Salve. Volevo sapere per quale motivo l’eritrocita, che non possiede molecole MHC (forse perchè non ha il nucleo..) che dovrebbero permettere il suo riconoscimento come self, non venga riconosciuto come estraneo dall’organismo. Come facciamo a riconoscerlo se, in un certo senso, non possiede alcun documento d’identità? (Spero di essere stato chiaro..)

La funzione fisiologica delle molecole MHC (Complesso Maggiore di Istocompatibilità) è quella di presentare l’antigene (sostanza estranea in grado di indurre risposte immunitarie, o che di tali risposte è bersaglio) ai linfociti T. Comunque, in qualsiasi caso, tali molecole vengono riconosciute dai linfociti T.

Esistono due tipi diversi di molecole MHC, denominate MHC di prima classe e MHC di seconda classe, che presentano antigeni a due  diversi tipi di linfociti T. Le molecole di prima classe sono espresse su tutte le cellule nucleate, mentre le molecole di seconda classe sono espresse solo sulle cellule dendritiche, sui linfociti B, sulle cellule di Langerhans, sui macrofagi e su pochi altri tipi cellulari.

I geni che codificano per le molecole MHC sono stati individuati inizialmente per il fenomeno del rigetto, ovvero la distruzione, da parte del sistema immunitario, di un tessuto trapiantato da un organismo ad un altro. Il riconoscimento di un tessuto come self o estraneo dipende da un tratto genetico ereditario e i geni responsabili dell’accettazione o meno di un tessuto prendono il nome di geni di istocompatibilità. Tali geni si trovano all’interno di una regione del DNA cromosomico chiamata, appunto, complesso maggiore di istocompatibilità, che codifica per le molecole MHC. D’altra parte, un animale rigetta un tessuto trapiantato da un altro animale della stessa specie (allotrapianto) che ha però molecole MHC diverse.

Entrando nel vivo della questione, possiamo sostenere che il meccanismo di tolleranza, ovvero del riconoscimento del self, è un meccanismo complesso che porta i linfociti in maturazione all’interno degli organi linfoidi primari (timo per i linfociti T e midollo osseo per i linfociti B) e quelli maturi negli organi linfoidi secondari (ad esempio i linfonodi) a riconoscere come self, e quindi a tollerare, complessi MHC/peptide autologhi, cioè propri dell’organismo.

I globuli rossi umani hanno anche loro una “carta d’identità” sebbene in qualche modo diversa dalle altre cellule dell’organismo.  In effetti gli eritrociti non hanno le proteine MHC presenti nelle cellule nucleate, ma hanno proteine e glicoproteine di membrana codificate da differenti geni, appartenenti al gruppo AB0 e Rh, che gli permettono di essere riconosciuti come self o not self e sono alla base della reazione di rigetto dopo una trasfusione di sangue tra individui con gruppi sanguigni incompatibili.

I gruppi AB0 constano di quattro tipi di sangue dati dalla combinazione di due differenti proteine, ovvero antigeni, che si trovano nei globuli rossi. Questi antigeni sono glicoproteine di membrana chiamate A e B. A e B sono codificate da due differenti alleli, cioè due diverse forme dello stesso gene. Nel caso in cui un individuo non esprime né A né B allora si parla di allele 0. Ogni soggetto eredita due alleli di tali proteine (uno da ogni genitore) presenti ciascuno su uno dei due cromosomi omologhi. A e B sono dominanti sull’allele 0, cioè se su un cromosoma è presente l’allele A o B e sull’altro l’allele 0 allora gli eritrociti porteranno l’antigene A o B (l’individuo sarà quindi di gruppo A o B), la stessa situazione si verifica quando entrambi i cromosomi portano l’allele A o l’allele B; se invece su un cromosoma è presente l’allele A e sull’altro l’allele B allora verranno espressi sia A che B e l’individuo apparterrà al gruppo sanguigno AB; se su entrambi i cromosomi è presente l’allele 0 non verranno espressi né A né B e il gruppo sanguigno è 0. Questa dominanza porta quindi a quattro possibili espressioni dell’antigene: A, B, AB e 0, corrispondenti ai quattro gruppi sanguigni in cui si dividono gli esseri umani.

 

GENOTIPO

AA

BB

00

A0

B0

AB

FENOTIPO

A

B

0

A

B

AB

GAMETI

100% A

100% B

100% 0

50% A 50% 0

50% B 50% 0

50% A 50% B

 

Ogni individuo produce anticorpi contro gli antigeni che non possiede. Pertanto, gli individui con gruppo sanguigno A possiedono nel loro plasma anticorpi anti B, quelli con gruppo sanguigno B possiedono anticorpi anti A, quelli con entrambi gli antigeni sui loro eritrociti non possiedono anticorpi e appartengono al gruppo AB, e infine quelli che non presentano antigeni sui loro eritrociti appartengono al gruppo 0 e hanno sia anticorpi anti A che anti B. Questo si traduce praticamente nella capacità di un individuo di gruppo A di poter accettare sangue da un individuo di gruppo A o di gruppo 0; di un individuo di gruppo B di accettare sangue da un individuo di gruppo B o 0; di un individuo di gruppo AB di accettare sangue da individui di gruppo A, B, AB o 0; e in fine di soggetti di gruppo 0 che possono accettare sangue solo da altri individui dello stesso gruppo. 

Quando avviene una trasfusione da un individuo di gruppo A a uno di gruppo 0, ad esempio, gli anticorpi anti A del ricevente si legano ai globuli rossi del donatore di gruppo A attivando una risposta immunitaria violenta facendoli agglutinare. Ne consegue che il risultato sarà il rigetto.

Fu Karl Landsteiner, biologo e fisiologo austriaco, nel 1909, a scoprire le cause dell’incompatibilità trasfusionale. Trovò che i globuli rossi umani di soggetti differenti reagiscono diversamente nei confronti di due antisieri (anti A e anti B). Queste differenze di comportamento gli permisero di classificare gli eritrociti di diversi soggetti in quattro diversi gruppi, sulla base di un test di agglutinazione. Landsteiner scoprì inoltre che gli anticorpi anti A e anti B, presenti nel plasma umano, sono probabilmente indotti in risposta ad antigeni batterici comuni. Questi anticorpi danno reattività crociata con gli eritrociti umani.

A Landsteiner e Wiener si deve la scoperta, nel 1940, del fattore D del sangue, detto anche Rh dal nome della scimmia (Macaco rhesus) nei cui globuli rossi è stato isolato per la prima volta. Oltre al fattore D completano il sistema Rh i fattori C ed E scoperti successivamente e presenti, nella popolazione umana, nelle forme alleliche C c ed E e.

Il fattore D è il più importane  dei tre e, non esistendo  nella forma allelica d,  gli esseri umani possono essere divisi in Rh positivi e Rh negativi,  in funzione della presenza o dell’assenza di tale fattore (l’85% della popolazione umana risulta essere Rh positivo). In virtù di tale scoperta i gruppi sanguigni sono, in definitiva, otto. Ogni gruppo AB0 può, infatti, essere RH positivo o negativo. Il fattore Rh viene ereditato indipendentemente dai fattori AB0. Di conseguenza la positività o negatività dei gruppi A, B, AB e 0 è indipendente dal fattore Rh.

Il fattore Rh è, anch’esso, un antigene di superficie dei globuli rossi  e può essere riconosciuto da anticorpi anti Rh presenti nel sangue dei soggetti Rh negativi.

L’incompatibilità sanguigna dovuta al fattore Rh si può avere per trasfusione di sangue tra individui non compatibili (da Rh positivo a Rh negativo) o quando, da un incrocio tra una femmina Rh negativa e un maschio Rh positivo nasce un individuo Rh positivo. Durante la gravidanza, infatti, gli eritrociti fetali entrando nel circolo sanguigno materno attraverso la placenta, stimolano nella madre la produzione di anticorpi anti Rh. A una seconda gravidanza o a una ancora successiva, la madre, inizialmente Rh negativa, può aver sviluppato una quantità sufficiente di anticorpi anti Rh che raggiungono il feto attraverso la placenta e, se questo è Rh positivo, causeranno una reazione immunitaria che porterà all’agglutinamento dei suoi globuli rossi e  quindi alla loro lisi. Tale fenomeno può causare la morte del feto. La stessa incompatibilità materno fetale causata dai gruppi AB0 è meno frequente e meno grave.

La scoperta dei gruppi sanguigni, che valse a Landsteiner il premio Nobel per la medicina e la fisiologia, portò all’impiego diffuso della trasfusione di sangue che fino a quel momento era molto rischiosa a causa dell’impossibilità di conoscere i gruppi sanguigni dei soggetti interessati.