I metalli posseggono delle caratteristiche elettromagnetiche molto importanti che sono alla base del funzionamento del metal-detector: sono tutti dei conduttori elettrici e quasi tutti sono dei paramagneti.
Essere un conduttore significa che in condizioni di equilibrio il campo elettrico interno al metallo è nullo, questo comporta che in prossimità della superficie del conduttore il campo elettrico si "piega" in modo da assumere una direzione perpendicolare. Da notare che, tranne nei casi di campi elettrici molto intensi o in cui venga applicata una differenza di potenziale, mantenuta artificialmente, direttamente a contatto con la superficie del metallo, le condizioni di equilibrio vengono raggiunte in poche frazioni di secondo.
Essere paramagnete significa che il metallo subisce una sollecitazione attrattiva da parte del campo magnetico, in particolare reagisce alla presenza di un campo magnetico amplificandone l’intensità al proprio interno. Anche questa proprietà distorce il campo magnetico dalla sua forma in assenza di metalli.
Entrambe queste distorsioni del campo sono facilmente rilevabili perché si riflettono in maniera immediata sulle correnti e le tensioni che generano questi campi. Di conseguenza è possibile costruire dei dispositivi in grado di rilevare la presenza di metalli nelle vicinanze. Questi sono fondamentalmente i principi di funzionamento del metal-detector, anche se quelli moderni utilizzano tutta una serie di dispositivi sofisticati che permettono, per alcuni modelli, di discriminare il tipo di metallo e altri dettagli.
E’ naturale supporre che tra due metal-detector, quello che usi un’alimentazione maggiore sia in grado di produrre campi più intensi che quindi sarà in grado di rilevare oggetti più piccoli e/o più distanti. Tuttavia non si può avere la certezza su quanto appena considerato in quanto la maggiore alimentazione potrebbe essere usata per il funzionamento di altri dispositivi accessori che non influenzano direttamente la sensibilità.