulla stessa porzione di spazio o di materia fino ad una situazione di stazionarietà possiamo ed è utile definire una temperatura ma questa situazione non è altro che quella che si incontra nella definizione di corpo nero.

Ovviamente si può essere tentati, una volta osservato un raggio di luce con un certo spettro, di interpretarlo come radiazione di corpo nero, che corrisponde approssimativamente alla radiazione emessa da un oggetto macroscopico tenuto ad una certa temperatura. Naturamente, per misurare lo spettro o la frequenza media è necessario “catturare” un certo numero di fotoni del raggio di luce. Questa interpretazione fornisce automaticamente una temperatura che approssimativamente è

T = h f / k

dove h è la costante Planck, k la costante di Boltzmann ed f la frequenza media della radiazione luminosa. Ma questa temperatura significa solo che, se la luce proviene da un corpo nero, allora il corpo nero ha quella temperatura. Naturalmente, se ci scordiamo come abbiamo introdotto questa temperatura possiamo incorrere in strani paradossi, per esempio potremmo chiederci: “Come mai quando vengo colpito da un raggio di luce emesso da un filamento incandescente di tungsteno non mi scotto? Eppure il raggio di luce ha la stessa temperatura del filamento!”. Ovviamente la risposta è che il raggio di luce non ha una sua temperatura perché non è un sistema all’equilibrio. Naturalmente, se fossi in grado di isolare perfettamente una stanza e mi chiudessi dentro con il filamento di tungsteno incandescente alimentato dall’esterno, pian piano la temperatura dei muri, dell’aria e del mio corpo aumenterebbe finché ad un certo punto mi troverei in una situazione di pseudo equilibrio (non di equilibrio perché la temperatura continua ad aumentare in quanto c’è una continua immissione di energia) in cui la stanza è attraversata in tutte le direzioni da raggi di luce in equilibrio con le mura e con tutti gli oggetti. In quel momento avrebbe senso parlare di temperatura dei raggi di luce.

Un altro esempio dei problemi in cui si può incorrere con un’applicazione troppo disinvolta del concetto di temperatura ai raggi di luce viene dai fenomeni di sonoluminescenza. Alcuni anni fa si scoprì che, creando delle bollicine in un fluido in modo acustico, quando queste collassavano producevano degli intensi flash di luce visibile. Si capì rapidamente che questo fenomeno era dovuto al surriscaldamento del gas contenuto nella bollicina in seguito alla forte compressione subita al momento del collasso. Studiando lo spettro di questi lampi di luce ed interpretandolo come uno spettro di corpo nero si ottennero delle stime per la temperatura del gas così alte che molte persone si illussero di poter eventualmente utilizzare il fenomeno per realizzare un processo di fusione nucleare. In seguito ci si rese conto che l’utilizzo dello spettro di corpo nero nel calcolo della temperatura aveva fornito dei risultati che sovrastimavano di molto la temperatura reale del gas al momento del collasso e l’idea venne quindi abbandonata.

Un esempio in cui invece ha senso parlare di temperatura della luce è quello della radiazione cosmica di fondo ma in questo caso non abbiamo a che fare con un raggio di luce che procede in una direzione definita ma piuttosto con un insieme di onde che viaggiano in tutte le direzioni e pervadono tutto lo spazio.

Link:

Corpo nero: 1, 2, 3, radiazione cosmica di fondo: 4.