Ho letto: – che nell’uomo che vive da 1200-1600 generazioni nel Nord Europa, tra l’altro, il gene che produce la melanina é scomparso, mentre é attivo nelle popolazioni che vivono in zone dove più forti sono le radiazioni UV; che ogni forma di vita subisce un processo di “trasformazione” che modifica le caratteristiche fisiche, genetiche, morfologiche dell’individuo che non sempre conducono alla formazione nuove specie. Domanda: le popolazioni che hanno un diversa civilizzazione possono avere caratteristiche neurobiologiche diverse (per esempio il cane ha le stesse caratteristiche neurobiologiche del lupo)? L’uomo del Nord Europa e l’eschimese possono essere considerate due sottospecie appartenenti alla stessa specie? Cosa si deve intendere per caratteristiche neurobiologiche? Grazie

Questa domanda richiede diverse risposte. Partiamo dalla neurobiologia, il termine indica un insieme di discipline che hanno come scopo lo studio del sistema nervoso, come:

Studio della cellula nervosa e del suo sviluppo embrionale; studio della fisiologia e della plasticità (rigenerazione, neuroprotezione e recupero funzionale dopo una lesione al midollo spinale; neurobiologia del comportamento e così via.

Sicuramente cane e lupo hanno delle differenze neurobiologiche. Limitiamoci al solo lato del comportamento: il lupo vive in comunità dove spesso c’è lotta per la conquista delle posizione alfa, cioè della dominanza.
Il lupo dominante, il capo branco, interviene il meno possibile e generalmente solo in caso di pericolo del branco; il territorio di caccia è esteso da 100 a 1000 km quadrati: la vita sessuale inizia per i maschi attorno ai tre anni e per le femmine attorno ai due anni, con un solo periodo fertile (estro) per anno e con cucciolate di due o tre elementi. Si accoppia solo la copia alfa, cioè la dominante. I lupi non abbaiano.
Il branco del cane è la famiglia, il capobranco è chiaramente l’uomo, che però interviene troppo e spesso a sproposito. Il territorio di caccia è limitato e la selezione artificialmente imposta dall’uomo nei secoli ha causato differenze anche a livello di estro, che ora compare attorno all’anno e con la frequenza biannuale. L’accoppiamento non avviene più tra il maschio e la femmina “migliori”, ma viene regolato in base alla esigenza del padrone. In ricordo della vita di branco e della lotta per la posizione alfa, a volte il cane diventa “dominante” rispetto al proprio padrone e se in una casa sono presenti più cani, si instaura tra di loro una gerarchia.

Per quanto riguarda le specie, sottospecie, varietà, razze e così via, bisogna ricordare che l’evoluzione è sempre attiva e non avviene a scalini, ma come su un piano inclinato. Gli studiosi hanno cercato di schematizzare e classificare in rigide categorie questa continuità, per ragioni di studio ed esigenze di razionalità, esasperando le differenze piuttosto che sottolineando le somiglianze. Sono così nati ordini, classi famiglie, generi, specie.
A parere generale solo la “specie” ha un significato biologico forte e viene definito come l’insieme di animali che sono interfecondabili, cioè si possono accoppiare producendo prole fertile.
Bisogna tenere conto che la classificazione degli esseri viventi inizia nel XVIII secolo, ad opera di Linneo e le caratteristiche prese in considerazione erano soprattutto frutto di osservazione visiva.
Il progredire della scienza, la teoria dell’evoluzione e la scoperta del DNA hanno modificato il tipo e il peso delle caratteristiche prese in esame, ad esempio adesso si analizza il grado di affinità del DNA e si dà meno importanza a fattori come la simmetria raggiata, il tipo di ambiente in cui si vive etc.
Generalmente nell’ambito della specie umana, si parla di “razze”.

Arriviamo adesso alla melanina: non è corretto dire che il gene della melanina è scomparso nei popoli delle zone a debole illuminazione solare.  Il colore della cute normale dipende dal tipo e dalla distribuzione dei granuli di melanina o melanosomi e dalla presenza di altre sostanze come l’emoglobina ed i carotenoidi.
I melanosomi contengono la melanina, un pigmento che ha la funzione di proteggere gli strati profondi dell’epidermide dai raggi UV. La pigmentazione nella cute umana e’ dovuto al fatto che ciascun melanocita fornisce melanosomi ad un gruppo di circa 36 cheratinociti, cellule con cui il melanocito mantiene un contatto funzionale; l’insieme dei due tipi di cellule costituisce l’unita’ melanica epidermica.
La prima causa della variabilità della pigmentazione è genetica, poiché i geni agiscono a differenti livelli nella formazione e nella distribuzione dei granuli di pigmento, la seconda causa è ambientale, la variazione del livello della melanina dipende dalla esposizione ai raggi UV, che ne stimolano la produzione.
Questa variazione è notevole a seconda della razza, tuttavia le diversità razziali non dipendono da differenze nel numero di unità melanica epidermica ma sono legate a differenze nelle dimensioni dei melanosomi e nella loro distribuzione e colore.
Nelle diverse popolazioni del pianeta si passa dal nero scuro dell’africano dell’ovest e dell’indiano del sud all’olivastro del pakistano, al bianco pallido dei popoli del nord. In un soggetto nero i granuli di pigmento sono larghi e circondati individualmente da una membrana limitante e si presentano come particelle pesantemente pigmentate, mentre nei caucasici (tipo europeo) i melanosomi sono più piccoli e impacchettati in unità multiple.
La quantità di melanina e l’organizzazione dei melanosomi all’interno dei cheratinociti implica differenza nell’assorbimento delle radiazioni visibili.
La quantità di di UVB che passa nello strato corneo di individui neri è di 30,2 per cento, mentre negli individui caucasici è di 47,6 per cento.
Per quanto riguarda gli UVA, la trasmissione media dell’epidermide risulta essere di 17,5 per cento nel soggetto nero e di 55,5 per cento nel caucasico.
Sappiamo che le melanine sono in grado di legarsi a numerosi farmaci generando anche radicali liberi e che le persone con pelli scure sono meno esposte ai melanomi.

La colorazione della pelle è influenzata anche da altri fattori, come la presenza di sostanze biochimiche tipo emosiderina o carotenoidi e l’aumento o diminuzione della quantità di ossiemoglobina. Ad esempio nella razza gialla i carotenoidi hanno una maggiore influenza nel determinare il colore della pelle.
Secondo alcuni ricercatori la diversa pigmentazione delle razze umane influenza alcune funzioni cutanee e il decorso delle malattie, dato che i melanosomi sembrano avere influenza sul sistema immunitario e hanno sicuramente funzione di trasformatori d’energia, poichè assorbono fotoni, elettroni, onde acustiche e radicali liberi, partecipando al processo di termoregolazione cutanea. Alcune teorie sostengono che la azione dei raggi UV può persino influire in maniera negativa sulla fertilità, quindi nelle zone equatoriali un colore molto scuro della pelle permetterebbe un maggior tasso riproduttivo con conseguente vantaggio evolutivo.