Desidero conoscere le modalità più immediate per impostare una breve serie di lezioni su “invarianza, covarianza, controvarianza” in Matematica e Fisica (con relativi riferimenti esperienziali) da svolgere nell’ultimo anno di corso del Liceo Classico ad indirizzo PNI.

A mio avviso non è facile proporre a degli studenti del liceo classico il concetto di invarianza, ed è ancora più difficile spiegare in modo chiaro ed elementare i concetti di covarianza e di controvarianza. Non essendo insegnante di scuola superiore mi limiterò di conseguenza a dare dei suggerimenti su quali punti toccare.

Invarianza

L’invarianza di per sè è un concetto piuttosto vago e generico e che trova collocazione in molte discipline. In matematica una grandezza invariante è una grandezza che si mantiene costante mentre altre grandezze ad essa collegata variano; la stessa definizione può essere utilizzata anche per l’invarianza in fisica. Chiaramente quindi l’invarianza non è un concetto assoluto ma relativo: una grandezza è invariante se c’è qualcosa d’altro che varia. Vi sono vari esempi di grandezze invarianti in matematica: le lunghezze dei segmenti sono invarianti per isometria, le ampiezze degli angoli sono invarianti per similitudine. Sempre nell’ambito della geometria vi è una bella relazione che è una relazione di invarianza:  F+V-S=2 dove F, S e V denotano il numero di facce, spigoli e vertici rispettivamente di un poliedro convesso nello spazio. Tale relazione, detta relazione di Eulero, sancisce l’invarianza della quantità numerica F+V-S rispetto a tutti i possibili poliedri convessi (e non solo ma per semplicità ci possiamo limitare a quelli); semplici esperimenti si possono proporre agli studenti. Vari esempi di invarianza si trovano anche nella fisica. Ad esempio in meccanica newtoniana si ha l’invarianza del tempo rispetto ai sistemi di riferimento, inerziali o no che siano; in teoria della relatività invece il tempo diventa una coordinata e la velocità della luce nel vuoto diventa invariante rispetto ai sistemi di riferimento. Un esempio più familiare a studenti del liceo può venire dall’invarianza dell’energia meccanica in presenza di sole forze conservative; tale invarianza si presta anche, contrariamente alla relatività, a semplici esperimenti.

Covarianza e controvarianza

I concetti di covarianza e controvarianza invece nascono nell’ambito della ricerca di relazioni matematiche invarianti rispetto ai cambiamenti di coordinate, relazioni costituite da quantità che variano ma che combinadosi in modo opportuno producono una quantità invariante: lo studio di tali oggetti matematici è costituito dal calcolo tensoriale, strumento geometrico-differenziale che Albert Einstein ha utilizzato per fondare la teoria della relatività generale. Per illustrare in modo corretto covarianza e controvarianza è necessaria un po’ di analisi. Sappiamo che il differenziale di una funzione reale di variabile reale è dato da df=f'(t)dt. Il differenziale di una funzione rappresenta l’incremento infinitesimo lungo la tangente anzichè lungo il grafico della funzione f; ne segue che df non dipende dalla coordinata t, in particolare si ha che se t=t(s) è un cambiamento regolare invertibile di coordinata allora si ha anche df=f'(s)ds. Infatti se g(s)=f(t(s)) allora si ha

g'(s)ds=f'(t(s))t'(s)ds=f'(t(s))t'(s)s'(t)dt.

Per la derivazione della funzione inversa si ha (senza entrare troppo nel formalismo) t'(s)s'(t)=1, e dunque g'(s)ds=f'(t)dt, da cui df è un invariante. La quantità df è invariante rispetto ai cambiamenti di coordinate, ma le quantità che compongono df non sono invarianti: più precisamente f'(t) non è invariante, così come dt non è invariante. Infatti

g'(s)=f'(t)t'(s), ds=s'(t)dt.

La quantità f(t) è una quantità covariante perché varia in modo proporzionale alla variazione t=t(s) della coordinata, ovvero a t'(s) (co-varia=varia come); la quantità ds è una quantità controvariante dal momento che varia in modo proporzionale all’inverso della variazione della coordinata, ovvero proporzionale a s'(t) (contro-varia=varia in modo contrario). Per tale motivo il differenziale di f viene anche detto differenziale assoluto, dal momento che è invariante rispetto ai cambiamenti di coordinate. Il prodotto tra una quantità covariante e una quantità controvariante è dunque una quantità invariante. Lo scopo del calcolo tensoriale (che quando è nato si chiamava proprio Calcolo differenziale assoluto) è proprio quello di studiare l’algebra di grandezze di tipo differenziale che covariando e controvariando restituiscono invarianti.
La teoria della covarianza/controvarianza si generalizza a più variabili ed è in quel contesto che trova la sua naturale collocazione come base del calcolo tensoriale. Per un approfondimento di tale questione sarebbe necessario entrare nell’ottica del calcolo tensoriale, cosa che credo inopportuna per uno studente di liceo.