Nella replicazione della lagging strand, la DNA polimerasi eucariotica non è in grado di rimuovere i primer, richiedendo l’intervento della endonucleasi FEN. Due meccanismi coinvolgono l’azione di questa proteina: il ”modello dell’orecchio” e il ”modello della RNasi H”. Vorrei sapere in cosa consistono tali modelli. Grazie

Per rispondere esaurientemente a chi pone questa domanda piuttosto tecnica, senza correre il rischio di scoraggiare altri lettori, sarebbe necessario introdurre alcuni concetti basilari sul meccanismo di replicazione del DNA e sulle proprietà degli enzimi ivi coinvolti. Al fine però di evitare inutili ripetizioni, rimando alle seguenti risposte recentemente pubblicate da alcuni nostri esperti:
 
Vi si possono trovare, chiaramente descritti, la struttura del DNA, le caratteristiche della DNA polimerasi, i concetti di attività nucleasica ed il meccanismo di replicazione discontinua del materiale genetico.
 
Poichè la domanda concerne la replicazione del cosiddetto “filamento ritardato” (o lagging strand) del DNA, è inoltre utile integrare le informazioni generali, fornite nei link riportati sopra, con una breve introduzione più focalizzata agli eventi che si susseguono durante la replicazione di quest’ultimo.
 
Il “filamento ritardato” del DNA viene sintetizzato in piccoli pezzi di circa 180 nucleotidi (frammenti di Okazaki) che vengono poi uniti fra loro a formare un filamento continuo di DNA. La sintesi di ciascun frammento di Okazaki è iniziata dalla DNA polimerasi alfa/primasi, la quale produce una breve sequenza (in inglese “primer”) di circa trenta paia di basi, dieci delle quali costituite da RNA (acido ribonucleico) ed il resto da DNA (acido deossi-ribonucleico). Il fattore di replicazione C (RF-C) riconosce questo primer misto RNA/DNA e vi si lega, provocando il distacco della DNA polimerasi alfa/primasi. A questo punto, la DNA polimerasi delta, aiutata dalla proteina PCNA (Proliferating Cell Nuclear Antigen), si lega al primer RNA/DNA e continua la sintesi del resto del frammento di Okazaki (figura 1).
 
 
 
 Questo scambio fra la DNA polimerasi alfa/primasi e la DNA polimerasi delta prende il nome di “scambio delle polimerasi” (in inglese “polymerase switch”) e rappresenta un evento fondamentale per la salvaguardia del patrimonio genetico cellulare.
La DNA polimerasi alfa/primasi è l’unica polimerasi in grado d’iniziare dal nulla la sintesi di una catena di DNA, ma è anche un enzima a “bassa fedeltà” che non possiede l’attività esonucleasica 3’-5’, necessaria per rimuovere nucleotidi erroneamente incorporati nella nascente catena di DNA. La DNA polimerasi alfa/primasi rischia dunque d’introdurre cambiamenti indesiderati nella sequenza del DNA da essa sintetizzato. Al contrario, la DNA polimerasi delta è un enzima ad “alta fedeltà”, che è in grado di riconoscere i nucleotidi erroneamente introdotti e di rimuoverli grazie alla propria attività esonucleasica 3’-5’. Lo scambio fra polimerasi ha dunque lo scopo di minimizzare gli errori, garantendo che la maggior parte del frammento di Okazaki sia sintetizzato dalla polimerasi ad alta fedeltà.
 
Ricapitolando, circa 150 dei 180 nucletidi di un frammento di Okazaki vengono sintetizzati dalla polimerasi delta, mentre solo i trenta iniziali dalla polimerasi alfa/primasi. Di questi trenta, i primi dieci sono costituiti da RNA, che deve essere necessariamente rimosso per garantire l’omogeneità del cromosoma (solo il DNA può costituire i cromosomi), mentre la ventina seguente, pur essendo costituita da DNA, potrebbe contenere errori accidentalmente introdotti dalla polimerasi alfa/primasi. La cellula corregge entrambi questi difetti “tagliando” il materiale genetico sintetizzato dalla DNA polimerasi alfa/primasi grazie all’azione concertata di più nucleasi, vere e proprie “forbici” in grado di rimuovere pezzi di acidi nucleici (vale qui forse la pena ricordare la differenza fra i due tipi di nucleasi: l’endonucleasi rimuove brevi frammenti tagliando all’interno della catena di acido nucleico (RNA o DNA), mentre l’esonucleasi rimuove i nucleotidi ad uno ad uno, partendo dall’estremità della catena stessa). Il materiale genetico tagliato viene poi sostituito con DNA sintetizzato dalla DNA polimerasi delta ad alta fedeltà.
Attualmente, non si conosce con certezza il meccanismo preciso di questi ultimi eventi. Per provare a dare un senso ai risultati ottenuti in laboratorio, sono stati proposti due modelli principali.
  1. Nel modello “classico” (o dell’RNAsi H1), la DNA polimersi delta, giunta alla sintesi dell’estremità 3’ di un filamento di Okazaki, si “scontra” l’estremità 5’ del filamento di Okazaki immediatamente adiacente, che è ancora costituita dal primer misto RNA/DNA sintetizzato dalla DNA polimerasi alfa/primasi (figura 2). Lo “scontro” fra il corpo della DNA polimerasi delta ed il primer RNA/DNA fa sì che quest’ultimo venga “scalzato” dalla catena di DNA a cui era appaiato (per intenderci, un po’ come la collisione fra due treni che percorrono lo stesso binario risulta nel deragliamento di uno dei due convogli). Il primer RNA/DNA è ora “un’appendice” (in inglese “flap”) a singola catena e come tale può essere attaccato dall’endonucleasi RNAsi H1, che lo taglia appena un ribonucleotide prima della giunzione fra RNA e DNA. L’ultimo ribonucletide viene rimosso grazie all’attività esonucleasica dell’endonucleasi Flap-1 (o FEN-1). Secondo alcuni ricercatori, FEN-1 sarebbe inoltre capace d’individuare nucleotidi sbagliati eventualmente incorporati dalla DNA polimerasi alfa/primasi nella porzione a DNA del primer e, solo in questo caso, rimuoverebbe anche questo tratto di DNA grazie alla sua attività endonucleasica. Dopo lo “scontro”, la DNA polimerasi delta continua ad allungare il filamento di Okazaki che stava sintetizzando fino a raggiungere la nuova estremità 5’ del frammento di Okazaki adiacente, accorciata dall’azione di RNAsi H1 e FEN-1. A questo punto i due frammenti di Okazaki possono essere legati fra loro grazie all’enzima DNA ligasi.

Le osservazioni che:
a) cellule prive di RNAsi H1 e di FEN-1 sono in grado comunque di completare la maturazione dei filamenti di Okazaki;
b) la presenza dell’endonucleasi Dna2 è essenziale per la replicazione del filamento ritardato del DNA e per la sopravvivenza della cellula hanno portato all’elaborazione di un secondo modello, che differisce solo in parte rispetto al precedente:

 
  1.  Quando, in seguito allo scontro con la DNA polimerasi delta il primer RNA/DNA viene scalzato dalla catena di DNA a cui era appaiato, esso viene immediatamente legato dalla Proteina di Replicazione A (o RPA, acronimo dell’inglese Replication Protein A). La RPA ha il duplice compito di limitare ai soli trenta nucleotidi del primer il tratto di DNA “flap” a singola elica prodotto (sarebbe infatti controproducente se lo scontro con la DNA polimerasi delta “srotolasse” una porzione troppo lunga del frammento di Okazaki), nonché di favorire il legame al “flap” della endonucleasi Dna2. La Dna2 rimuove, grazie alla sua attività endonucleasica, la maggior parte del “flap”, lasciandone solo cinque-sette nucleotidi (figura 3). Un “flap” così corto non è più in grado di mantenere legata la RPA, che se ne distacca. A questo punto l’endonucleasi FEN-1 può legarsi al “flap” completandone il taglio. Come già descritto sopra, la parte di DNA rimossa viene risintetizzata dalla DNA plomerasi delta ed i due frammenti di Okazaki vengono quindi legati dalla DNA ligasi.

    È importante notare come, in quest’ultimo modello, FEN-1 possa essere sostituita all’occorrenza da altre endonucleasi quali ExoI o dalla stessa Dna2. Si calcola infatti che, a livello cellulare, almeno la metà dei frammenti di Okazaki vengano rimaneggiati da un meccanismo indipendente dall’azione di FEN-1. Ciò non deve sorprendere: sviluppare più soluzioni indipendenti per lo svolgimento di un’unica attività essenziale alla sopravvivenza non è inconsueto per gli organismi viventi… un po’ come viaggiare con la ruota di scorta!

 
Per chi volesse ulteriormente approfondire l’argomento (in inglese):

Maga et al. (2001) Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 98, 14298-14303
Ayyagari et al. (2003) J. Biol. Chem. 278, 1618-1625
Hwan Jin et al. (2003) J. Biol. Chem. 278, 1626-1633
Rumbaugh et al. (1999) J. Biol. Chem. 274, 14602-14608
Murante et al. (1998) Proc. Natl. Acad. Sci. USA 95, 2244-2249
Bae et al. (2000) J. Biol. Chem. 275, 38022-38031
Qiu et al. (1999) Mol. Cell. Biol. 19, 8361-8371
Hubscher & Seo (2001) Mol. Cells 12, 149-157