Con il nome di telerilevamento multispettrale si indica la rivelazione attiva o passiva di parametri ambientali effettuata tramite diversi sensori capaci di operare a diverse frequenze. Il termine in realtà è generico, potendo riferirsi sia al rilevamento a microonde (nell’infrarosso) che nel visibile o nell’ultravioletto; sebbene queste tecniche siano molto simili da un punto di vista concettuale, dal punto di vista costruttivo e operativo possono essere molto diverse tra loro, e ciò a causa dei diversi modi di interazione tra la radiazione elettromagnetica e la materia al variare della lunghezza d’onda.
La “misurazione” di una grandezza a più lunghezze d’onda (la lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla frequenza e caratterizza ogni radiazione ) può rivelarsi molto utile in molte situazioni: utilizzando poi un opportuno modello matematico in sede di analisi dati può servire a compiere misurazioni indirette di molte grandezze fisiche. È un po’ come la visione a colori rispetto ad una visione in bianco e nero. Essenzialmente nel telerilevamento atmosferico le quantità misurabili con tecniche multispettrali sono : profili di temperatura atmosferica, densità dei componenti gassosi e in sospensione, presenza e proprietà delle nubi. Il coinvolgimento di diversi canali può essere sfruttato essenzialmente in due modi:
1. Poichè lo spettro (intensità al variare della frequenza) della radiazione emessa da un qualsiasi corpo ad una temperatura superiore allo zero assoluto dipende dalla temperatura, se si osserva on oggetto con un “occhio” capace di misurare l’emissione a varie frequenze si può stabilire la temperatura dell’oggetto in questione.
2. Disponendo di due frequenze vicine, una centrata su una banda di assorbimento di un composto e l’altra in prossimità si può determinare la concentrazione di quest’ultima dal raffronto tra i due canali e la conoscenza della “sezione d’urto” del processo. (tecniche di “assorbimento differenziale” ).
A partire da questi due concetti è possibile calcolare dunque diverse grandezze molto interessanti. Ad esempio, osservando i sistemi nuvolosi si può misurare la temperatura della sommità delle nubi; combinando queste informazioni con quelle ottenute nel visibile si possono trarre molte più informazioni sulla struttura della perturbazione.
Da misure di radianza nell’infrarosso a diverse lunghezze d’onda si può ricavare il profilo di temperatura dell’atmosfera, con algoritmi che tengono conto del trasporto della radiazione in atmosfera nonché opportune approssimazioni. In totale, comunque, si ottengono dei profili che non si discostano dai valori veri per più di 2 °C. Una volta noti sia il profilo di temperatura che la brillanza della sommità delle nubi, è facile calcolare la loro altezza sul livello del mare.
Accenniamo poi al fatto che sensori posti su satellite e operanti nel visibile e nell’ultravioletto possono poi fornire i profili di concentrazione di numerose specie chimiche come l’ozono e altri costituenti atmosferici a partire da misure di retrodiffusione della luce solare.