Come mai il gesso stride sulla lavagna?

Il gesso per lavagna è carbonato di calcio, formato da miliardi di scheletri di Foraminiferi (esseri unicellulari con esoscheletro calcareo), da conchiglie o da scheletri di piccoli animali marini.

Quando scrivi alla lavagna con il gessetto senti un rumore acuto e fastidioso, infatti sfregando il gesso sulla lavagna (cioè scrivendo), si mettono in vibrazione le sue molecole. Si creano nel gessetto onde stazionarie con una frequenza f, direttamente proporzionale alla velocità v e inversamente proporzionale alla lunghezza L del gessetto (che funge da tubo sonoro).

f=(nv)/(2L)

Il termine n detto anche autofrequenza deve assumere valori interi: 1,2,3 etc..
Si ha quindi l’emissione di un suono acutissimo, il livello del rumore è modesto ma con una frequenza che disturba, al limite del campo delle frequenze udibili.

Se si spezza il gessetto il rumore scompare. Spezzandolo infatti se ne diminuisce la lunghezza e la frequenza del suono aumenta in modo tale da superare i limiti di udibilità. Quindi l’orecchio non viene più stimolato e non “sente” il suono.

Qui c’è un sito che si occupa dell’orecchio, di come sente ed elabora i suoni.
http://www.tron.vi.it/Jimi%20Hendrix/recchia.htm

Per completare la risposta: lo stridere del gesso sulla lavagna può essere ricondotto al caso più generale del problema delle oscillazioni intrattenute dall’attrito (il più classico esempio è quello dell’archetto del violino). In molti casi la dipendenza dell’attrito dalla velocità (relativa) tra una massa m ed un piano ha l’andamento qualitativo illustrato in Figura 1.

Nel primo tratto l’attrito decresce fino ad un valore minimo per una velocità vo poi aumenta nuovamente.

Con riferimento alla Figura 2 un nastro ruota a velocità costante per mezzo di due rulli. La massa è trascinata verso destra (velocità relativa massa/nastro nulla) fino a quando la forza elastica della molla vince la forza di trascinamento e richiama indietro la massa. In questa fase la velocità relativa massa/nastro cresce e l’attrito diminuisce fino a che la massa, superata la posizione iniziale di equilibrio, diminuisce la sua velocità fino a fermarsi (rispetto al nastro). La massa è così ri – agganciata e il processo si ripete.

È possibile scrivere l’equazione del moto dimostrando che questa è una equazione lineare (non omogenea) del secondo ordine (equazione delle oscillazioni smorzate o amplificate a seconda della pendenza delle rette in Figura 1). Il modello di Figura 2 spiega così un certo numero di aspetti fenomenologici di oscillazioni intrattenute dall’attrito. Ad esempio la funzione della colofonia sull’archetto da violino che consente di avere un “giusto” attrito sulle corde o la vecchia tecnica di intrattenere vibrazioni longitudinali su una sbarra metallica strofinando la stessa con le dita umettate di alcool e colofonia fino ad ottenere vibrazioni in grado di fornire suoni molto intensi e di frequenza determinata dalla condizione di risonanza della sbarra stessa.

Per un approfondimento più operativo di questa seconda parte si riporta un recente riferimento bibliografico: M. Denny, “Stick-slip motion: an important example of self-excited oscillation”, Eur. J. Phys. 25, 311-322 (2004).

Nel primo tratto l’attrito decresce fino ad un valore minimo per una velocità vo poi aumenta nuovamente.

Con riferimento alla Figura 2 un nastro ruota a velocità costante per mezzo di due rulli. La massa è trascinata verso destra (velocità relativa massa/nastro nulla) fino a quando la forza elastica della molla vince la forza di trascinamento e richiama indietro la massa. In questa fase la velocità relativa massa/nastro cresce e l’attrito diminuisce fino a che la massa, superata la posizione iniziale di equilibrio, diminuisce la sua velocità fino a fermarsi (rispetto al nastro). La massa è così ri – agganciata e il processo si ripete.

È possibile scrivere l’equazione del moto dimostrando che questa è una equazione lineare (non omogenea) del secondo ordine (equazione delle oscillazioni smorzate o amplificate a seconda della pendenza delle rette in Figura 1). Il modello di Figura 2 spiega così un certo numero di aspetti fenomenologici di oscillazioni intrattenute dall’attrito. Ad esempio la funzione della colofonia sull’archetto da violino che consente di avere un “giusto” attrito sulle corde o la vecchia tecnica di intrattenere vibrazioni longitudinali su una sbarra metallica strofinando la stessa con le dita umettate di alcool e colofonia fino ad ottenere vibrazioni in grado di fornire suoni molto intensi e di frequenza determinata dalla condizione di risonanza della sbarra stessa.

Per un approfondimento più operativo di questa seconda parte si riporta un recente riferimento bibliografico: M. Denny, “Stick-slip motion: an important example of self-excited oscillation”, Eur. J. Phys. 25, 311-322 (2004).