La “crisi” dei concetti di spazio e tempo dopo la formulazione della teoria della relatività di Einstein, ha riscontrato conseguenze nella società ad essa contemporanea? quali?

La crisi del concetto di spazio inizia ben prima di Einstein e trova
le sue radici all’inizio del XIX secolo. In quel periodo c’era ancora
la profonda convinzione che la geometria euclidea fosse l’idealizzazione
corretta delle proprieta’ dello spazio fisico. Nel 1813 Gauss per primo
inizio’ a formulare la sua geometria “antieuclidea”, che diverra’ poi
geometria “astrale”, per finire nella nota geometria non-euclidea. Ma
Gauss pubblicava solo lavori per lui perfetti, quindi i suoi studi in
questo settore rimasero sconosciuti fino a dopo la sua morte. Nel frattempo,
Lobatchevsky (1826) inventa la geometria immaginaria e Bolyai elabora
una sua versione della geometria non-euclidea (1832-33). Ma questi studi
rimasero casi isolati, ritenuti come curiosita’ da baraccone. Il primo
scossone lo diede Riemann, con la sua tesi (1854): in commissione c’era
Gauss che si complimento’ per la genialita’ del lavoro. Un anno dopo Gauss
mori’ e la scoperta dei suoi lavori sulla geometria non-euclidea porto’
questo argomento in primo piano. Se se ne era occupato il grande Gauss,
doveva essere interessante. Riemann gia’ partiva da un ottimo lavoro,
la sua tesi (B. Riemann: Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria.
Bollati-Boringhieri, Torino 1994), in cui affronto’ il problema alla radice:
rifondare completamente la geometria su un nuovo concetto di spazio. Si
puo’ dire che il problema dei fondamenti, che diventera’ cosi’ importante
per la fisica e la matematica del XX secolo, inizia proprio in questo
periodo.

Quando arriva Einstein, il mondo scientifico e’ gia’ profondamente preso
dalle questioni dei fondamenti: Einstein, in questo senso, ha dato un
contributo molto minore di quanto non si pensi. Comunque, nella societa’
a lui contemporanea – e ancora oggi – Einstein rappresenta il prototipo
dello scienziato (o forse lo stereotipo). Ha avuto il merito di fare avvicinare
il pubblico a delle questioni che altrimenti sarebbero rimaste confinate
negli ambienti scientifici.

Forse e’ azzardato pensare che ci sia una correlazione diretta tra la
teoria della relativita’ e lo sviluppo di correnti letterarie e artistiche.
Pero’, si consideri, per esempio il cubismo: alla base c’era il desiderio
di non esprimere piu’ l’oggetto nella sua collocazione spaziale ordinaria,
ma di darne una simultaneita’ di visione con tutti gli aspetti possibili.
E’ probabile che molti artisti dell’epoca abbiano almeno orecchiato cosa
stava succedendo nella fisica, lanciandosi poi in elaborazioni artistiche
sua qualche concetto pescato qua’ e la’: non dimentichiamo che Einstein
apparve su quotidiani e riviste popolari in tutti il mondo.

In altri settori, come la sociologia, c’e’ stato invece un esplicito
richiamo alle teorie einsteiniane. Uno dei maggiori esponenti in questo
senso, e’ Bruno Latour, che tenta di togliere riferimenti privilegiati
nelle analisi sociologiche. C’e’ poi Herskovits che introduce il relativismo
culturale: il rispetto delle diverse culture dei vari popoli, che pur
variando da regione a regione, hanno una loro giustificazione che dipende
dal loro specifico contesto. Al di la’ delle varie interpretazioni e ispirazioni
che la relativita’ ha generato, e’ forse bene rammentare che Einstein
riteneva “teoria della relativita’” un pessimo nome: lui preferiva “teoria
degli invarianti”. O forse, come nota Carlo Rovelli, sarebbe piu’ opportuno
parlare di teoria relazionale. Conta la relazione tra le cose, non l’essere
l’una relativa all’altra.