Tanto più ci si spinge nell’ osservazione dell’ universo profondo tanto più si indaga sul passato dell’ universo stesso. A parte i problemi tecnologici per la costruzione di telescopi sempre più potenti, teoricamente fin dove ci si potrà spingere?

Dal punto
di vista dell’osservazione in ottico, sembra che i confini dell’Universo
siano già stati raggiunti. Una analisi statistica del celebre “Hubble
Deep Field
” vale a dire la ripresa più profonda mai effettuata nella
storia dell’astronomia (dieci giorni di posa in una porzione di
cielo nell’Orsa Maggiore libera da stelle) avrebbe mostrato che non c’è altro da osservare.

L’idea su
cui si basa lo studio di Michael Vogeley, dell’Osservatorio dell’Università
di Princeton, e’ che se ad un frammento dell’immagine HDF (sopra a sinistra)
sottraiamo gli oggetti presenti in essa, vale a dire le galassie, otteniamo
un’immagine (a destra, con luminosità amplificata di un fattore dieci)
che mostra la luce che proviene da ciò che sta ancora più lontano. Se
le fluttuazioni di luminosità residua sono elevate, allora esistono strutture
ancora più lontane. Dato però che le fluttuazioni sono contenute entro
una parte su mille, molto probabilmente questo è tutto ciò che possiamo
vedere nelle lunghezze d’onda della luce visibile. Naturalmente potrebbe
esserci dell’altro a lunghezze d’onda superiore, vale a dire nell’infrarosso,
ma sarà un telescopio della prossima generazione a rivelarcelo.

Le vie per
andare ancora più lontano nel cammino a ritroso della Storia dell’Universo
sono affidate alle osservazioni in microonde e alla fisica delle particelle.

Infatti
la famosa radiazione fossile a 2,75°K individuata nel 1965 da Penzias
e Wilson rappresenta una sorta di “eco” del Big Bang quando l’Universo
aveva solo 100.000 anni ed aveva un orizzonte di circa un chilometro.
Prima di allora l’Universo era completamente opaco: infatti a causa dell’elevata
temperatura gli elettroni non riuscivano a rimanere legati agli atomi
e tutte le radiazioni emesse venivano deviate e assorbite dagli elettroni
liberi. Quando però si sono formati gli atomi l’Universo è divenuto trasparente
e la luce si è potuta diffondere. Questa luce, enormemente spostata verso
il rosso a causa dell’espansione dell’Universo, è presente ancora oggi
sotto forma di radiazione fossile. Il satellite scientifico COBE (COsmic
Background Explorer) ha effettuato una misurazione accurata dei parametri
di questa radiazione fossile ed ha stimato che è omogenea ed isotropa
entro una parte su centomila. Dunque a quell’epoca l’Universo si trovava
in uno stato eccezionalmente uniforme, da qui la difficoltà di spiegare
come si sono originate le disomogeneità, vale a dire le galassie, gli
ammassi e i superammassi di galassie in un tempo così breve. Questa è
l’ultima osservazione possibile dell’Universo, non si può andare oltre
a causa del muro impenetrabile dell’opacità dell’Universo.

Per risalire
ancora più indietro ci si avvale allora di esperimenti di fisica delle
particelle per verificare le teorie che attualmente sostengono il modello
standard: le rotture spontanee di simmetria, l’unificazione delle forze
fondamentali. Grazie a questi contributi i cosmologi risaligono al cosiddetto
tempo di Planck ovvero a 5,4*10-44 secondi!

Per saperne
di più, una buona lettura è il classico I primi tre minuti di S.
Weinberg.

 

  1. Affascinante ed interessante. Peccato manchi la data di pubblicazione della risposta, credo sia utile nell’ottica di eventuali aggiornamenti sul tema. Grazie alla Wayback Machine di Internet Aarchive (archive.org) so solo che questa risposta non e’ piu’ nuova del 10 agosto del 2007.