Vorrei chiarimenti sul metodo (che leggo essere stato di “parallasse equatoriale orizzontale”) impiegato da Cassini per stimare nel XVII secolo la distanza dei pianeti, e di Marte e Venere in particolare. Mi interessano, in particolare, i presupposti fisico-matematici (raggio della Terra, distanza Terra-Sole etc. allora stimati) ed i risultati ottenuti (distanze medie, approssimazioni calcolate etc.).

Quello di
parallasse equatoriale orizzontale è stato l’unico metodo disponibile,
fino all’avvento della tecnologia radar (seconda metà del ‘900), per stabilire
le distanze dei corpi celesti all’interno del Sistema Solare. Esso è fondamentale
anche perché la distanza media Terra-Sole (cioè l’unità astronomica) serve
come base per la misura delle distanze stellari e dunque per fissare le
dimensioni di tutti gli oggetti astronomici.
Si compone di due parti ben distinte, ciascuna delle quali con problemi
tecnologici non indifferenti da superare, ma in teoria è estremamente
semplice: la 3a legge di Keplero stabilisce la proporzionalità tra il
cubo delle distanze medie dei pianeti dal Sole ed il quadrato dei loro
periodi orbitali; se perciò si riesce a misurare con sufficiente precisione
questa costante di proporzionalità e almeno uno dei due valori per ciascun
pianeta, l’altro si ricava in modo banale.
Ora, la misura del periodo orbitale può essere stabilita con notevole
precisione per tutti i pianeti semplicemente da osservazioni telescopiche,
dunque basta calcolare la distanza media Terra-Sole per ricavare la costante
di proporzionalità richiesta, dato che il periodo orbitale della Terra
è semplicemente 1 anno.

La distanza
del Sole si misura con la tecnica della parallasse equatoriale, che consiste
nell’osservare il Sole da due punti della Terra e calcolare la differenza
di prospettiva sotto la quale esso si presenta, a causa della distanza
dei due osservatori. Questo metodo richiede naturalmente di conoscere
con esattezza la distanza dei due osservatori; inoltre, così come l’ho
descritto è inservibile perché, a causa delle elevate dimensioni angolari
e della turbolenza atmosferica è impossibile misurare con sufficiente
precisione la posizione del lembo solare, tanto più che di giorno non
si vedono le stelle e dunque non si hanno punti di riferimento sufficientemente
fissi e precisi.

Veniamo
dunque al primo problema, che è quello della misura della distanza dei
due osservatori. Essa si potrebbe in teoria compiere con tecniche di triangolazione,
ma per avere una sufficiente precisione nell’applicazione della parallasse
sul Sole, che è distante decine di migliaia di volte il raggio terrestre,
è necessario che i due osservatori siano posti il più distante possibile,
per cui misure trigonometriche, in assenza di satelliti, risultavano impossibili
da una parte all’altra del globo all’epoca di Cassini.
Ciò che si può invece fare è sfruttare l’idea avuta da Eratostene nel
III secolo a.c.: si misura con la triangolazione la distanza di due luoghi
della Terra situati sul medesimo meridiano e posti ad alcune decine di
km. di distanza, quindi si osserva da essi il transito di una medesima
stella e si misura l’altezza sull’orizzonte a cui esso avviene. La differenza
d’altezza nelle due misure equivale all’angolo sulla superficie terrestre
che le due località sottendono. A questo punto, noto l’angolo e la lunghezza
della corda, si ricava il raggio della sfera terrestre.
E’ giusto dell’epoca di Cassini la prima misura moderna di questo tipo,
condotta da Jean Picard nel 1669, che dette un valore di 40.036 km. per
la circonferenza della Terra (oggi si sa essere di 40.075 quella equatoriale
e 39.941 quella polare).
Note le dimensioni della Terra, ci si pone in due punti molto più distanti
e si esegue la misura al contrario: misurando il transito di una stella
si risale alla distanza degli osservatori.

A questo
punto, ora che sappiamo la distanza degli osservatori, possiamo finalmente
eseguire la parallasse per misurare la distanza del Sole. Come ti avevo
già anticipato, però, la cosa è praticamente impossibile da realizzare.
Cassini pensò però di ricostruire la misura in modo indiretto, misurando
la distanza dei pianeti vicini. L’idea è pressappoco la seguente: i pianeti
sono visibili di notte, in mezzo alle stelle, e sono abbastanza piccoli
da poter misurare con buona precisione la posizione del loro centro rispetto
alle stelle, senza dover eseguire complesse misurazioni assolute rispetto
all’orizzonte terrestre; inoltre Marte e Venere passano più vicini alla
Terra del Sole, quindi la misura potrà essere anche più precisa.
I due osservatori calcoleranno dunque la posizione esatta dei pianeti
rispetto alle stelle nello stesso istante, la quale risulterà diversa
a causa della differente prospettiva dalla quale osservano; la differenza
angolare tra le due misure è proporzionale alla distanza dei due osservatori
ed alla distanza del pianeta da essi. La complicazione che si aggiunge
è che ne’ la Terra ne i pianeti sono fermi nel Sistema Solare, quindi
si dovrà conoscere anche la forma delle orbite planetarie e la posizione
occupata dai pianeti lungo l’orbita al momento della misura. Ciò fatto,
sarà possibile ricavare la distanza dal Sole sia della Terra che degli
altri pianeti. Fu propriamente questo ciò che fece Cassini nel 1672, ricavando
per l’unità astronomica una misura di 22.000 raggi terrestri, cioè circa
140 milioni di km. (contro i 149 milioni e 600mila oggi noti).

E’ interessante
notare come il metodo della parallasse equatoriale orizzontale fu l’unico
praticabile fino al 1961, quando venne sostituito da quello della misura
del tempo di ritorno dell’eco radar. L’ultima grande misura col “vecchio”
metodo fu approntata nel 1931, quando l’asteroide Eros passò relativamente
vicino alla Terra e diede la possibilità di migliorare le misure precedentemente
compiute.