Secondo i modelli di universo elaborati da Aleksandr A. Friedmann, fondati sulle equazioni di campo formulate da Einstein, si hanno le seguenti situazioni possibili: 1) Se la densità media della materia nell’Universo è minore o uguale rispetto ad una certa densità critica, allora l’Universo è aperto e spazialmente infinito (e naturalmente illimitato). 2) Se la densità è maggiore, allora esso è finito (in quanto lo spazio risulta incurvato su se stesso a causa dell’intenso campo gravitazionale), ma illimitato (in quanto non presenterebbe né confini, né centro, come la superficie di una sfera). Poiché in ogni caso si fa risalire l’origine dello spazio-tempo al Big Bang e l’Universo viene descritto nelle prime fasi di vita come puntiforme, come è possibile che da un punto esso, nella sopracitata ipotesi 1) si sia espanso sino a diventare infinito? In altre parole, dato che l’espansione è iniziata ad un certo punto e da allora è passato un tempo finito (15-20 miliardi di anni), avrebbe dovuto espandersi ad una velocità infinita per essere spazialmente infinito: come è possibile?


Bisogna stare attenti a capire bene cosa significa che “l’Universo si
espande”. Quel che accade è che, fissati due punti, la loro distanza
aumenta progressivamente nel tempo; questo non perché esiste una
qualche interazione tra di loro, quanto piuttosto perché lo spazio
stesso in mezzo a loro si dilata, si stira. Si può fare un paragone con
un palloncino che si gonfia: siccome la gomma (lo “spazio”) si espande,
la distanza tra i punti sulla superficie cresce in proporzione. Ma
attenzione a non andare troppo oltre con il paragone: il palloncino è
chiaramente uno spazio finito, e man mano che si espande anche il suo raggio varia nel tempo, con una certa velocità.

Al
contrario, uno spazio aperto, e quindi infinito, rimane tale ad ogni
istante, anche se la distanza tra i punti contenuti al suo interno si
riduce andando a ritroso nel tempo. Per fare un esempio, consideriamo
una linea retta, e disponiamo su di essa, ad intervalli regolari, una
serie di palline. Siccome la retta è infinita, anche il numero di
palline è infinito. Se ora la distanza media tra le palline viene fatta
diminuire, la retta rimane comunque infinita! Un po’ impropriamente,
potremmo dire che la dimensione della retta è determinata dalla
distanza dalla pallina più lontana. Siccome c’è posto per un numero
infinito di palline, e ciascuna è separata da una distanza finita, la
retta si mantiene sempre infinita.
Al contrario, se l’Universo
fosse chiuso, la distanza dalla pallina più lontana sarebbe finita, e
diminuirebbe andando a ritroso nel tempo; in questo caso si potrebbe
effettivamente dire che la dimensione dello spazio diminuisce. Questo
si comprende bene continuando l’analogia con il palloncino.

In
realtà, la progressiva riduzione delle distanze porta a densità via via
più elevate. Ad un certo punto si raggiungono condizioni fisiche
estreme, e la fisica che governa questi regimi ci è tuttora ignota. In
particolare, gli effetti della Relatività Generale e della Meccanica
Quantistica si combinano, rendendo gli stessi concetti di spazio e
tempo mal definiti. In questa situazione, la domanda non è più: “Cosa
succede all’istante del Big Bang?”, quanto piuttosto: “Avvicinandosi ad esso, cosa accade dello spazio e del tempo?”.

Infine,
giusto per completezza, secondo le stime più recenti l’età
dell’Universo è pari con buona precisione a 13.7 miliardi di anni.