Al liceo dove insegno mi è stato chiesto se il sole, dal punto di vista termodinamico, è come un essere vivente visto che nasce, si evolve e muore. La sua entropia è bassa come in un essere vivente?

Considerare il Sole come un struttura biologica sarebbe sbagliato ma pensare che il Sole abbia un suo ciclo “vitale” è effettivamente un ragionamento logico. Si può difatti attribuirgli una data di nascita, un’evoluzione ed una fine, e durante tutto questo processo la sua entropia subirà variazioni. A mostrare come l’analogia non possa essere spinta oltre possiamo anche far notare che una stella è un sistema la cui unica attività è la trasformazione della sua energia interna, posseduta fin dalla nascita, in energia elettromagnetica ed in parte in energia cinetica e la conseguente emissione, per cui l’entropia da essa prodotta viene scaricata all’esterno come effetto collaterale dovuto all’irraggiamento. Un sistema biologico invece non funziona a scapito della propria energia interna ma utilizzando continuamente energia assorbita dall’esterno mediante l’alimentazione (per gli eterotrofi) o la fotosintesi (per gli autotrofi). In questo caso l’espulsione dell’entropia prodotta diventa una necessità e non un caso, perché altrimenti il sistema biologico giungerebbe all’equilibrio termodinamico (la morte) in tempi molto più brevi di quelli che normalmente caratterizzano la durata di una vita biologica.
Per una stella lo scambio energetico con l’esterno è l’attività principale, cioè l’effetto termodinamico principale delle trasformazioni che avvengono al suo interno. Per un sistema biologico la nutrizione e l’espulsione delle feci non sono attività svolte per necessità energetiche ma per necessità entropiche: un sistema biologico, per durare a lungo, non deve scongiurare la perdita di energia interna (la quale resterebbe comunque costante in assenza di scambi con l’esterno) ma deve limitare (e in qualche fase della vita invertire) l’aumento della propria entropia.

Fatta questa doverosa precisazione vediamo di definire la grandezza della nostra indagine, l’entropia, quindi di applicare simili concetti al Sole.

Occorre precisare che l’entropia è una grandezza fisica che serve in termodinamica per definire la capacità di un sistema di compiere trasformazioni. In maniera rigorosa però si definisce come il rapporto tra la quantità di calore ceduta o acquisita da un determinato sistema in maniera reversibile e la temperatura a cui lo scambio ha avuto luogo. Acquisire calore (ΔQ>0) significa aumentare l’agitazione termica, mentre cedere calore (ΔQ<0) significa diminuire l’agitazione termica degli elementi che compongono il sistema. E’ questo il motivo per cui alle volte si parla di entropia come di grandezza che misura lo stato di ordine o disordine di un sistema.

L’entropia inoltre è una funzione di stato. Con questa locuzione si intende dire che la sua eventuale variazione non dipende da come si passa da uno stato iniziale ad uno stato finale ma solo dalle condizioni iniziale e finale. Inoltre, al pari di altre grandezze come ad esempio l’energia potenziale, il valore dipende dal riferimento assunto che può essere del tutto arbitrario, pertanto ha più senso parlare di variazione più che di entropia assoluta.

Una variazione infinitesima di entropia può essere quindi scritta nella seguente forma:

dS = dQrev /T

Veniamo ora al Sole. La quantità di calore che il Sole irradia nell’Universo è nota e prende il nome di costante solare (Cʘ).

Cʘ = 3,826 1026 W

Per ottenere il calore ceduto all’ambiente basta moltiplicare la costante solare per il tempo. Per il calcolo dell’entropia bisogna tener presente che questo calore deve essere fornito in modo reversibile. Forse la più semplice trasformazione reversibile che si possa concepire è quella di un ideale termostato ad una temperatura infinitesimamente minore di quella della fotosfera solare, intorno a 5700K e, granulazione e macchie solari a parte, costante.

Naturalmente il calore viene irradiato (ΔQ<0) e quindi si tratta di un valore negativo che diminuisce l’entropia del Sole. Tutto ciò non deve stupire in quanto il Sole non è un sistema isolato e può tranquillamente diminuire la propria entropia, mentre nel sistema Sole più Universo, che è un sistema isolato, tale valore aumenta come vedremo poi.

Detto ciò il calcolo risulta agevole, anche se il risultato è molto approssimativo. Basta infatti moltiplicare la costante solare per il tempo nel quale il Sole ha brillato finora. I dati più precisi danno 4,57 miliardi di anni. Effettuare il prodotto della costante solare e dell’età con i loro apparati di cifre significative non ha molto senso visto che non possiamo considerare nel dettaglio alcuni aspetti che poi illustreremo. Oltre tutto siamo consapevoli che il Sole al suo apparire sulla scena era più grande ma irradiava meno di oggi. Era difatti nella fascia di stelle che caratterizzano la ZAMS (zero age main sequence) prima di entrare nella Sequenza Principale (MS) come fa oggi per restarvi ancora a lungo. E’ pertanto ragionevole ipotizzare che il decremento di entropia del Sole all’inizio fosse meno veloce. Dobbiamo accontentarci di trovare solo l’ordine di grandezza e tanto vale approssimare a 5 miliardi di anni che sono 1,6 1017 s.

Pertanto l’entropia del Sole rispetto alla sua nascita è variata di

S = – 6 1043 J/K.

A questo punto si possono operare alcuni affinamenti. Tanto per cominciare abbiamo fatto un calcolo partendo dalla fotosfera ma il Sole produce la sua energia, sottoforma di radiazione gamma dura, all’interno e le trasformazioni di fusione nucleare non sono certo isoentropiche. Dopodiché bisogna considerare anche il fatto che il Sole irradia nell’Universo anche materia, facendo quindi un lavoro. In un processo reversibile bisogna tenerne conto. Infine, come detto in precedenza, la fotosfera solare si guarda bene dall’essere uniforme ed isotropa.

Il lavoro che viene fatto per espellere la materia nello spazio si può quantificare ed ammonta a circa 1/6 del calore emesso; il fatto che la fotosfera non sia uniforme produce variazioni infime. Per calcolare invece quanta energia viene prodotta all’interno e fornita come lavoro agli strati sovrastanti bisognerebbe sapere l’ammontare di materia coinvolta e la velocità con cui le celle convettive si muovono all’interno del Sole fino agli strati più interni. L’eliosismologia cerca di ricavare informazioni al riguardo proprio andando a studiare le lievi oscillazioni visibili in superficie ma al momento non è possibile fare una stima adeguata. Pertanto nel calcolo complessivo è impossibile stimare questo apporto. Purtroppo, quindi, il valore trovato sopra può essere considerato come un limite inferiore, in valore assoluto, riguardo l’effettiva variazione ma che in realtà la stima esatta non è data saperla. E’ anche vero però che i modelli attuali mostrano una produzione di energia all’interno del Sole in linea con quella che viene poi espulsa, ciò significa che l’energia utilizzata per compiere lavoro sulle masse di gas all’interno del Sole non dovrebbe essere esagerata rispetto al calcolo fatto confortandoci sul rispetto dell’ordine di grandezza ricavato in precedenza.

Tenendo conto di tutto si potrebbe quindi tentare di stimare una variazione negativa di entropia compresa tra      6 1043 J/K ed un limite non superiore a 1044 J/K.

Come corollario a quanto detto possiamo effettuare delle valutazioni aggiuntive. Il calore ricevuto dalla Terra fa aumentare l’entropia del nostro pianeta di circa 5 1019 J/K, poi però anche la Terra riemette calore in un processo a cascata fino all’orizzonte dell’Universo. Tenendo quindi come estremo la radiazione cosmica di fondo a circa 2,7 K possiamo controllare, col valore sopra trovato, se davvero l’entropia dell’Universo aumenta. Con questi dati otteniamo:

ΔS= + 2 1043 J/K

Poiché il Sole irradia un simile quantitativo di energia calorica dissipandolo nell’ambiente circostante in maniera completamente irreversibile, durante il suo ciclo vitale esso avrà bruciato, è proprio il caso di dirlo, un qualcosa come 2.3 1047 J, mai più recuperabili. Se potessimo realizzare una macchina di Carnot fra il Sole ed il fondo cosmico avremmo realizzato un eccezionale dispositivo capace di trasformare in lavoro  praticamente tutta l’energia prodotta, con un rendimento pari a η = 0,9995.