Perchè la pianta Maclura pomifera viene anche comunemente chiamata “Moro degli Osagi”?

La Maclura pomifera (in passato nota anche come Maclura aurantiaca) è una pianta arborea originaria degli Stati Uniti, introdotta in Italia a scopo ornamentale o per realizzare siepi impenetrabili.

Talvolta viene coltivato all’interno dei parchi con risultati sorprendenti. La caratteristica che più colpisce di questo albero è la forma e le dimensioni del frutto: si tratta di un ammasso sferico, di diametro variabile dagli 8 ai 15 centimetri, verde e rugoso.

La denominazione comune di “Moro degli Osagi” (soprattutto in alcune zone della Toscana) si può spiegare in due passaggi:

1. La denominazione “Moro” è da ricondursi al fatto che questa pianta appartiene alla famiglia delle Moraceae. Alla stessa famiglia appartengono, oltre al ben noto fico comune (Ficus carica), anche il gelso (Morus alba e Morus nigra), il cui frutto viene comunemente detto “mora”. Ovviamente le “more” che tutti conosciamo, e con le quali si possono confezionare eccellenti marmellate, sono i frutti del rovo (Rubus ulmifolius) appartenente ad una famiglia differente: le Rosaceae. Anche il frutto della Maclura pomifera assomiglia ad una grande mora acerba..ma credo che nessuno potrebbe mai confoderla con una “vera” mora!

2. L’appellativo “degli Osagi” deriva dal fatto che questo albero era ben noto agli Indiani d’America, in particolare, sembra, alla tribù degli Osage, che ne utilizzavano il legno flessibile ed elastico per la costruzione di archi (e, per questo motivo, nel Lazio viene anche detto “legno d’arco”), e riuscivano a ricavare, sempre da quest’albero, un pigmento giallastro con il quale si tingevano il volto.

Per quanti non conoscessero la pianta, la Maclura pomifera è un albero di 6-15 metri, con spine acute, dioico (cioè con esemplari maschili separati da quelli femminili): le infiorescenze, sia quelle maschili che quelle femminili, sono sferiche con diametro di 2-3 centimetri.
Le foglie sono alterne, acuminate, coriacee e furono impiegate in passato anche nell’alimentazione del baco da seta (Bombyx mori), ma con risultati poco soddisfacenti.

Il frutto è molto grande, di consistenza legnosa, con una superficie verdastra e rugosa, e con succo lattiginoso. In realtà si tratta di un frutto multiplo (in particolare di un sorosio), cioè derivato dalla trasformazione di un’intera infiorescenza. Non è commestibile.

http://www.dipbot.unict.it/sistematica/0133a.html _________________________________________________________

bibliografia

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