Perché la temperatura diminuisce con la quota? Lo capisco nell’aria pura; ma perché anche al suolo, per esempio in montagna a 2000 metri?

La diminuzione di temperatura nei primi km di atmosfera (troposfera) è dovuta allo scambio di calore tra su­perficie e atmosfera e ai moti convettivi che in questa vengono generati. La superficie terrestre si riscalda a causa dell’assorbimento della radiazione solare e cede calore all’aria: attraverso i moti convettivi di questa il calore viene trasportato verso l’alto. L’espansione dei gas con la quota ne comporta il raffreddamento: ciò è dovuto al fatto che sulle scale di tempo tipiche della convezione (minuti o ore) l’aria conduce poco calore e le trasformazioni possono essere considerate adiabatiche. A sua volta, l’espansione dei gas con la quota è dovuta al sostanziale equilibrio idrostatico dell’atmosfera, che determina la pressione in funzione della quota secondo la ben nota legge di Stevino o dell’idrostatica.

Iniziamo con l’osservare che oltre il 99% dell’energia che mette in moto l’atmosfera terrestre viene dalla radiazione solare. Una parte (circa un terzo, a scala globale) è riflessa verso lo spazio da nubi, atmosfera e suolo, mentre il resto viene assorbito ed entra attivamente nel bilancio planetario. La maggior parte di questa viene assorbita dal suolo e rilasciata agli strati di aria attorno.

 
 
Immagine del bilancio radiativo terrestre
 (fonte: NASA, http://earthobservatory.nasa.gov/Features/EnergyBalance/page6.php)
 
 

A scala globale si instaura un meccanismo di convezione che ridistribuisce l’energia su tutta l’atmosfera: riscaldata dal contatto col suolo, l’aria calda sale e salendo si espande (quasi) adiabaticamente, cioè senza scambi di calore con l’aria circostante. Dal primo principio della termodinamica sappiamo che una espansione adiabatica comporta la diminuzione di temperatura. Ciò si può facilmente dimostrare con qualche conto e porta alla conclusione che l’aria secca prevede una diminuzione di temperatura pari a -9.8 K/km (una dimostrazione, per chi vuole approfondire, è contenuta nel bellissimo libro Termodinamica di Enrico Fermi, ed. Bollati Boringhieri). Ciò è in ottimo accordo con quanto si osserva, se si tiene conto che l’aria non è del tutto adiabatica e che cambiamenti di fase dell’acqua dissolta nell’aria (vapore acqueo atmosferico) sono associati a grandi scambi di calore. In una analisi più accurata occorrerebbe inoltre tenere conto anche degli scambi di calore per irraggiamento, per cui la troposfera perde calore per l’emissione di alcuni gas (H2O, CO2 etc.), nello spettro infrarosso, e della dina­mica atmosferica in senso lato. Di fatto ciò che si osserva è un gradiente pari a circa -5 K/km.

A 2000 m di quota ci si aspetta quindi una temperatura tra i 10 ed i 20 °C minore che al suolo, a seconda dell’umidità dell’aria. Attenzione: questo è vero in condizioni di aria libera, cioè a 2000 m dal suolo. Se si è in montagna a 2000 m sul livello del mare questo non è vero perché l’influenza del suolo è notevole! Come mai allora in montagna fa più freddo che al mare? C’è da osservare che altri fattori entrano in gioco nel determinare la temperatura in montagna.

Primo, la percentuale di energia rispedita al suolo dall’atmosfera nell’infrarosso per effetto serra diminuisce all’aumentare della quota (ultima freccia a destra in figura). Si pensi che a 3000 m circa già un terzo dell’atmosfera, in termini di numero di molecole, è sotto di noi, e a 5000 ben la metà!

Ciò significa che l’atmosfera funziona molto meno bene da ‘termostato’ rispetto al livello del mare, in quanto da una parte assorbe molta meno energia solare, dall’altra non è in grado di restituire energia in basso mediante l’emissione infrarossa. Anche se l’insolazione è alta (di giorno fa caldo anche in montagna), il forte irraggiamento notturno rende le escursioni termiche più ampie. Inoltre, occorre considerare che lo strato di interazione diretta terra-aria (lo strato limite a livello di scambio termico, da non confondere con lo strato limite planetario) è spesso pochi millimetri. In questo spazio si esaurisce lo scambio per conduzione, ed entra in gioco la convezione di cui abbiamo già discusso.

Inoltre, bisogna tenere presente anche l’equilibrio con le masse d’aria circostanti. In media, le valli ricevono meno energia solare delle pianure a causa del fatto che uno dei lati è sempre in ombra. Da un lato ciò fa sì che l’energia totale è minore che in pianura, dall’altro innesca processi di brezza che tendono a rimescolare l’aria e mitigare le escursioni termiche.

Ad esempio, nei grandi altipiani come il Tibet (~4500 m SLM) e, ad un’altezza più modesta, il deserto di Gobi (~1000 m SLM), sperimentano escursioni termiche giornaliere e stagionali formidabili (fino a 70 °C). Nelle regioni montuose, il rimescolamento dell’aria tende a mitigare queste escursioni.

In conclusione, si può quindi dire che il meccanismo principale di controllo della temperatura nella troposfera è la convezione. Si accenna al fatto che invece nella sovrastante stratosfera, il principale – ma non esclusivo – fattore di controllo della temperatura è la ra­diazione. Infatti l’ozono è responsabile delle reazioni fotochimiche in stratosfera che, se da un lato contribuiscono a rimuovere la radiazione ultravioletta dal flusso solare, dall’altro sono responsabili del profilo di temperatura stratosferico, caratterizzato da un andamento crescente con la quota. La comprensione della dinamica dell’ozono stratosferico risale agli anni ’30 del XX secolo ed è principalmente dovuta a Dobson e Chapman.

Altri dettagli sono reperibili in queste precedenti risposte su argomenti simili: