Desidero avere informazioni tecniche sotto il profilo geologico relativamente agli smottamenti avvenuti i giorni scorsi in Campania nel territorio di Sarno.


Figura che illustra i vari tipi di frane.

Le frane di fango che hanno sconvolto il territorio campano rientrano
nella categoria degli smottamenti: si tratta della discesa gravitativa,
talvolta caotica, di materiali rocciosi, suoli argillosi e più o
meno incoerenti, lungo il versante di un rilievo montuoso o collinoso. 

Le cause sono da ricercarsi generalmente nell’imbibizione di acqua,
e la distruzione del manto vegetale ed il disboscamento possono risultare
un fattore determinante.

In queste frane per colata i movimenti e le deformazioni dei materiali
di degradazione, ed i detriti incoerenti, presentano un comportamento analogo
a quello dei fluidi viscosi. Si tratta di dissesti di portata varia, che
interessano materiali sia imbibiti d’acqua, sia secchi. Il distacco è
generalmente improvviso, il movimento da lento diventa rapido.

I segni premonitori della possibilità di tali eventi disastrosi
sono numerosi, e in genere, all’occhio di un geologo esperto, inequivocabili
e allarmanti. Purtroppo l’Italia, pur essendo un paese ad altissimo rischio

sismico ed idrogeologico, manca di una pur minima cultuta geologica,
per cui questi segni premonitori non vengono in genere considerati come
dovrebbero. 

Il territorio intorno a Sarno è caratterizzato da rilievi con
versanti pericolosamente ripidi, ricoperti di macchia mediterranea. Per
questa ragione si può escludere il disboscamento quale causa determinante
degli smottamenti del 4-5 maggio 1998. 

Piuttosto, le ragioni delle frane sono da ricercarsi principalmente
in due condizioni particolarmente sfavorevoli: da una parte la natura geologica
dei rilievi, con formazioni piroclastiche (in parte incoerenti o

pseudocoerenti, facilmente impregnabili da parte delle acque meteoriche)
associate a bancate calcaree inclinate, dall’altra l’elevata pendenza dei
versanti, che ha favorito il rapido scivolamento (o colamento) dei terreni
fangosi verso valle.

Inoltre l’ubicazione irrazionale ed imprudente dei centri abitati pedemontani
ha fatto in modo che essi venissero investiti inevitabilmente dai prodotti
dello smottamento. Alle condizioni sfavorevoli

sopra riportate si sono associate abbondanti piogge, che imbibendo
i terreni, ne hanno accentuato la plasticità producendo lo smottamento.

L’Italia del resto non è aliena a fatti del genere. Sono stati
raccolti dati dai quali emerge che nel periodo compreso tra il 1918 ed
il 1994 l’Italia è stata interessata da circa 17.186 eventi franosi
e gli archivi

hanno raccolto 7.178 informazioni relative a piene verificatesi nello
stesso lasso di tempo. Le informazioni in possesso si riferiscono ad oltre
15.000 località di cui 9.069 colpite da frane e 6.440 colpite da
piene. Esistono 2.578 località che sono state colpite da frane e
2.283 siti colpiti da

inondazioni almeno due volte. Il 66.8% dei comuni italiani sono stati
colpiti o da frane (47.6%) o da inondazioni (42.7%). 

Nella sola Campania sono stati segnalati 1.639 eventi franosi, i quali
hanno.interessato oltre cinquecento località. Inoltre sono state
segnalate circa 350 inondazioni. Gli eventi, ripartiti per provincia, sono
stati: Avellino (445 frane, 37 inondazioni); Benevento (236 frane, 50 inondazioni);
Caserta (67 frane, 84 inondazioni); Napoli (410 frane, 90 inondazioni);
Salerno (463 frane, 88 inondazioni). 

Per quel che riguarda in particolare la zona intorno a Sarno (Salerno)
già a partire dai primi anni sessanta sono stati osservati fenomeni
franosi: nel 21 febbraio 1963 viene descritta una frana che si stacca dalla
collina sovrastante la cittadina. Le cause sono individuate nelle piogge
abbondanti

che hanno interessato tutta la regione e che, tra l’altro, hanno provocato
l’esondazione del Fiume Sarno. Un altro evento fu registrato il 9 gennaio
1968 (ci fu una vittima). Il movimento franoso venne descritto come una
colata di terra, con velocità molto rapida. Le cause innescanti
vennero attribuite ancora una volta alle abbondanti piogge che interessarono
gran parte dell’Italia meridionale ed allo stato di saturazione del terreno,
interessato da una profonda alterazione. Il 18 giugno del 1993 vengono

segnalati fenomeni di subsidenza (abbassamento progressivo di una regione)
correlati alla captazione delle acque di falda. Venne anche denunciata
una situazione di preoccupante instabilità nella zona pedemontana,
interessata da discariche abusive, cave, fenomeni di intensa erosione,
vaste aree

disboscate: tutte queste situazioni furono ritenute tali da poter favorire
l’innesco di numerose frane.

Nell’abitato di Bracigliano (Sa) a 320 metri di quota nella valle del
Sarno, a partire dal 1992 furono raccolte diverse notizie relative ad eventi
di frana.

Nell’ottobre del 1992, sempre lungo la valle del Sarno, vennero segnalate
diverse frane, le quali causarono ingenti danni alla viabilità;
questi fenomeni furono predisposti a seguito di intense precipitazioni
estese a tutto il salernitano. Un secondo evento di frana fu riportato
il 27 dicembre del 1993; in questo caso si ebbe l’interruzione della viabilità:
le cause furono ricercate ancora una volta nelle intense precipitazioni
che interessarono l’intera provincia di Salerno. Dai dati storici disponibili
emerge che l’area è storicamente soggetta a dissesti, alcuni dei
quali si sono verificati con tipologie simili a quelli occorsi nel maggio
di quest’anno. 

Nell’ottobre del 1954 il salernitano fu interessato da un rovinoso
evento di piena a causa del quale persero la vita oltre 290 persone (tra
morti e dispersi). In precedenza si registrarono oltre cinquecento millimetri
di pioggia, il valore più altro da diverse decine di anni. Gli studiosi
stanno attualmente cercando analogie tra la sciagura di salerno del 1954
e quella di Sarno di qualche settimana fa. Per l’area colpita, infatti,
i cataloghi storici non contengono informazioni relative ad eventi di intensità
ed estensione paragonabili a quelle verificatesi di recente. La mancanza
di fenomenologie franose recenti (e quindi di una memoria diretta di disastri
di questo genere) può spiegare l’incuria con la quale è stata
diretta

l’urbanizzazione alle pendici dei rilievi collinari nei quali si sono
innescati gli smottamenti. 

Questi dati sono tratti dal sistema informativo del GNDCI (Gruppo Nazionale
di Difesa dalla catastrofi Idrogeologiche) del CNR.