In effetti, l’affermazione del tuo professore mi sembra eccessiva, probabilmente però (ma anche qui le mie perplessità rimangono) avrà voluto considerare un ecosistema in cui i cicli biogeochimici in esso operanti sono nel contempo globali e perfetti, quindi chiusi.
Riferendoci allo sviluppo di una foresta, dobbiamo valutare principalmente se possa configurarsi nell’ambito di una successione primaria, o secondaria.
Nel primo caso, si fa riferimento ad un insediamento “pioniero”, in cui cioè la biocenosi svolge un ruolo di colonizzatore in un biotopo mai stato popolato prima. I tempi di sviluppo saranno diversi, in base alle condizioni climatiche; in Alaska, la tundra si è sviluppata nell’arco di diversi millenni, mentre sulla lava di talune isole vulcaniche si è sviluppata la foresta pluviale nell’arco di qualche centinaio d’anni.
Nell’ambito di una successione secondaria, invece, cioè, nel caso che si instauri una nuova specifica biocenosi in un biotopo che è già stato popolato, ma la cui precedente vegetazione sia venuta a mancare in seguito a effetti climatici, geologici, o antropici, si può raggiungere uno sviluppo della foresta anche 10 volte più veloce rispetto alla successione primaria.
Ciò è dovuto all’attività minima, ma comunque presente e determinante, della precedente biocenosi, ad esempio, quella di molti organi di propagazione delle piante, quali radici o semi.
Piantina per rimboscimento
Da: http://www.parchilagomaggiore.it/querco.htm