Sto facendo una tesina sui semiconduttori ed i transistori e vorrei avere qualche notizia sul funzionamento dei transistori, ossia come combinazioni di materiale drogato possano dare origine appunto ai transistori.

Il funzionamento fisico dei transistori non è di comprensione
immediata: è spiegato in dettaglio nei testi universitari di dispositivi
elettronici ma richiede una certa agilità nel trattare la fisica.

Cercherò di darti alcune idee fondamentali, con la premessa che
se volessi approfondire l’argomento, ti posso segnalare la “bibbia” in
tal senso: Muller – Kamins, “Device electronics for integrated circuits”,
ed. John Wiley & sons, che, come avrai capito, è pure in inglese.

Va premesso che di transistori ne esistono di due grosse famiglie: quelli
ad “effetto di campo” (i cosiddetti FET – Field Effect Transistor) che
funzionano sull’idea di modulare mediante un elettrodo isolato (il gate)
la corrente che può scorrere in un canale conduttivo di semiconduttore,
ed quelli “bipolari” (i BJT – Bipolar Junction Transistor), in cui si
sfruttano due giunzioni di semiconduttore differentemente drogato affacciate.
Dalla formulazione della tua domanda, mi pare di capire che sei interessato
ai secondi, perciò in seguito ti parlerò dei BJT.

Premetto prima brevemente qualche informazione sulle giunzioni semplici
(le cosiddette p-n), con la speranza che tu ne abbia già una certa
familiarità. In sostanza, nel materiale semiconduttore come il
silicio, appartenente al gruppo IV della tavola periodica degli elementi
e che quindi cristallizza su una struttura tetraedrica simile a quella
del diamante, è possibile introdurre delle piccole quantità
di atomi del gruppo III o del gruppo V, che ne alterano localmente la
struttura reticolare. In particolare, quelli del gruppo V presentano un
elettrone di legame in eccesso, che è reso così disponibile
per condurre corrente (ed il semiconduttore così trattato è
detto di tipo n, perché i portatori di carica sono di segno negativo),
quelli del gruppo III ne hanno invece uno in meno, e si può pensare
questa mancanza come un portatore di carica positiva (detto “lacuna” o
“buca”), in cui comportamento nel cristallo è simile all’elettrone,
eccetto che per la sua carica e la sua minore mobilità (di conseguenza
il materiale sarà detto di tipo p).
Se ora si accostano due cristalli differentemente drogati (in realtà,
quando si producono, si drogano successivamente due regioni del medesimo
cristallo puro) si ottiene una giunzione p-n. Nella regione di contatto,
gli elettroni del materiale n tendono a diffondere e ricombinarsi con
le lacune del p, spostando della carica (ricorda che in origine i materiali
drogati sono comunque neutri perché gli eccessi di elettroni o
lacune sono compensati dalle diverse cariche nucleari dei droganti); lo
spostamento della carica fa sì che si formi una regione di contatto,
detta “svuotata” o “di carica spaziale”, dove si ha un eccesso di elettroni
nella zona p e di lacune nella n; queste due zone si affacciano e formano
qualcosa di simile a un condensatore carico, in cui vi sono due piatti
carichi affacciati.
La giunzione p-n induce una barriera di potenziale tra i due materiali,
ovvero, da un punto di vista energetico, i portatori di carica vedono
come uno “scivolo” che impedisce loro di passare da una regione drogata
all’altra (ricorda che lo scivolo è “in salita” da entrambe le
parti perché cambia la carica dei portatori); se però si
pone una tensione positiva al materiale p e negativa all’n, il dislivello
si riduce ed una parte dei portatori mobili può diffondere verso
l’altra regione, cominciando a condurre corrente. Quello che abbiamo è
un diodo, nel quale devi porre una tensione positiva al catodo (zona p)
e negativa all’anodo (zona n) se vuoi che conduca, e la corrente condotta
è proporzionale a
dove VT vale 25mV e VAC è la tensione imposta.
Nel diodo si hanno due differenti correnti: una di elettroni, che scorre
dalla zona n alla p, ed una di lacune che fa il tragitto opposto.

Ora, un BJT è formato da tre regioni, n-p-n o p-n-p, affacciate.
Quella centrale è la base, mentre delle altre due una è
l’emettitore (la più drogata) e l’altra il colletore (la meno drogata).
Consideriamo, per esempio, il transistore n-p-n, tenendo presente che
per l’altro tutte le considerazioni sono altrettanto valide, scambiando
i portatori, le cariche ed i drogaggi. La giunzione base-emettitore funziona
esattamente come un diodo: devi polarizzarla con il p (la base) più
positivo dell’n (l’emettitore), in modo che cominci a condurre. Tieni
presente che la base è di solito meno drogata dell’emettitore,
perciò si ha una corrente di elettroni che scorre dall’emettitore
verso la base molto più massiccia di quella di lacune che esce
dalla base. Ora, ed il punto cruciale è questo, una volta che gli
elettroni hanno superato per diffusione la zona di carica spaziale e si
trovano in base, una piccola parte si ricombinerà con le lacune
che qui sono abbondanti, ma ora essi vedono un secondo scivolo, verso
il collettore, che per loro è in discesa, dato che verso il collettore
c’è un’altra zona n. Pertanto molti di loro tendono, per deriva
provocata dal potenziale favorevole, a muoversi verso il collettore, dove
vengono raccolti. Per favorire questo processo, bisogna rendere lo scivolo
il più ripido possibile, quindi bisogna polarizzare la giunzione
base-collettore in inversa, cioè con la base (p) più negativa
del collettore (n). Ti faccio notare che si ottiene così un funzionamento
controintuitivo, dato che siamo in presenza di una giunzione p-n polarizzata
in inversa che conduce corrente benissimo: la ragione è che i portatori
che provengono dalla base e che costituiscono suddetta corrente, non sono
i maggioritari della base stessa (che essendo lacune vedono lo scivolo
in salita), ma sono presi “in prestito” dell’emettitore.
Un altro risultato notevole, e che fa del transistore un dispositivo molto
utile come interruttore, è che la corrente che esce dal collettore
dipende da come abbiamo polarizzato la giunzione base-emettitore (cioè
in definitiva dalla VBE), quindi possiamo far scorrere corrente
da un morsetto del dispositivo indipendentemente dalla sua tensione, purché
essa rimanga più negativa della base (in realtà, è
ammessa anche una piccola tensione positiva, purché essa non sia
sufficiente ad “appiattire” lo scivolo di potenziale della giunzione).