Come si è sviluppata la medicina basata sulle prove di efficacia dal punto di vista storico e concettuale? Quale importanza assumono gli studi di Ronald Fisher confluiti nell’elaborazione dei Trial Clinici? Grazie.

 Sir Ronald Fisher

 

L'idea che per verificare l'efficacia di un trattamento medico fosse necessario procedere a comparazioni controllate, si deve agli arabi. In particolare fu Avicenna (980-1037) (nel Canone della Medicina nel 1025) a esporre le prime regole per la sperimentazione dei farmaci.

Queste idee furono introdotte in Europa soprattutto per merito di Ruggero Bacone (1214-1294), e vennero poi ulteriormente sviluppate da Francesco Bacone (1561-1626), strenuo sostenitore del metodo sperimentale.

Il chimico Jan Baptist van Helmont (1580-1644) (nel suo Ortus medicinae) ebbe per primo l'intuizione di introdurre i gruppi di comparazione. Estraendo a sorte, si devono costituire due gruppi di pazienti. A un gruppo si somministrano i trattamenti tradizionalmente usati in medicina e all'altro il trattamento oggetto di studio. Valutando le differenze nei risultati ottenuti, ci si può fare un'idea dell'efficacia del nuovo trattamento.

James Lind (1716-1794) nel 1747 adottò un criterio di questo tipo per dimostrare l'efficacia del consumo di agrumi nel trattamento dello scorbuto. Egli confrontò due gruppi di marinai malati. A un gruppo venivano somministrate bevande acide come aceto e sidro. A un altro gruppo venivano invece somministrati arance e limoni che determinavano, in modo evidente e rapido, un miglioramento delle condizioni di salute.

Nel settecento ebbe grande diffusione nell'alta società il cosiddetto "mesmerismo", ovvero l'insieme delle terapie proposte dal medico tedesco Franz Anton Mesmer (1734-1815), che sosteneva di poter curare ogni patologia attraverso un ipotetico fluido magnetico. Nel 1784 il re di Francia Luigi XVI, per far luce su questo dilagante fenomeno, nominò una commissione d’inchiesta che venne guidata dal fisico Benjamin Franklin (1706-1790) e dal padre della chimica moderna Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794). I risultati del lavoro della commissione vennero pubblicati nel Rapport des Commisaires chargés par le Roi de l’examen du Magnètisme animal, stampato con ordine reale n. 4 a Parigi dalla Casa Editrice Reale nel 1784. Il lavoro della commissione reale colpisce ancora oggi per la modernità dei protocolli adottati che rappresentano un esempio eccellente di uso dei test clinici in cieco (si veda questa mia precedente risposta). Rispetto all'idea iniziale di Van Helmont, la commissione di Luigi XVI ebbe il grosso merito di introdurre anche il controllo con un gruppo sottoposto al semplice placebo, cioè un trattamento terapeuticamente inerte. La commissione introdusse inoltre per la prima volta la necessità di un'analisi statistica dei risultati ottenuti.

Nell'ottocento, importanti contributi allo sviluppo dei test clinici vennero forniti dal medico Frederick Akbar Mahomed (1849-1884). Mentre lavorava al Guy's Hospital a Londra, i suoi test gli consentirono di distinguere la "nefrite cronica con ipertensione secondaria" da ciò che oggi è chiamata "ipertensione essenziale". Egli fondò anche "The Collective Investigation Record for the British Medical Association", organizzazione che raccoglieva i dati forniti dai medici, fornendo in tal modo importantissimo materiale per le sperimentazioni cliniche.

Gli aspetti statistici legati ai trials clinici vennero poi mirabilmente sviluppati proprio dal citato Sir Ronald Fisher (1890-1962) nel 1922. In particolare egli introdusse la cosiddetta "funzione statistica di verosimiglianza". Essa consisteva nell'utilizzare il calcolo delle probabilità per valutare se i risultati di un'osservazione controllata fossero dovuti al caso o se dipendessero invece proprio dal trattamento oggetto di studio. Fisher comprese inoltre l'importanza del campionamento casuale per poter generalizzare i risultati, ideò il cosiddetto test "t di Student", ampiamente usato in statistica, e introdusse la cosiddetta analisi della varianza. Si rese inoltre conto della necessità di programmare accuratamente ogni esperimento, affinché i test statistici possano avere validità.

Il primo trial clinico, propriamente detto, che utilizzava tutti i concetti di cui abbiamo parlato finora, venne realizzato nell'immediato dopoguerra dal Medical Reseach Council inglese. Il suo scopo era quello di accertare se la streptomicina fosse realmente efficace nella cura della tubercolosi.

Da allora i test clinici sono stati ampiamente utilizzati e hanno contribuito enormemente allo sviluppo della medicina e dei farmaci. Purtroppo però la consapevolezza della necessità di procedere ai test clinici e una conoscenza minima di come essi devono essere strutturati sono ben lungi dall'essere diventati patrimonio comune. Prova ne è che periodicamente emergono veri e propri fenomeni sociali in cui a furor di popolo si pretende il riconoscimento di pratiche mediche ben lontane dall'essere state dimostrate.

Nel nostro paese poi questa ignoranza nei confronti dei test clinici è particolarmente diffusa, non solo nella popolazione, ma anche tra i politici e i magistrati. Se così non fosse non si spiegherebbero tristi vicende come quelle legate alla multiterapia Di Bella o al caso Stamina, limitandosi a citare solo le più recenti.

Nota: è notizia recente che l'EMA (Agenzia Europea dei Medicinali) ha approvato una nuova misura per rendere pubblici i trial clinici. Dal primo gennaio 2015 le case farmaceutiche che chiedono l'autorizzazione al commercio di nuovi farmaci o vaccini devono fornire i dati  degli studi effettuati per testare il nuovo prodotto.