vorrei sapere se un essere umano (o un qualsiasi essere vivente terrestre) possa superare praticamente indenne le Fasce di Van Allen, come dovrebbe essere accaduto durante le missioni Apollo che portarono l’uomo sulla Luna. Le radiazioni non dovrebbero produrre effetti devastanti sugli astronauti?

Chiariamo, per quei lettori che non lo sapessero, che cosa sono le fasce di Van Allen.
Il campo magnetico della Terra, che si protende nello spazio per diverse decine di migliaia di Km, è in grado di deviare ogni particella carica che entra nel suo raggio d’influenza. La principale fonte di queste particelle è il cosiddetto “vento solare“, formato per lo più da elettroni e protoni, ma anche i raggi cosmici rappresentano parte di questo flusso che “piove” di continuo sul nostro Pianeta. A causa della particolare configurazione del campo magnerico planetario, vi sono delle zone, sopra l’equatore, in cui le particelle cariche tendono a rimanere intrappolate, per cui al di sopra dell’equatore terrestre si trovano delle zone, vagamente toroidali, in cui la densità di particelle cariche è molto elevata. Esse sono denominate fasce di Van Allen.

La risposta alla domanda del lettore, in lingua inglese, si può trovare, a mio parere in maniera piuttosto completa e dettagliata, nel sito di divulgazione scientifica madsci.org. Vediamo comunque di riassumere i punti principali della questione, rimandando il lettore al precedente link e alla bibliografia ad esso associata per una trattazione più completa.
La ragione per cui si può andare sulla Luna attarversando le fasce di Val Allen è che l’attraversamento dura poco tempo, e che comunque gran parte delle radiazioni sono schermate dalla navicella spaziale, per cui la dose totale che riceve un astronauta è relativamente bassa e pertanto il rischio accettabile, se paragonato con tutti gli altri rischi associati ad una missione così tecnologicamente complessa.
E’ anche possibile fare due conti approssimati per dimostrare la precedente affermazione.
Le fasce di Van Allen sono in pratica due e distinte, una più larga, che sopra l’equatore si trova tra 6300 e 38000 Km e che intrappola elettroni e una più sottile, tra i 9500 e i 16000 Km, che intrappola protoni.
Gli elettroni, oltre a occupare un volume molto più esteso, hanno un flusso elevato (gli elettroni con energia maggiore di 1 MeV sono circa 106/cm2/s), ma è sufficiente uno spessore di un paio di cm di alluminio per schermarli completamente, dunque si può assumere che all’interno della capsula lunare non arrivasse praticamente alcun elettrone.
I protoni sono molto più penetranti e nelle fasce di Van Allen possiedono un’energia maggiore (superiore a 10 MeV), dunque sono potenzialmente pericolosi, ma d’altro canto nella fascia di protoni il flusso è più basso (circa 20000/cm2/s) ed inoltre essa è relativamente sottile, tanto che il modulo lunare impiegava solo pochi minuti per attraversarla.
Nel caso peggiore (e non reale) in cui la navicella non sia in grado di schermare alcun protone, mentre il corpo umano li assorba tutti, in 5 minuti di attraversamento della fascia di protoni il corpo dell’astronauta riceve dunque una dose di circa 50 mSv.
Questo valore va paragonato con i valori massimi di esposizione che le normative attuali reputano accettabili. Per fare un’esempio, le normative attuali in vigore nella maggior parte dei paesi industrializzati fissano una soglia a qualche decina di mSv/anno per i lavoratori esposti a radiazioni, mentre si calcola che una dose acuta che provochi danni letali deve essere di qualche Sv.
Di conseguenza durante il viaggio verso la Luna gli astronauti hanno subito, al peggio, dosi paragonabili a quelle che riceve in qualche anno un lavoratore che ha a che fare con materiale radioattivo, per cui il rischio che hanno corso a causa di ciò si può ritenere, in base ai dati epidemiologici, trascurabile.