Come si calcola il seeing di un’immagine digitale (in scala di grigi) scattata da un telescopio? Ho la possibilità di lavorare sui pixel, confrontarne la distanza e il colore, come dovrei procedere? Grazie.

Il lettore non specifica se si tratta di immagini a breve posa (pianeti, sole, luna, stelle doppie) oppure di immagini di cielo profondo. I due casi richiedono tecniche di ripresa radicalmente diverse e presentano problemi pure molto diversi, anche per quel che riguarda il seeing.

Tuttavia poco importa, per il semplice motivo che calcolare il seeing da una immagine digitale (non importa se ottenuta da un CCD, una webcam o una reflex digitale) non è pratico. O, per essere più precisi, ottenere una valutazione oggettiva presenta tali e tante difficoltà che – di fatto – è praticamente inutile farlo, e nessuno lo fa.

Vediamo perché.

Come ben noto il seeing è una valutazione della stabilità nel tempo dell’immagine che offre uno strumento astronomico di provata qualità. La scala più utilizzata è quella dei fratelli Pickering, ben spiegata qui (http://www.damianpeach.com/pickering.htm), dove sono state realizzate delle chiarissime animazioni di cosa si vede al telescopio, osservando una stella bianca, abbastanza brillante e ben alta sull’orizzonte, perfettamente a fuoco.

E qui cominciano i guai. La scala è stata elaborata con un rifrattore da 13 cm. Come ben noto, uno strumento di maggior diametro forma immagini di diffrazione più piccole (il che giustifica il suo maggior potere risolutivo). Quindi un seeing "8" valutato con piccolo telescopio (6-8 cm) potrebbe essere valutato 5, o anche peggio, con un telescopio più grande (20-30 cm). Quale è il valore "giusto"?

A riprova di questo, è esperienza comune riuscire a vedere la figura di diffrazione con strumenti sino a 10-15 cm, mentre è rarissimo che la si veda con strumenti dai 30 cm in su. Quindi tutti i grandi strumenti professionali sono, di fatto, limitati sempre dal seeing (il che spiega perché, a livello professionale, si sia investito tanto sulle ottiche adattive).

Se non esistesse l’atmosfera, anche un telescopio professionale "piccolo" come un 120 cm avrebbe un potere risolutivo eccezionale, dell’ordine di 0,1". Ricordiamo infatti che una prima rozza valutazione del potere risolutivo in banda ottica è dato dal limite di Dawes, 120/d, dove d è il diametro dello strumento in mm e il risultato è in secondi d’arco.

Dato che il seeing osservato è sempre peggio del limite teorico, gli osservatori professionali, di norma, riportano il seeing direttamente in secondi d’arco, come il diametro dei dettagli più fini risolvibili quella notte con quello strumento in quella banda spettrale. I siti migliori al mondo offrono regolarmente seeing di 0,5" e talvolta di 0,2". Dalle montagne nostrane è raro far meglio di 2" e quando il seeing è meglio di 1" si stappa lo spumante.

Fatte queste necessarie premesse, vediamo perché realizzando immagini digitali ci si imbatte in fenomeni legati al seeing che, come detto all’inizio rendono difficile darne una valutazione oggettiva.

Per le immagini a breve posa:

  • Per le immagini planetarie il contrasto è determinante. La divisione di Cassini, per esempio, si vede e si fotografa facilmente anche con strumenti ampiamente sotto il limite teorico. Essa è ampia 0,6" e richiederebbe quindi un telescopio attorno ai 20 cm per essere vista, mentre è perfettamente alla portata di un buon 10 cm, grazie al contrasto elevatissimo. Per contro, una WOS (white oval spot) su Giove può essere difficile da vedere anche se ampia 1" o più, perché è bianca su fondo marrone chiaro o pesca.
  • Normalmete le immagini digitali planetarie (ma anche di stelle doppie) sono compositazione di molti frame. Ovvio che se il seeing è terribile non potrò ottenere risultati eccelsi, ma è normale che il frame "media" di tantissimi (a volte migliaia) di frame abbia una risoluzione più alta, a volte molto più alta di una ripresa singola. Idem per la tecnica professionale dell’interferometria a macchie. Quindi la ripresa finale dipende non solo dal seeing, ma anche dal numero di frame e dalla tecnica di compositazione

Per le immagini deep sky:

  • Una ripresa deep sky fatta con seeing perfetto ma leggermente sfocata o guidata non perfettamente, mostrerà dischi stellari "grandi", e quindi bassa risoluzione, effetto difficilmente discernibile dal cattivo seeing.
  • Se ho un ottimo seeing con però una raffica di vento ogni minuto l’osservatore visuale giudicherebbe la notte ideale, mentre le foto vengono "brutte" perché la raffica fa ballare tutto e mi ritrovo con dischi stellare "spalmati".

In conclusione, sono tali e tanti i fattori che contribuiscono ad una immagine astronomica digitale, che è praticamente impossibile risalire da essa ad una valutazione oggettiva del seeing. Tanto per stilare un elenco (certamente parziale!) bisognerebbe considerare:

  • Scala dell’immagine (influenzata da focale e dimensione dei pixel)
  • Posa della singola immagine (nel caso di "una raffica di vento al minuto" citato prime le immagini planetarie mostrerebbero un buon seeing, quelle deep sky no).
  • Sistema di guida utilizzato. Una montatura di alta classe permette riprese "ferme" in condizioni peggiori di una montatura meno stabile.
  • Brillantezza dell’oggetto. Una stella brillante, anche se per un istante va "fuori centro" lascia una traccia visibile, una stella debole no.

Come si capisce, il compito è improponibile.

Quello che si può fare (e che fanno gli osservatori professionali) è stabilire un proprio standard. Ovvero: usando quello strumento, quel sensore, quella posa, con stelle di quella magnitudine, che FWHM1 ottengo?

Personalmente, quando vado a osservare (il mio interesse principale sono le riprese deep sky) valuto il seeing osservando per qualche istante col rifrattore di guida (un 10 cm). Se l’immagine è stabile so che portò effettuare riprese a piena focale, se è "discreta" utilizzarò un riduttore. Se il seeing è pessimo, mi limiterò alla corta focale, dove (per la scala dell’immagine) il cattivo seeing ha poca o nulla influenza.

1La FWHM (Full Width Half Maximum) è una misura offerta da tutti i software di gestione di CCD o reflex digitali, che permette di stabilire quanto "puntiforme" sia un’immagine stellare offerta in quel momento da uno strumento astronomico. Per una definizione più formale, si veda la voce su Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/FWHM. In soldoni, la FWHM dà un’idea del diametro (in pixel) di una immagine stellare. Anche se è profondamente anti-intuitivo, si dimostra che la mFWHM non dipende dalla luminosità della stella in esame. Quindi tutte le stelle di una data ripresa hanno la stessa FWHM. Essa dipende ovviamente dalle dimensioni dei pixel e dalla focale (che danno la scala dell’immagine) ma per riprese con sufficiente risoluzione essa divene funzione del seeing.