A scuola si insegna che il concetto di insieme costituisce il fondamento dell’intera matematica. Quello che non capisco è come mai un concetto ritenuto così fondamentale è stato scoperto solo in tempi molto recenti nella storia della matematica (da quanto ho letto verso la metà dell’ottocento da Cantor). Come mai i matematici hanno impiegato tanto tempo per scoprire una nozione considerata poi così basilare?

Credo che un’esauriente risposta alla domanda possa essere
fornita dalle seguenti due citazioni, la prima delle quali è tratta
dal libro La Matematica del Novecento di Piergiorgio Odifreddi e la
seconda dalla tesi di Giulio Giorello.

Che su di essi [gli insiemi] si potesse fondare
l’intero edificio fu la grande scoperta di G. Cantor a cui egli
arrivò con motivazioni puramente matematiche, legate allo studio di
problemi di analisi classica. Con motivazioni diverse, legate cioè al
tentativo di mostrare come i concetti e gli oggetti matematici fossero nella
loro essenza più profonda, di natura puramente logica, anche Gottlob
Frage aveva sviluppato un suo approccio equivalente a quello di Cantor, e che
oggi va sotto il nome di teoria ingenua degli insiemi


(Piergiorgio Odifreddi, La Matematica del Novecento,
Einaudi Editore)

Per Leibniz e per i matematici del sec. XVIII l’idea
di una relazione funzionale era più o meno identificata con
l’esistenza di una semplice formula matematica che doveva esprimere appunto
l’esatta natura della relazione. Inoltre si pensava la funzione di una
variabile come una funzione rappresentabile da una curva che forma un tratto
continuo, functio continua, per dirla con Buler. È solo nel
sec. XIX che si ha un.ampia generalizzazione del concetto di funzione
[..] Dirichlet (1805-1859) fu portato ad estendere successivamente il
concetto di funzione e a prospettare, se non formulare esplicitamente, il
concetto generale di funzione come corrispondente univoca. Le indagini di
Dirichlet furono riprese da Riemann (1826-1850), per culminare con Henkel
(1839-1873), nella edificazione della moderna teoria della funzioni di
variabile reale. Le motivazioni matematiche alla teoria degli insiemi per
Cantor si inseriscono su questo sfondo. Dal 1873 al 1884 la creazione
cantoriana, infatti, è strettamente legata all’analisi (la stessa
definizione dei numeri reali del 1872 era data in funzione della teoria delle
serie trigonometriche). È dunque in questo contesto che storicamente
avviene il passaggio dalla idea di funzione a un’altra idea di estremo
interesse essa pure, quella di insieme. Nelle prime memorie cantoriane non
si tratta di insiemi astratti, ma di insiemi di punti e di numeri. Sembra
cioè che Cantor abbia mirato all’applicazione in campo analitico dei
nuovi concetti che veniva elaborando, prima di pensare ad un edificio
autonomo.


(Giulio Girello, Transfinito
e continuo
)

Nei primi anni del ventesimo secolo, le fondamenta della
matematica sono vigorosamente scosse dalla scoperta di contraddizioni, dette
paradossi o antinomie, soprattutto nella teoria degli insiemi. Uno di questi
paradossi fu enunciato da Kurt Grelling e Leonard Nelson nel 1908 come segue:

Alcune parole descrivono se stesse. Per esempio la parola
“polisillabica” è polisillabica. La parola “monosillabica”,
però, non è monosillabica. Chiamiamo le parole che non
descrivono se stesse
eterologiche. Secondo tale definizione, allora,
la parola X è eterologica se X non è essa stessa X. Ora, se
sostituiamo X con eterologica, otteniamo che “eterologica è
eterologica se non è eterologica”.

Un altro paradosso fu espresso in forma popolare da
B. Russell nel 1918 ed è noto come paradosso del barbiere.

Un barbiere di villaggio, vantandosi di non avere
concorrenza, si fa pubblicità affermando che egli, ovviamente, non fa
la barba a quelli che si radono da soli, ma fa la barba a tutti quelli che
non si radono da soli. Un giorno gli capita di chiedersi se dovrebbe radere
se stesso, scoprendo così di trovarsi in un bell’impiccio logico.
Infatti, se si radesse da solo, allora per la prima parte della sua
affermazione non dovrebbe farlo; ma se non si radesse da solo, secondo la sua
vanteria dovrebbe farlo.

La questione dei paradossi turbò profondamente i
matematici e ridusse la matematica, come struttura logica, in condizioni
disastrose; quindi non è sorprendente che il primo espediente cui ricorsero
i matematici sia stato l’assiomatizzione della teoria degli insiemi formulata da
Cantor piuttosto liberamente, tanto che alcuni la chiamano teoria ingenua degli
insiemi
. Infatti, l’assiomatizzazione della geometria e dei sistemi
numerici aveva risolto problemi logici in quelle aree, e sembrava probabile
che con l’assiomatizzazione si sarebbero chiarite le difficoltà
incontrate in teoria degli insiemi.

      Il primo ad affrontare
questa questione fu lo stesso Zermelo, il quale era convinto che i paradossi
nascessero dal fatto che Cantor non aveva ristretto il concetto di insieme,
perciò egli sperava che assiomi chiari ed espliciti avrebbero chiarito
ciò che si deve intendere con il termine insieme e quali
proprietà esso debba avere. Il suo sistema assiomatico conteneva
concetti fondamentali e relazioni definite solo dagli enunciati degli assiomi
stessi. Fra questi c’era il concetto stesso di insieme e la relazione di
appartenenza ad un insieme. Non venne usata alcuna proprietà degli
insiemi che non fosse garantita dagli assiomi. Anche l’esistenza di un
insieme infinito ed operazioni quali l’unione e la formazione di sottoinsiemi
venivano fornite dagli assiomi. Il suo programma si proponeva di ammettere
nella teoria degli insiemi solo quelle classi che con buona
probabilità non avrebbero generate contraddizioni. Perciò la
classe nulla, ogni classe finita e la classe dei numeri interi sembravano
classi sicure. A partire da esse, attraverso le operazioni citate, si
potevano ottenere altre classi che pertanto sarebbero state sicure. Egli,
tuttavia, evitava la complementazione, in quanto mentre X potrebbe
essere una classe sicura, la classe complementare di X potrebbe non
essere sicura in qualche universo di oggetti.

      Gli sviluppi di Zermelo
furono perfezionati da Fraenkel e variazioni successive furono apportate da
John von Neumann. La speranza di evitare paradossi poggiò, nel sistema
di Zermelo-Fraenkel, sulla restrizione dei tipi di insiemi ammessi, pur
ammettendone abbastanza da poter dare i fondamenti all’analisi. L’idea di
Neumann era più audace. Egli operò una distinzione tra classi
ed insiemi. Le classi sono raggruppamenti così grandi da non poter
essere contenute in altre classi, mentre gli insiemi sono classi più
ristrette, e possono essere membri di una classe. Pertanto gli insiemi sono
classi sicure. Come lo stesso Neumann evidenziava, non era ammettendo le
classi che si giungeva a contraddizioni, ma trascurandole come membri di
altre classi.

      La teoria formale degli
insiemi di Zermelo-Fraenkel, modificata da Neumann ed altri, è
adeguata allo sviluppo della teoria degli insiemi necessaria per tutta
l’analisi classica ed evita i paradossi, almeno in quanto fino ad oggi non ne
sono stati scoperti all’interno della teoria stessa. Tuttavia, la coerenza
della teoria degli insiemi formalizzata non è stata ancora dimostrata,
ossia ancora non si è riusciti a dimostrare che gli assiomi posti a
fondamenta di tale teoria non possano condurre a contraddizioni.

      Tra il 1940 ed il 1951,
Gödel dimostrò che se il sistema Z-F privo dell’assioma della scelta
è coerente, allora il sistema ottenuto aggiungendovi l’assioma della
scelta è anch’esso coerente. Nel 1963, poi, Paul J. Cohen, ordinario
di matematica alla Stanford University, ha dimostrato che l’assioma della
scelta così come le ipotesi del continuo sono indipendenti dal sistema
Z-F, cioè non possono essere dimostrate o confutate all’interno di
tale sistema. Inoltre, anche includendo l’assioma della scelta l’ipotesi del
continuo non può essere provata. Questi risultati implicano che si
possono costruire sistemi formali negando sia uno che entrambi gli assiomi
controversi.

Impaginato da Gino Favero