Esiste una definizione di limite rigorosa in geometria? Come viene definita la tendenza di una figura ad un’altra?

La domanda posta è interessante poiché permette di accennare ad un argomento non completamente classico e poco conosciuto, che è il problema della convergenza di insiemi. Infatti, le figure geometriche possono essere considerate, dal punto di vista della geometria moderna, come l’insieme dei loro punti: va osservato in proposito che non è sempre stato così, ed anzi questa visione è relativamente recente; ad esempio per gli antichi greci una retta non veniva concepita come l’insieme dei suoi punti, così come un triangolo non era concepito come insieme dei suoi punti. Oggi invece questa visione insiemistica della matematica sta alla base di tutte le branche della matematica stessa.

Torniamo al problema della convergenza di insiemi: quello che si ha, come in analisi, è una successione Ah di sottoinsiemi di un certo spazio X, e ci si chiede in che senso possiamo dire che Ah converge ad A. Presentiamo solamente due tra le possibili scelte di convergenza di insiemi, due tra le più utili e diffuse nelle applicazioni, senza entrare però nei dettagli, in quanto non si tratta, in nessuno dei due casi, di teorie elementari.

Convergenza L1. Un primo tentativo, che è uno di quelli maggiormente usati in analisi per trattare varie questioni, è quello di scaricare, in modo opportuno, la convergenza della successione Ah sulla convergenza di un’opportuna successione di funzioni, ovvero la successione delle funzioni caratteristiche degli insiemi Ah. Per semplicità di trattazione supponiamo di lavorare in Rn. Ricordiamo che se A ⊆ Rn allora la funzione caratteristica di A è la funzione denotata con XA : Rn → {0,1} data da XA(x)=1 se x ∈ A e XA(x)=0 se x ∉ A. Diciamo che la successione Ah costituita da insiemi misurabili (secondo Lebesgue)  converge in L1 ad A se XAh converge a XA fortemente in L1(Rn). Un modo alternativo ma più geometrico per presentare la convergenza L1 degli insiemi, almeno misurabili, è dato dal seguente fatto: Ah converge in L1 ad A se e solo se la misura della differenza simmetrica tra Ah ed A tende a 0; ricordiamo che la differenza simmetrica tra A e B sottoinsiemi di Rn è data da (A-B) ∪ (B-A). Quindi, la convergenza L1 degli insiemi si ha quando la misura di quanto gli insiemi non si intersecano tende a 0. Questo tipo di convergenza trova, come accennato in precedenza, molte applicazioni in svariati problemi dell’analisi in cui intervengono insiemi le cui proprietà sono in modo naturale associate alle proprietà delle corrispondenti funzioni caratteristiche.

Distanza di Hausdorff. Vi è un modo per definire una sorta di distanza tra due sottoinsiemi di uno spazio metrico, a differenza del caso precedente in cui necessitavamo di una misura. L’idea è quella di sfruttare la presenza della distanza. Sia quindi (X,d) uno spazio metrico e siano A,B ⊆ X. Definiamo la distanza di Hausdorff tra A e B ponendo

dH(A,B):=max{supa∈A infb∈B d(a,b);supb∈B infa∈A d(a,b)}.

La quantità dH(A,B) non ha tutte le proprietà di una distanza vera e propria: può essere infinita, ed è finita se A e B sono entrambi limitati, od ancora dH(A,B)=0 se e solo A e B hanno la stessa chiusura in X. Questi fatti suggeriscono che restringendo in modo opportuno dH possiamo ottenere una distanza: in effetti, se denotiamo con C(X) lo spazio di tutti i compatti non vuoti di X, allora dH è una distanza su C(X). La nozione di convergenza rispetto a dH viene di conseguenza: Ah converge ad A rispetto a dH se dH(Ah,A) tende a 0. La distanza di Hausdorff tra insiemi viene usata, per esempio, per problemi di trattamento matematico delle immagini o per problemi di ottimizzazione di forma.

Un esempio che si ricollega a quanto chiesto dall’autore della domanda viene considerando una successione Ah di figure geometriche piane o spaziali, ad esempio triangoli o poligoni o poliedri, costituita dalla stessa figura F rototraslata in parti diverse del piano o dello spazio. Allora Ah converge, sia L1 sia Hausdorff, ad A se A è isometrico a F e la figura Ah letteralmente si sovrappone alla figura F finendo col coincidere con essa al limite. Va da sé che questa sovrapposizione al limite non è espressa rigorosamente qui; ma, appunto, a seconda del contesto, si può decidere se usare la convergenza L1 o la convergenza Hausdorff o ancora altri tipi di convergenza.