Vorrei alcune delucidazioni sui diversi cataloghi stellari, es. NGC, IC, Messier e gli altri per le stelle.

Il cielo,
te ne sarai già accorto se possiedi un piccolo telescopio, è talmente
vasto e pieno di stelle da richiedere cataloghi per potervi mettere un
po’ d’ordine; inoltre, un catalogo che racchiuda tutti gli oggetti di
una medesima classe è una necessità per consentire agli astronomi che
si occupano di determinati campi di scegliere agevolmente e tenere sotto
controllo gli oggetti di interesse; per finire, esistono fenomeni celesti
che provocano mutamenti nel cielo in tempi dell’ordine di alcuni secoli,
pertanto è fondamentale catalogare con accuratezza tutto ciò che sta in
cielo per potersene accorgere.

Quella della
catalogazione delle stelle è un’esigenza che fu sentita già dall’antichità,
tanto è vero che il primo catalogo di tutte le stelle visibili ad occhio
nudo fu compilato addirittura da Ipparco. Credo saprai che, mentre solo
le stelle più luminose hanno un nome proprio (Vega, Betelgeuse, Mizar,
Algol, Mira, ecc…) la maggior parte di quelle visibili ad occhio nudo
recano una lettera ed un numero.
La lettera si riferisce alla catalogazione di Bayer, che all’inizio del
‘600 catalogò molte stelle visibili ad occhio nudo, dividendole per costellazione
ed assegnando la prima lettera dell’alfabeto greco (a)
alla stella più luminosa, b alla seconda, ecc…
Esaurite le lettere greche si passa a quelle latine. Siccome all’epoca
non esistevano i fotometri, spesso l’ordine alfabetico non segue rigorosamente
quello per luminosità, oltre al fatto che ci sono le stelle variabili
che cambiano di magnitudine nel tempo.
Il numero progressivo fu invece assegnato da Flamsteed, circa un secolo
dopo. Il criterio usato è che la stella più ad ovest visibile ad occhio
nudo appartenente ad una certa costellazione assume il numero 1 seguito
dal nome della costellazione e così via. Così facendo si supera il problema
della stima della luminosità e quella della limitatezza delle lettere
a disposizione.
La
stessa stella può avere perciò diversi nomi, per esempio Betelgeuse è
anche a Orionis e 58 Orionis.

Con l’avvento
del telescopio, ci si rese pure conto che in cielo, oltre alle stelle,
vi erano oggetti estesi dall’apparenza lattiginosa, che furono chiamati
nebulose. Il primo che ebbe l’idea di catalogarli fu Charles Messier,
un cacciatore di comete francese. Il suo lavoro consisteva nello scandagliare
il cielo tutte le notti serene alla ricerca di nuove comete; sfortunatamente
una cometa, quando è ancora debole perché distante dal Sole, appare come
un batuffolo irregolare assai simile ad una nebulosa, perciò Messier spesso
incappava in errori.
Decise perciò, sul finire del ‘700, di compilare un catalogo con tutte
le nebulose in cui si imbatteva, recante le coordinate dell’oggetto ed
una breve descrizione. Il suo catalogo racchiudeva 101 oggetti, estesi
a 110 dopo la sua morte. Oggi sappiamo che le “nebulose” di Messier sono
ammassi di gas della Via Lattea (che hanno mantenuto ancor oggi il nome
di nebulose), ammassi di stellari troppo deboli per poter distinguerne
le stelle singolarmente con gli strumenti dell’epoca e galassie. In realtà,
di “nebulose” in cielo ne esistono a migliaia, la maggior parte delle
quali troppo deboli per poter essere scorte con i telescopi dell’epoca
di Messier.

Alla fine
del secolo scorso si rese pertanto necessaria la compilazione di una nuovo
e più completo catalogo, denominato NGC (New General Catalogue), che racchiude
poco meno di 8000 oggetti, in seguito affiancato da due aggiunte denominate
IC (Index Catalogue) ed IC2. L’NGC e l’IC sono gli ultimi grandi cataloghi
realizzati in epoca pre-fotografica, semplicemente osservando il cielo
da occhio nudo ed annotando tutto quanto di apparenza non stellare si
veda. Essi presentano pertanto parecchie imprecisioni e omissioni.

In epoca
moderna, le stelle sono racchiuse in diversi cataloghi, i più recenti
e cospicui sono il GSC (Guide Star Catalogue), ottenuto analizzando al
computer le lastre fotografiche di tutto il cielo ottenute con un telescopio
del monte Palomar, che deve il suo nome al fatto che fu realizzato per
fornire un catalogo di riferimento necessario alla guida del telescopio
spaziale; l’USNO (Unates States Naval Observatory), anch’esso ottentuto
con la medesima tecnica di scansione di lastre fotografiche, ed i cataloghi
Hipparcos e Tycho, provenienti dalle misure eseguite dal satellite astrometrico
Hipparcos (dedicato, guarda caso, ad Ipparco, realizzatore del primo catalogo).

Per quanto
riguarda gli oggetti non stellari, sono stati realizzati cataloghi specifici
di pareticamente ogni categoria di oggetti celesti: di nebulose planetarie
(come per esempio il PK), di galassie (es. l’UGC), di nebulose oscure
(es. il catalogo di Barnard), ecc…
Alcuni cataloghi racchiudono categorie di oggetti molto ristrette, come
ad esempio quello di Arp che comprende i gruppi di galassie interagenti
o quello di Abell degli ammassi di galassie.
Vi sono infine cataloghi di sorgenti radioemittenti (come ad es. il 3C,
cioè il 3° catalogo realizzato all’università di Cambridge), sorgenti
infrarosse, ultraviolette, X, gamma, ecc… Oggi, per semplificare il lavoro
di catalogazione, si tende ad identificare ogni oggetto celeste semplicemente
con le sue coordinate celesti e con il nome del catalogo in cui compare,
così per es. la sorgente XTE J1819-254 è una sorgente di raggi X sita
al ascensione retta 18h 19m ed a declinazione -25,4°.