quanti tipi di vulcani esistono?

Lo spessore medio della crosta terrestre è di circa 40 km, un valore assai esiguo se paragonato con il raggio: circa 6000 Km (vedi fig. 1). Addirittura il valore minimo sotto gli oceani raggiunge appena i 5 km, mentre sotto le grandi catene montuose può arrivare a 90 Km. Quindi se paragoniamo la Terra ad un comune uovo che utilizziamo in cucina, la crosta è ancora più sottile e fragile del guscio.

 

fig. 1

 

Sotto la crosta si trova il mantello costituito da roccia fusa, semifusa e gas, chiamato magma. Questo stato della materia nelle profondità del nostro pianeta che potremmo definire “solido” secondo la percezione umana, in realtà, ha una consistenza plastica agli occhi di un osservatore plurimillenario. Data l’elevata concentrazione di elementi radioattivi in determinate zone del mantello, si verificano periodiche rifusioni che determinano una diminuzione della densità e della viscosità. In tali condizioni, le zone di fusione parziale si portano verso l’alto allargando i propi confini a spese della crosta terrestre. Invece, le aree più dense, viscose e fredde si spostano verso il nucleo occupando lo spazio lasciato libero dal materiale in risalita. Quindi se potessimo sezionare la Terra e osservarla per milioni di anni noteremmo dei movimenti di materia in risalita e discesa, continui, quasi circolari. Si tratta dello stesso fenomeno che osserviamo quando poniamo dell’acqua in una pentola su un fornello: l’acqua calda scaldata dalla base del metallo risale verso la superficie e lascia il posto a quella fredda che viene a sua volta riscaldata a contatto con la pentola e così via, ciclicamente (vedi fig. 2). Questi movimenti sono noti come: moti convettivi.

 fig. 2

 

In alcuni punti dove la crosta è più sottile e fragile, il magma incandescente riesce ad aprirsi un varco verso l’esterno e, a causa della diminuita pressione passa dallo stato solido a quello fluido. Si verifica quello che definiamo eruzione e la conseguente formazione di un vulcano. 

 

Tuttavia, il magma del mantello, da un punto di vista chimico, non ha composizione uniforme, in particolare, il contenuto in silice (SiO2) può cambiare in modo sostanziale. Tutto ciò comporta delle conseguenze importanti. Un magma povero in silice è molto fluido e fuoriesce con facilità dal punto in cui la crosta gli ha consentito lo sbocco all’esterno (cratere); prima che si solidifichi a contatto con l’aria, si formano delle estese colate laviche. Questo tipo di magma forma vulcani con fianchi poco inclinati e base molto larga: vengono chiamati vulcani a scudo (vedi fig. 3). I più belli li troviamo nelle isole Galapagos e in Islanda.

 

fig. 3

 

Un magma ricco in silice, invece, genera un fluido molto viscoso. Sbocca dal cratere con più fatica, lentamente, formando dei lunghi cunicoli verticali chiamati camini. Talvolta, può anche solidificare al loro interno e formare dei tappi che ostruiscono l’ulteriore fuoriuscita del magma. Quando la pressione al di sotto del tappo è abbastanza elevata si verifica un’eruzione esplosiva di notevole entità. I fianchi di questi vulcani sono molto ripidi e la base è stretta, quindi appaiono come dei coni, e possono raggiungere altezze considerevoli: sono chiamati vulcani a cono (vedi fig. 4).

 

fig. 4

 

Un esempio in Italia è il Vesuvio. E’ nota la famosa eruzione esplosiva del 79 d. C. che distrusse il 24 agosto Pompei. Questa città romana fu seppellita da una pioggia di ceneri e lapilli ardenti che, una volta depositati, raggiunsero uno spessore di 5 metri. Il giorno successivo, un’altra città, Ercolano, fu sommersa da una valanga di fango e prodotti piroclastici alta 20 metri.

 

Osservando la distribuzione dei vulcani attivi nel mondo si nota che le eruzioni sono concentrate in determinate fasce della superficie terrestre e quasi assenti in altre. Una tra le più evidenti è la cintura del fuoco chiamata così perchè forma un grande anello che circonda l’Oceano Pacifico (vedi fig. 5). Questa linea corrisponde a zone di collisione di placche terrestri. In quest’area si trovano i vulcani più belli e pericolosi della Terra. Ad esempio, il Pinatubo nelle isole Filippine; il Fujiyama in Giappone; il St. Helens nello stato di Waschington e il Cotopaxi in Equador, quest’ultimo è il più alto del mondo (5911 m).

 

fig. 5

 

 

Collegamenti

Vedi anche 

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1808


http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7709

 

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7055

 

 

Ringraziamenti:

 

Dequino, Bo e Iscra, 2010, Invito alla Natura: la Terra nell’universo, Paravia