Ricordi del liceo. Il mio professore di fisica disse:” le stelle che vediamo adesso non ci sono più in questo momento, e le stelle che stanno nascendo ora le vedremo tra centinaia di anni”. Spiegava questo fenomeno con il fatto che la luce deve percorrere una distanza talmente grande che necessita di molto tempo. E’ vero?

La luce si propaga alla velocità più grande che sia possibile nel mondo fisico. Tale velocità, che vale circa 300.000 km/s, è il limite superiore per qualsiasi trasmissione di informazione.
Se un oggetto dista 900.000 km, avremo bisogno di tre secondi per trasmettere o ricevere un impulso luminoso.
Nel caso della nostra stella, il Sole, la distanza media è di 150 milioni di km, che la luce copre in 500 secondi circa, vale a dire 8 minuti e 20 secondi.
La teoria della relatività, enunciata da Einstein esattamente un secolo fa, ha chiarito che la velocità della luce è una importantissima costante della fisica. In effetti nel sistema di unità di misura oggi in uso, il suo valore non è misurato, bensì definito.

Questo fatto si riflette in astronomia con la definizione di una unità di lunghezza, o per meglio dire distanza, basata sulla luce.
Si chiama anno-luce la distanza percorsa dalla luce in un anno. Questa distanza è pari a 9460 miliardi di kilometri.
Le distanze di oggetti celesti, come ad esempio le stelle della nostra Galassia o la distanza delle altre galassie, viene data in anni-luce.
Ad esempio la stella più vicina a noi, proxima centauri, dista 4,3 anni luce. Questo dato ci dà direttamente il tempo impiegato dalla luce che lascia la superficie di quella stella a giungere ai nostri occhi.

E’ naturale, quindi, pensare che in qualche modo la visione di proxima centauri sia “in ritardo” di 4,3 anni.
Ancora più eclatante è pensare alle galassie: la bellissima M51 nell’immagine a fianco dista circa 30 milioni di anni luce.
Alla fine di giugno 2005 vicino al nucleo di questa galassia è esplosa una supernova. Viene naturale pensare che si tratti di un fenomeno “del passato”, più o meno come la visione di un fossile.

Se osserviamo galassie ancora più remote, possiamo effettivamente cogliere dettagli evolutivi, che ci dimostrano che l’Universo è in evoluzione.
Ad esempio la galassia arrossata nell’immagine seguente, ritratta dal telescopio spaziale Hubble, dista circa 8 miliardi di anni luce. Dato che l’età dell’Universo è circa 13,7 miliardi di anni, questa galassia è un esemplare giovane, che risale a quando l’Universo aveva “solo” pochi miliardi di anni.

Se, quindi, è corretto affermare che “guardare lontano nello spazio equivale a guardare indietro nel tempo”, altre affermazioni comuni sono errate.
Ad esempio è errato dire che “la stella che sto guardando adesso non c’è più in questo momento”.
Se esaminiamo la frase, infatti, ci accorgiamo che ci stiamo riferendo al tempo presente in due modi diversi.
“Le stelle che vediamo adesso” si riferisce all’evento “ricevo la luce proveniente dalla stella” in questo momento, da questo preciso punto del pianeta Terra.
“Non c’è più in questo momento” si riferisce all’assenza della stella in questo momento, là dove la stella dovrebbe trovarsi.

La relatività ci insegna che questi due eventi non sono causalmente connessi e dunque non si può fare alcuna affermazione dotata di senso fisico.
Per capire meglio questa affermazione, dobbiamo imparare ad utilizzare i diagrammi spazio-temporali. Per comodità, anziché trattare dello spazio tridimensionale in cui ci troviamo tutti i giorni, ci limiteremo ad una sola dimensione.Osserviamo il seguente diagramma.

L’asse verticale rappresenta il tempo, quella orizzontale la distanza.
Scegliamo per questo asse una scala pari ad un anno-luce.
Se nell’origine mettiamo una candela, il fronte della luce emessa descriverà due rette inclinate di 45°. Infatti dopo un anno la luce avrà raggiunto la distanza di un anno-luce, dopo due anni sarà a due anni-luce, e così via.
Le rette sono due perché la luce si propaga in entrambe le direzioni dell’unica dimensione che stiamo considerando.
Se invece della luce pensiamo ad un messaggero più lento, ad esempio il suono, la retta sarà molto più inclinata. Infatti dopo un secondo il fronte dell’onda sarà a 340 metri, dopo due secondi a 680 metri, e così via.
Dato che la velocità della luce è la più grande esistente in natura, nessun messaggio puo’ essere trasmesso nella zona bianca oltre la retta inclinata di 45°, chiamata per questo “regione inaccessibile”.
Analogamente, il cuneo giallo nel semipiano inferiore rappresenta tutti gli eventi che possono influenzare l’oggetto posto nell’origine, nel tempo presente. In particolare tutte le stelle osservabili si troveranno sulle due rette inclinate di 45°.

Il seguente diagramma mostra la captazione “qui ed ora” della luce emessa da una stella, vista nella direzione positiva dello spazio. L’emissione della luce è chiaramente un evento appartenente al nostro passato. Più precisamente, questo evento si trova su una linea del diagramma spazio-temporale inclinata di 45 gradi, perche’ stiamo parlando della luce.

Torniamo al problema sollevato dalla frase “le stelle che vediamo adesso non ci sono più in questo momento”.
E’ chiaro che si sta immaginando la stella proiettata al nostro presente (versione sbiadita).
In questa frase si sta affermando qualcosa a proposito di un oggetto che si trova nella regione inaccessibile. Di conseguenza, non possiamo avere alcuna conferma né smentita di ciò che andiamo affermando.
Nel linguaggio della relatività, i due eventi “qui e ora” e la stella sbiadita sono eventi causalmente scorrelati.

Il lettore si sarà reso conto che stiamo volutamente esagerando con il rigore scientifico. Tuttavia quando si parla di distanze e tempi su scala cosmica, è necessario ricorrere alla relatività. In caso contrario, se ci si affida al buonsenso, si possono avere risposte imprecise, o addirittura completamente errate.

Un commento

  1. Anche se non sono stato io a pubblicare la domanda, bellissima risposta davvero, mi ha fatto riflettere molto e mi ha portato ad approfondire questi aspetti dell relatività di cui a parlato.
    Grazie!

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