cosa si intende per colpo di ariete nelle tubature contenenti fluidi? (es. tubature idrauliche)

l
liquido che scorre in una condotta (forzata o no) ha una certa densità (che, trattandosi
di liquido supporremo costante) e una certa elasticità che considereremo in ottima
approssimazione costante anch’essa. La parete della condotta stessa avrà un’elasticità
mentre, agli effetti del fenomeno “colpo d’ariete” possiamo tranquillamente
trascurarne la massa.

Ciò premesso ogni
porzione longitudinale di tubo (infinitesima se volete) avrà una sua massa di
liquido e una sua comprimibilità, somma quest’ultima, della comprimibilità intrinseca
del liquido e della elasticità della condotta.

Diciamo
E (Pascal) il coefficiente di elasticità totale lineare ovvero di
quanto si accorcia una sezione di liquido per effetto di un incremento di pressione
della elasticità intrinseca del liquido e di quella aggiunta della parete. Diciamo
inoltre
r (kgm/m3)
la densità dell’acqua.

Detto s lo
spostamento della generica sezione di acqua rispetto al flusso costante essa sarà
di fatto: s = s(x, t) con x posizione nella condotta e t
tempo.

La compressione longitudinale dell’acqua
sarà:
e = –ds/dx
e di conseguenza la pressione P = -E ds/dx

Ora
la spinta sulla sezione elementare longitudinale di acqua e’: dF = –
dP/dx
. S
. dx con S sezione della
condotta

La massa della stessa sezione
elementare longitudinale di acqua dM =
r
.
S . dx

Ora,
per il secondo principio della dinamica
: dF = a . dM ove
a e’ l’accelerazione per definizione uguale a
d2s/dt2

Con semplici sostituzioni si ha:

1)   
d2
s/dt2
r/E d2s/dx2
= 0

Questa equazione differenziale
alle derivate parziali, nota come equazione dei telegrafi, è tipica di tutti i
fenomeni di propagazione: onde acustiche, onde elettromagnetiche, fili del telegrafo
(da cui il nome) o del telefono, cavi di rete dei computer e così via.

La
sua soluzione generale è:

2)   
s = f1(x – vt) + f2(x + vt)   
posto v = sqrt(E/
r),
f1
e f2 funzioni arbitrarie

E
per linearità di (x – vt)   e di (x + vt)  anche
la pressione sarà:

3)   
P = P1(x – vt) + P2(x + vt)

Ora interpretando
la 3) si vede che la pressione può transitare con una forma qualsiasi in una direzione
e con un’altra forma qualsiasi nella direzione opposta. Le “forme qualsiasi”
sono appunto racchiuse nelle P1 e P2 arbitrarie. La velocità di propagazione,
uguale nelle due direzioni, è esclusivamente determinata da parametri fissi, nella
fattispecie dalla elasticità e dalla densità definite sopra. Ciò è ovviamente
sfruttato nei sistemi di trasmissione dove f1 e f2 sono evidentemente i due segnali
di forma qualsiasi transitanti contemporaneamente nelle due direzioni.

Forti
di quanto sopra esaminiamo il caso di una condotta forzata, lunga magari 1000
m che viene chiusa e supponiamo di colpo con una serranda a valle del tubo, cioè,
come è giusto che avvenga, in centrale. L’acqua che sta entrando nella condotta
dal lato bacino, 1000 m a monte, “saprà” della chiusura della serranda
solo dopo il tempo di propagazione dell’onda di sovrapressione lungo 1000 m (tempo
dell’ordine dei secondi), quindi, per tutto questo tempo, non rallenterà di una
virgola.

Quando l’onda di sovrapressione
che si propaga a ritroso nella condotta con la velocità v raggiunge la
presa d’acqua nel bacino la pressione imposta dal bacino sarà quella piezometrica
(poche atmosfere). A questo punto, per mettere le cose a posto si scatena un’onda
che viaggia nella direzione opposta (vedi 3) che “compensa” la sovrapressione
dovuta alla chiusura. Questa seconda onda si chiama “contraccolpo”.
Essa impiegherà, per raggiungere la valvola a valle un tempo uguale a quello impiegato
dal “colpo” per giungere al bacino. Quando il contraccolpo raggiunge
la valvola le cose “si rimettono in pari”.

Insomma
per agire costantemente in regime di contraccolpo e evitare quindi le sovrapressioni
che danneggerebbero irrimediabilmente la condotta bisogna chiudere le valvole
con lenta progressione per poter sfruttare il benefico contraccolpo.

Ora
per le condotte molto lunghe che si trovano in bacini montani con alte “prevalenze”
(dislivelli) e basse portate d’acqua si usano le turbine di tipo Pelton (ad azione).
In queste turbine l’acqua passa in un ugello per formare un getto che, in aria,
investe i cucchiai della girante. Questo tipo di turbine è, proprio per evitare
il colpo d’ariete, dotato di un dispositivo (il “tegolo”) che devia
il getto dalla girante di colpo lasciando alle valvole il tempo di chiudere la
condotta lentamente in costante regime di contraccolpo.

Colpi
d’ariete meno gravi, ma dovuti allo stesso meccanismo si possono avvertire come
botti chiudendo di colpo un rubinetto in casa se l’impianto non contiene opportuni
vasi di espansione ai vari piani.